È stata rivelata la nuova variante COVID NB.1.8.1, è ora sotto stretta osservazione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Questa variante è stata rilevata in diversi paesi, e più recentemente anche negli Stati Uniti. La sua comparsa coincide con significativi cambiamenti nelle politiche sanitarie, in particolare per quanto riguarda le raccomandazioni storiche sui richiami vaccinali, alcune delle quali sono state revocate dall’amministrazione Trump.

Variante COVID NB.1.8.1: l’emergenza e i mutamenti nelle strategie vaccinali
La virologa ed esperta di malattie infettive Lara Herrero ha evidenziato come, alla fine di aprile 2025, la NB.1.8.1 rappresentasse circa il 10,7% di tutte le sequenze genetiche inviate, un aumento considerevole rispetto al 2,5% registrato solo quattro settimane prima. La variante, identificata per la prima volta a gennaio, era già dominante a Hong Kong e in Cina alla fine di aprile, e sta ora diffondendosi in aree più remote del globo.
L’aumento dei ricoveri ospedalieri per sintomi respiratori in Cina durante la primavera aveva già sollevato il timore dell’emergere di una nuova variante e di una conseguente ondata di infezioni. Sebbene non vi siano ancora prove che la variante COVID NB.1.8.1 causi una malattia più grave rispetto alle varianti precedenti, ci sono indizi che suggeriscono una maggiore facilità di trasmissione.

Nonostante le preoccupazioni, una buona notizia è che la NB.1.8.1 è una sottovariante del lignaggio Omicron, e rientra nella stessa “famiglia” della variante JN.1. Poiché gli ultimi aggiornamenti della maggior parte dei vaccini contro il COVID-19 erano stati specificamente formulati per mirare a JN.1, è probabile che questi vaccini continuino a offrire una buona protezione contro i ceppi attualmente in circolazione, inclusa la NB.1.8.1.
Negli Stati Uniti, la variante COVID NB.1.8.1 è stata rilevata in diverse località. Tuttavia, secondo un portavoce dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) citato da CBS News, il numero di casi è ancora troppo basso per includere questa variante nel sistema di monitoraggio ufficiale dell’agenzia. Finora, le raccomandazioni del CDC sui vaccini COVID sono state tra le più semplici a livello globale: chiunque abbia più di 6 mesi dovrebbe ricevere un vaccino aggiornato. Tuttavia, sembra che questa politica sia destinata a cambiare.
Processo decisionale e critiche dulla procedura
In un annuncio che ha scosso il panorama della sanità pubblica statunitense, Robert F. Kennedy Jr., Segretario della Salute e dei Servizi Umani, ha dichiarato in un post sulla piattaforma X martedì 27 maggio, che i richiami del vaccino COVID-19 non sarebbero più stati raccomandati per “bambini sani e donne in gravidanza sane”. Kennedy ha descritto questa decisione come espressione di “buon senso e buona scienza”. L’annuncio era accompagnato da un videomessaggio registrato, dove Kennedy appariva accanto a figure di spicco come il Commissario della Food and Drug Administration (FDA) Marty Makary e il Direttore dei National Institutes of Health (NIH) Jay Bhattacharya.

La scelta di Kennedy ha sollevato non poche perplessità, come sottolineato da Nathaniel Weixel di The Hill. L’insolito coinvolgimento del NIH, che solitamente non ha alcun ruolo nella regolamentazione dei vaccini, è stato notato. Tradizionalmente, spetta alla FDA l’approvazione dei nuovi vaccini e ai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) il compito di stabilire le raccomandazioni per l’idoneità. Weixel ha suggerito che, data l’attuale assenza di un direttore facente funzioni al CDC, Kennedy sembrerebbe aver apportato questa modifica in modo unilaterale, bypassando le procedure standard.
Questo annuncio segue un’altra controversa promessa fatta da Kennedy solo poche settimane prima, riguardante l’obbligo di testare tutti i nuovi vaccini tramite studi controllati con placebo prima di ottenere l’autorizzazione. Tale proposta aveva già generato forte costernazione tra molti scienziati, che avevano apertamente espresso come un requisito così generalizzato potesse minacciare l’etica della ricerca e limitare l’accesso ai vaccini. Sebbene la recente decisione sui richiami sia stata accolta con favore da alcuni, ha suscitato reazioni altrettanto sconcertate in altri ambienti, evidenziando una crescente polarizzazione e incertezza nel dibattito sulla salute pubblica.
Uno degli aspetti più evidenti della variante COVID NB.1.8.1 è la sua maggiore trasmissibilità. Le ricerche attuali indicano che si diffonde più facilmente rispetto ad alcune varianti precedenti, il che significa che può infettare un numero maggiore di persone in un lasso di tempo più breve. Questa caratteristica le ha permesso di diventare la variante dominante in aree come Hong Kong e Cina e di diffondersi rapidamente in altri paesi.

