Il più vasto studio osservazionale e genetico combinato fino a oggi suggerisce che qualsiasi quantità di alcol consumata possa aumentare il rischio di demenza. La ricerca indica che anche un consumo moderato, che in passato si riteneva potesse avere effetti protettivi, difficilmente riduce tale rischio, il quale aumenta proporzionalmente alla quantità di alcol consumata. Le teorie esistenti, che ipotizzano una “dose ottimale” di alcol per la salute cerebrale, sono state messe in discussione dai ricercatori, che hanno evidenziato le limitazioni dei precedenti studi, spesso focalizzati su persone anziane o privi di distinzioni tra ex-bevitori e astemi.

Consumo di alcol e rischio di demenza: nuove evidenze scientifiche
Per superare le limitazioni dei precedenti studi osservazionali, i ricercatori hanno impiegato un approccio metodologico robusto e innovativo, combinando i dati con una tecnica genetica avanzata nota come randomizzazione mendeliana. Questo metodo consente di simulare un esperimento clinico randomizzato, utilizzando le variazioni genetiche come “fattori casuali” per valutare il rapporto di causa ed effetto. L’obiettivo era stabilire se il consumo di alcol fosse una causa diretta dell’aumento del rischio di demenza, anziché una semplice correlazione.
Lo studio ha attinto a due delle più grandi e complete banche dati biologiche al mondo, garantendo una base di ricerca solida e diversificata. La prima è il Million Veteran Program (MVP) statunitense, che vanta un’ampia rappresentanza etnica, includendo persone di origine europea, africana e latinoamericana. La seconda è la UK Biobank (UKB), una risorsa di grande valore che ha fornito dati su un vasto campione di persone, prevalentemente di origine europea. L’inclusione di questi due database ha permesso di analizzare un’ampia gamma di età e di abitudini legate al consumo di alcol, fornendo una visione più completa e affidabile.

I partecipanti allo studio, tutti di età compresa tra i 56 e i 72 anni al momento del reclutamento, sono stati monitorati per un periodo prolungato per osservare l’evoluzione del loro stato di salute. Il periodo di monitoraggio si è concluso con la prima diagnosi di demenza, il decesso del partecipante o la data dell’ultimo follow-up disponibile. Questo approccio ha permesso di tracciare la storia di ogni individuo nel tempo. La durata media del monitoraggio è stata di quattro anni per il gruppo del MVP e ben 12 anni per il gruppo della UK Biobank, garantendo una prospettiva a lungo termine cruciale per uno studio che indaga una condizione a sviluppo lento come la demenza.
Dati osservazionali e genetici in dettaglio
I dati sul consumo di alcol dei partecipanti sono stati raccolti attraverso questionari, con oltre il 90% degli intervistati che ha dichiarato di bere alcolici. Inoltre, è stato utilizzato l’Alcohol Use Disorders Identification Test (AUDIT-C), uno strumento clinico che valuta i modelli di consumo a rischio, come l’assunzione di sei o più drink in una singola occasione. Le analisi osservazionali hanno incluso un totale di 559.559 partecipanti da entrambi i gruppi, di cui 14.540 hanno ricevuto una diagnosi di demenza.
Le analisi osservazionali hanno evidenziato una relazione a forma di U tra il consumo di alcol e il rischio di demenza. I bevitori leggeri, che consumavano meno di sette drink a settimana, rappresentavano il gruppo a minor rischio. Il rischio di demenza era maggiore del 41% sia per i non bevitori che per i bevitori accaniti (40 o più drink a settimana). Questo rischio aumentava ulteriormente, raggiungendo il 51%, tra le persone dipendenti dall’alcol.

Per stabilire un nesso di causalità più forte, sono state utilizzate le analisi genetiche di randomizzazione mendeliana. Questa metodologia sfrutta i dati genetici per ridurre al minimo l’influenza di altri fattori, utilizzando il rischio genomico di un tratto come una stima del tratto stesso. Sono state impiegate tre misure genetiche correlate al consumo di alcol, che includevano: il numero di drink settimanali (correlato a 641 varianti genetiche), il consumo problematico (80 varianti) e la dipendenza da alcol (66 varianti).
Un rischio genetico più elevato in tutte e tre le categorie di esposizione è stato associato a un aumento del rischio di demenza, dimostrando una relazione lineare: più aumenta il consumo di alcol, maggiore è il rischio di sviluppare demenza. Ad esempio, un aumento di 1-3 drink a settimana era associato a un incremento del rischio di demenza del 15%. Allo stesso modo, un raddoppio del rischio genetico di dipendenza da alcol portava a un aumento del 16% del rischio di demenza.
La causalità inversa e i limiti degli studi precedenti
Contrariamente a quanto si credeva in passato, un recente studio non ha trovato alcuna associazione a U tra il consumo di alcol e il rischio di demenza. I risultati indicano che non esistono effetti protettivi legati a un consumo moderato. Al contrario, il rischio di demenza aumenta in modo costante e lineare con il consumo di alcol, basandosi su dati geneticamente predittivi.

Una scoperta cruciale è che le persone a cui è stata diagnosticata la demenza tendevano a bere meno negli anni precedenti alla diagnosi. Questo suggerisce che la causalità inversa, ovvero un precoce declino cognitivo che porta a una riduzione del consumo di alcol, potrebbe essere il motivo per cui studi precedenti avevano erroneamente individuato presunti effetti protettivi dell’alcol. I ricercatori ammettono che il loro studio presenta alcune limitazioni, come il fatto che le associazioni più forti sono state riscontrate principalmente in persone di origine europea. Inoltre, i metodi di randomizzazione mendeliana si basano su ipotesi che non possono essere completamente verificate.
Nonostante queste limitazioni, i risultati dello studio mettono in discussione l’idea che bassi livelli di alcol possano essere neuroprotettivi. I ricercatori concludono che i loro dati supportano l’effetto negativo di qualsiasi tipo di consumo di alcol sul rischio di demenza, smentendo l’effetto protettivo suggerito in precedenza. Questa ricerca sottolinea la complessità di trarre conclusioni definitive da soli dati osservazionali, specialmente nelle popolazioni anziane, e suggerisce che ridurre il consumo di alcol potrebbe essere una strategia efficace per la prevenzione della demenza.
Lo studio è stato pubblicato sul BMJ Evidence-Based Medicine.