L’annuncio da parte del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di un aumento enorme dei dazi USA sulle importazioni cinesi –incrementi dal 10% al 20%– ha scatenato una serie di reazioni a catena nei mercati finanziari globali.
I nuovi dazi USA hanno avuto ripercussioni particolarmente severe sulle aziende giapponesi produttrici di videogiochi, le cui azioni hanno subito drastici cali.

Nintendo, celebre per titoli iconici come Super Mario o Donkey Kong e per le omonime console, a causa dei nuovi dazi USA ha registrato una flessione del 9,8% nel mercato azionario di Tokyo, segnando la sua peggior performance intraday dal crollo del mercato nell’agosto del 2024.
Questo declino è attribuibile alle preoccupazioni degli investitori riguardo all’aumento dei costi di importazione delle console negli Stati Uniti, il principale mercato per questi dispositivi e la maggior parte delle console da gioco, inclusa la tanto attesa Switch 2, sono prodotte in Cina o dipendono da fornitori cinesi per componenti essenziali.
Anche altre aziende del settore hanno risentito dell’annuncio dei dazi, basti pensare a Sony Group Corp., produttrice della PlayStation, ha visto le sue azioni scendere del 6% sempre a causa dei nuovi dazi USA, mentre Bandai Namco Holdings Inc., nota per giochi come Pac-Man, ha subito una diminuzione del 3,6%, anche lei, sempre a causa dei nuovi dazi USA.
Queste flessioni sono state amplificate da una generale ritirata degli investitori stranieri dal mercato azionario giapponese, preoccupati per la volatilità e le incertezze legate alle tensioni commerciali internazionali.
Prima dell’annuncio dei nuovi dazi USA, il settore dei videogiochi in Giappone aveva mostrato una notevole resilienza, l’indice Solactive Japan Games & Animation, che include aziende come Nintendo, Sony e Bandai Namco, aveva registrato un incremento del 14% nel 2025, contrastando con il calo dell’1,2% dell’indice Topix. Ciononostante l’introduzione dei nuovi dazi USA ha invertito questa tendenza positiva, sollevando dubbi sul futuro del settore.
Analisti come Nathan Naidu di Bloomberg Intelligence hanno evidenziato che l’aumento dei dazi USA potrebbe portare a un incremento dei prezzi delle console negli Stati Uniti, influenzando negativamente la domanda dei consumatori. Questo scenario potrebbe avere ripercussioni significative sulle vendite e sui profitti delle aziende giapponesi produttrici di videogiochi, rendendo il mercato statunitense meno accessibile e competitivo.

Oltre a quanto precedentemente detto, la risposta della Cina non si è fatta attendere, Pechino per l’appunto ha annunciato misure di ritorsione, imponendo dazi su specifiche importazioni agricole statunitensi e adottando ulteriori misure contro aziende americane, aumentando ulteriormente l’incertezza nei mercati globali.
Il nuovo scenario dei dazi USA: tra protezionismo e globalizzazione tecnologica
L’introduzione dei dazi USA si inserisce in un contesto economico già segnato da forti tensioni geopolitiche e da una crescente tendenza al protezionismo, e proprio in questo quadro, l’industria dei videogiochi —uno dei settori tecnologici più internazionalizzati e interconnessi— diventa un indicatore sensibile delle trasformazioni in corso. A essere colpite in modo particolare sono le aziende giapponesi, storicamente leader nella produzione di console, hardware e titoli videoludici di fama mondiale.
L’amministrazione statunitense ha giustificato l’aumento dei dazi USA come un tentativo di riequilibrare la bilancia commerciale e proteggere i produttori nazionali da una dipendenza eccessiva dalle importazioni cinesi, in realtà questa strategia ha colpito anche alleati storici come il Giappone, le cui aziende si avvalgono in larga parte di impianti produttivi situati in Cina o in paesi dell’Asia orientale.
Questo sistema produttivo delocalizzato è la spina dorsale dell’efficienza nel settore tecnologico, ma diventa vulnerabile quando subentrano misure protezionistiche, e console come Nintendo Switch o PlayStation 5, pur essendo progettate in Giappone, vengono infatti assemblate e spedite dagli impianti cinesi.
L’aumento dei dazi su queste merci, dunque, agisce come un’imposta indiretta sulle aziende giapponesi, che si ritrovano ad affrontare margini di profitto ridotti o a dover trasferire i costi ai consumatori finali, con il rischio di una contrazione della domanda.

La fragilità della catena di approvvigionamento globale era già emersa durante la pandemia di COVID-19 e con la crisi dei semiconduttori, ma la nuova ondata di dazi USA ne evidenzia nuovamente i punti critici.
Le aziende giapponesi non solo dipendono dalla produzione cinese, ma sono anche fortemente interconnesse con fornitori di componenti statunitensi ed europei, dunque le guerre commerciali, mettono in discussione il modello stesso di produzione globale, che si basa sulla cooperazione tra paesi diversi, ciascuno specializzato in una fase del processo produttivo.
Le difficoltà logistiche e l’aumento dei costi di importazione rischiano di far slittare lanci importanti come quello della Nintendo Switch 2, previsto proprio per il 2025, e in un mercato estremamente competitivo e sensibile alla tempistica —dove anche un ritardo di pochi mesi può significare la perdita di quote di mercato— questo tipo di ostacoli rappresenta una minaccia seria alla redditività delle aziende.
Il peso del mercato statunitense per il gaming giapponese
Per capire la portata del problema, è fondamentale considerare l’importanza strategica del mercato statunitense per le aziende giapponesi di videogiochi, infatti questi rappresentano il primo mercato al mondo per consumo di prodotti videoludici in termini di ricavi. Solo Nintendo, ad esempio, ricava oltre il 40% delle sue vendite complessive dal mercato nordamericano.
Questo rende ogni barriera commerciale imposta dagli Stati Uniti un rischio sistemico per la sostenibilità delle strategie aziendali, e i dazi, anche se tecnicamente imposti ai prodotti di origine cinese, come detto in precedenza colpiscono in modo indiretto le aziende giapponesi che, di fatto, non possono più operare liberamente in quello che fino a pochi anni fa era considerato un mercato stabile e accogliente.

L’inasprimento delle relazioni commerciali globali costringe le aziende giapponesi a riconsiderare le proprie catene produttive, con alcuni analisti che parlano di una possibile “decina di anni della rilocalizzazione”, cioè una fase in cui molte aziende dovranno riportare in patria —o spostare in paesi considerati più sicuri— parte della produzione, anche a costo di margini ridotti nel breve termine.
Nel caso di Nintendo o Sony, un’ipotesi simile significherebbe ripensare completamente l’organizzazione industriale, affrontando non solo costi elevati, ma anche sfide logistiche e gestionali notevoli. Nondimeno lo spostamento della produzione fuori dalla Cina potrebbe avere implicazioni geopolitiche, rischiando di irritare Pechino e rendere più complessa la presenza commerciale in quel mercato emergente.
In sintesi, l’escalation delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina ha avuto un impatto immediato e significativo sulle aziende giapponesi del settore videoludico, l’aumento dei dazi ha sollevato preoccupazioni riguardo all’accessibilità del mercato statunitense, influenzando negativamente molte big giapponesi e questa situazione evidenzia la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali e la necessità per le aziende di diversificare le loro operazioni per mitigare i rischi associati alle dispute commerciali internazionali.
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