Le buone notizie riguardano la gravità della malattia. Secondo gli esperti sanitari, non ci sono prove attuali che la NB.1.8.1 causi una malattia più grave rispetto alle precedenti varianti di Omicron. La maggior parte delle persone infette da questa variante manifesta sintomi da lievi a moderati, specialmente se sono vaccinate o hanno già contratto il COVID-19. Finora, non è stata collegata a un aumento dei ricoveri ospedalieri o dei decessi.
I sintomi riportati della variante COVID NB.1.8.1 sono simili a quelli osservati con altre varianti Omicron. Questi possono manifestarsi come mal di gola e congestione nasale, affaticamento intenso e dolori muscolari, febbre lieve o brividi, e un mal di testa persistente. Spesso si presenta anche una tosse secca. Alcune persone potrebbero sperimentare nausea, vomito o diarrea, e, sebbene meno comune rispetto alle varianti iniziali, una perdita recente del gusto o dell’olfatto è ancora possibile.
La NB.1.8.1, essendo una sottovariante del lignaggio Omicron e discendente di varianti come JN.1, presenta alcune mutazioni che potrebbero favorire una certa evasione dell’immunità derivante da infezioni o vaccini pregressi. Tuttavia, gli ultimi aggiornamenti dei vaccini COVID, che spesso erano mirati a JN.1, sono considerati ancora efficaci nel fornire una buona protezione contro la malattia grave, l’ospedalizzazione e la morte causate dai ceppi attualmente in circolazione, inclusa la NB.1.8.1. L’OMS ha rilevato solo una modesta riduzione (circa 1.5 volte) nella risposta immunitaria rispetto ad altre varianti recenti.
La controversia sui richiami vaccinali
La recente dichiarazione del Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy Jr. riguardo le nuove raccomandazioni sui richiami del vaccino COVID-19 per bambini sani e donne incinte sane ha scatenato un’ondata di perplessità e critiche. Michael Osterholm, direttore del Centro per la Ricerca e la Politica sulle Malattie Infettive dell’Università del Minnesota e membro del comitato direttivo del nuovo Vaccine Integrity Project, ha espresso chiaramente la sua preoccupazione ad AP News, affermando che “non ci sono nuovi dati o informazioni, sono solo decisioni improvvisate”. Questa affermazione suggerisce una mancanza di base scientifica solida a supporto di tali cambiamenti politici.

È utile ricordare che altri paesi hanno già aggiornato le proprie politiche vaccinali, limitando l’accesso al richiamo del vaccino COVID per specifici gruppi. Ad esempio, nel Regno Unito, il vaccino è offerto tramite il Servizio Sanitario Nazionale solo a persone di età pari o superiore a 75 anni, a coloro che risiedono in strutture di assistenza per adulti e a individui con un sistema immunitario compromesso. Sebbene altri possano essere in grado di pagare per ricevere il vaccino, la disponibilità non è sempre garantita e i costi possono essere elevati. Questo confronto evidenzia come le decisioni statunitensi si inseriscano in un panorama globale in evoluzione, ma con modalità e motivazioni che differiscono da quelle adottate altrove.
L’annuncio di Kennedy ha sollevato importanti interrogativi sulla copertura assicurativa. Molti si chiedono se le compagnie assicurative sanitarie statunitensi saranno ancora obbligate a coprire la vaccinazione contro il COVID-19. Inoltre, c’è il timore che questa decisione possa rappresentare un precedente, un primo passo verso la limitazione dell’accesso ad altri vaccini in futuro, un aspetto su cui Osterholm e il Vaccine Integrity Project si dimostrano particolarmente allarmati.
A complicare ulteriormente la situazione vi è l’ambiguità su cosa costituisca una “donna incinta sana”, dato che la gravidanza stessa è stata a lungo considerata un fattore di rischio per complicazioni più gravi legate al COVID-19. Il dottor Georges Benjamin, direttore esecutivo dell’American Public Health Association, ha commentato ad AP News che “il motivo per cui vacciniamo le persone sane è per proteggerle”.

Considerando tutte le prove sui danni che il virus può causare a persone precedentemente sane, inclusi i bambini, e la continua emergenza di nuove varianti che dimostrano che il virus non è affatto scomparso, è facile comprendere perché alcuni stiano mettendo in discussione la logica di limitare l’accesso a vaccini che hanno già fornito protezione a un numero così elevato di individui. La discordanza tra le nuove raccomandazioni e le evidenze scientifiche consolidate continua ad alimentare il dibattito pubblico e le preoccupazioni sulla salute collettiva.
In sintesi, la variante COVID-19 NB.1.8.1 è più contagiosa ma non sembra essere più pericolosa in termini di gravità della malattia. La sua rapida diffusione richiede vigilanza, ma non c’è necessità di allarmismi. La vaccinazione rimane lo strumento più potente per proteggere sé stessi e gli altri dalle forme gravi di COVID-19, comprese le varianti come NB.1.8.1. Continuare a seguire le misure di sicurezza generali e rimanere informati tramite fonti affidabili è fondamentale.
Lo studio è stato pubblicato su bioRxiv.