Dendrocnide moroides Chew. Un nome scientifico che ai più dirà poco. Eppure, dietro questa denominazione apparentemente innocua, si cela una delle piante più velenose e temute al mondo: la Gympie-Gympie, nota anche come ortica gigante australiana o, ancor più macabramente, albero dei suicidi.
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Dendrocnide moroides: la pianta che spinge al suicidio
Basta sfiorarla, per provare un dolore lancinante, che può durare settimane o addirittura mesi. Un dolore così intenso da spingere alcune persone al suicidio.
Questa pianta, appartenente alla famiglia delle Urticaceae, è endemica delle foreste pluviali dell’Australia nord-orientale. Cresce fino a 3 metri di altezza e si caratterizza per le grandi foglie a forma di cuore, ricoperte da peli urticanti.
Questi peli, al contatto con la pelle, rilasciano una potente neurotossina, un mix di sostanze chimiche complesse, tra cui l’acido formico, l’istamina e la serotonina. La tossina provoca un dolore bruciante, che si irradia rapidamente in tutto il corpo. I sintomi possono includere:
•Dolore intenso e persistente
•Eruzione cutanea
•Gonfiore
•Prurito
•Nausea
•Vomito
•Mal di testa
•Nei casi più gravi, il dolore può essere così forte da indurre al suicidio.
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Non esiste un antidoto specifico per la tossina della Gympie-Gympie. Il trattamento prevede la rimozione dei peli urticanti con nastro adesivo e l’applicazione di impacchi freddi per alleviare il dolore. Nei casi più gravi, possono essere necessari farmaci antidolorifici e antistaminici.
La Gympie-Gympie è una pianta affascinante e pericolosa. La sua tossicità è un monito sulla potenza della natura e sulla necessità di rispettare l’ambiente che ci circonda.
Dendrocnide moroides: più dolore che morte
L’appellativo “pianta dei suicidi” è indubbiamente forte, ma non deve trarre in inganno sulla reale pericolosità di questa specie vegetale. Pur essendo estremamente dolorosa, la Dendrocnide moroides non uccide. La neurotossina contenuta nei peli urticanti della pianta provoca un dolore che può essere descritto come lancinante, bruciante e persistente. Questa sensazione dolorosa può protrarsi per settimane o addirittura mesi, soprattutto se la zona colpita è soggetta a variazioni di temperatura.
È fondamentale sottolineare che non ci sono prove scientifiche concrete che dimostrino un legame diretto tra il contatto con la pianta e il suicidio. L’espressione “albero dei suicidi” è stata coniata dai media per enfatizzare la pericolosità della pianta, creando un’immagine suggestiva e di impatto emotivo. Questa iperbole, tuttavia, rischia di distorcere la realtà e di generare allarmismi ingiustificati.
La storia del soldato che si sarebbe suicidato dopo aver utilizzato le foglie della pianta come carta igienica durante la Seconda Guerra Mondiale è spesso citata come prova della sua letalità. Tuttavia, si tratta di una testimonianza aneddotica, non verificabile e priva di riscontri oggettivi.
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La storia narra di un soldato (spesso identificato come australiano) che, trovandosi nella foresta durante la guerra, avrebbe utilizzato le foglie della Dendrocnide moroides come sostituto della carta igienica. A causa del dolore intenso e prolungato causato dal contatto con i peli urticanti della pianta, il soldato si sarebbe tolto la vita con un colpo di pistola.
È fondamentale sottolineare che questa storia è una testimonianza aneddotica, non verificabile e priva di riscontri oggettivi. Non esistono documenti ufficiali o testimonianze dirette che confermino l’accaduto. Inoltre, è importante considerare che il dolore, pur essendo estremamente intenso e debilitante, raramente è di per sé mortale. Il suicidio è un atto complesso, influenzato da molteplici fattori psicologici, emotivi e sociali. Attribuire un suicidio esclusivamente al dolore fisico causato dalla pianta appare riduttivo e semplicistico.
L’appellativo “albero dei suicidi” e la diffusione di storie come quella del soldato contribuiscono a creare un’immagine sensazionalistica e iperbolica della Dendrocnide moroides. Questa iperbole mediatica, tuttavia, rischia di distorcere la realtà e di generare allarmismi ingiustificati. È importante contestualizzare questa storia e sottolineare che il dolore causato dalla pianta, pur essendo estremamente intenso, non è di per sé mortale e che il suicidio è un atto complesso, influenzato da molteplici fattori.
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La Dendrocnide moroides, una pianta tanto affascinante quanto temibile, trova la sua collocazione nella famiglia delle Urticaceae, la stessa delle comuni ortiche. La sua morfologia si rivela attraverso arbusti o piccoli alberi, adornati da grandi foglie a forma di cuore, la cui superficie è ricoperta da peli urticanti. La sua diffusione si concentra nelle foreste pluviali dell’Australia nord-orientale, ma la sua presenza è stata rilevata anche in alcune isole dell’Indonesia e di Vanuatu.
I suoi peli urticanti racchiudono una potente neurotossina, la moroidina, che agisce sul sistema nervoso. Il contatto con la pianta scatena un dolore bruciante, intenso e prolungato, che può persistere per settimane o addirittura mesi. Oltre al dolore, possono manifestarsi eruzioni cutanee, gonfiore, prurito, nausea, vomito e mal di testa.
La Dendrocnide moroides, nota come “albero dei suicidi”, è circondata da un alone di mistero e leggende che ne amplificano la pericolosità. Il soprannome “albero dei suicidi” è legato alla credenza popolare che il dolore causato dalla pianta sia talmente insopportabile da spingere le persone al suicidio. Questa credenza, tuttavia, è un’iperbole mediatica, priva di fondamento scientifico.
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Circolano diverse storie, spesso non verificate, di persone o animali che si sarebbero suicidati dopo essere entrati in contatto con la pianta. Queste leggende metropolitane contribuiscono ad alimentare la sua fama sinistra, ma non trovano riscontro in prove concrete. È importante sottolineare che il dolore causato dalla pianta, pur essendo estremamente intenso e debilitante, raramente è di per sé mortale. Il suicidio è un atto complesso, influenzato da molteplici fattori psicologici, emotivi e sociali. Attribuire un suicidio esclusivamente al dolore fisico causato dalla pianta appare riduttivo e semplicistico.
L’appellativo “albero dei suicidi” attribuito alla Dendrocnide moroides è un esempio di iperbole mediatica. I media hanno enfatizzato la pericolosità della pianta, creando un’immagine sensazionalistica che non corrisponde alla realtà. Non esistono prove scientifiche concrete che dimostrino un legame diretto tra il contatto con la pianta e il suicidio. Il suicidio è un atto complesso, influenzato da molteplici fattori psicologici, emotivi e sociali, non riconducibili esclusivamente al dolore fisico.
Conclusioni
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La Dendrocnide moroides è senza dubbio una pianta pericolosa, capace di infliggere dolore intenso e prolungato. Tuttavia, l’affermazione che spinga al suicidio è un’iperbole mediatica, priva di fondamento scientifico. È essenziale diffondere una corretta informazione sulla pericolosità di questa pianta, sottolineando che il dolore, pur essendo estremamente debilitante, non è di per sé mortale.