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COVID-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

Obesità e Long COVID: una combinazione esplosiva per il cervello e la mente. Nuovi studi rivelano un legame inquietante con sintomi neurologici e psichiatrici duraturi dopo l'infezione da COVID-19

Denise Meloni 6 ore fa Commenta! 9
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Una recente indagine scientifica condotta dalla dott.ssa Debora Barbosa Ronca, ricercatrice ospite presso il Center of Precision Health dell’Edith Cowan University (ECU), ha portato alla luce una significativa correlazione tra la condizione di sovrappeso e una maggiore probabilità di manifestare sintomi neurologici e di salute mentale a lungo termine in seguito all’infezione da COVID-19. Tra i sintomi persistenti osservati con maggiore frequenza in individui in sovrappeso figurano cefalea, vertigini, disturbi dell’olfatto e del gusto, alterazioni del sonno e depressione.

Contenuti di questo articolo
L’obesità è correlata a sintomi neurologici e psichiatrici persistenti post-COVID-19Il ruolo dell’infiammazione e del tessuto adiposo nel long COVIDImplicazioni cliniche e necessità di un approccio terapeutico integrato per individui in sovrappeso con long COVID
Covid-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

L’obesità è correlata a sintomi neurologici e psichiatrici persistenti post-COVID-19

La dott.ssa Ronca ha commentato i risultati della ricerca, affermando: “Avevamo previsto un certo livello di associazione tra eccesso di peso e sintomi post-COVID-19 sulla base di precedenti prove che collegavano l’obesità a peggiori esiti a lungo termine del COVID-19. Ciò che ha colpito è stata la coerenza dei risultati in un’ampia gamma di sintomi neurologici e neuropsichiatrici, tra cui problemi di memoria, depressione, disturbi del sonno e deficit sensoriali.” Questa osservazione sottolinea la robustezza del legame riscontrato tra l’eccesso ponderale e la persistenza di diverse manifestazioni cliniche a livello neurologico e psichiatrico.

La ricercatrice ha inoltre evidenziato la portata globale dello studio: “Sebbene non abbiamo effettuato analisi di sottogruppo per etnia, l’inclusione di studi provenienti da 23 paesi diversi suggerisce la rilevanza globale dei nostri risultati.” L’ampia rappresentatività geografica dei dati analizzati conferisce una maggiore generalizzabilità alle conclusioni dello studio, suggerendo che questa associazione tra sovrappeso e sintomi post-COVID persistenti potrebbe non essere limitata a specifiche popolazioni.

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Covid-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

Le evidenze emerse dalla ricerca della dott.ssa Ronca si allineano con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui il sovrappeso è stato associato a un aumentato rischio di sviluppare la condizione nota come Long COVID o sindrome post-COVID. Questo studio contribuisce a rafforzare la comprensione dei fattori di rischio che possono predisporre alcuni individui a manifestazioni persistenti della malattia.

Il ruolo dell’infiammazione e del tessuto adiposo nel long COVID

Sebbene i meccanismi precisi che sottendono alla correlazione negativa tra l’eccesso di peso e la persistenza dei sintomi post-COVID-19 debbano ancora essere pienamente chiariti attraverso ulteriori ricerche, la dott.ssa Ronca ha avanzato l’ipotesi che tale associazione possa essere intrinsecamente legata a una risposta infiammatoria esagerata nell’organismo. Questa reazione infiammatoria eccessiva potrebbe essere predisposta dalla presenza di un’elevata quantità di tessuto adiposo.

È noto che il tessuto adiposo non è metabolicamente inerte, ma secerne diverse molecole pro-infiammatorie (adipochine) che possono contribuire a uno stato infiammatorio cronico di basso grado. In risposta all’infezione da SARS-CoV-2, questo stato infiammatorio preesistente potrebbe intensificarsi, contribuendo alla patogenesi e alla persistenza dei sintomi del Long COVID.

Covid-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

Un ulteriore meccanismo plausibile riguarda il ruolo del tessuto adiposo come potenziale facilitatore dell’ingresso e serbatoio del virus SARS-CoV-2 nell’organismo. Studi preliminari suggeriscono che le cellule adipose esprimono recettori ACE2, la principale porta d’accesso del virus nelle cellule umane. La presenza di una maggiore quantità di tessuto adiposo potrebbe quindi offrire al virus un più ampio spazio per l’infezione e la replicazione.

Inoltre, è stato ipotizzato che il virus SARS-CoV-2 possa persistere e accumularsi nel tessuto adiposo per periodi prolungati, fungendo da “serbatoio” virale che potrebbe contribuire alla persistenza dell’infiammazione sistemica e alla manifestazione dei sintomi a lungo termine. La capacità del virus di persistere nel tessuto adiposo potrebbe quindi rappresentare un fattore chiave nella patogenesi del Long COVID in individui con sovrappeso.

La ricerca ha evidenziato come i sintomi prolungati del COVID-19 possano persistere per un periodo significativo, spesso estendendosi oltre i dodici mesi dalla fase acuta dell’infezione. Questa persistenza sintomatologica sottolinea la necessità di interventi medici a lungo termine e di strategie di gestione mirate per affrontare le diverse manifestazioni del Long COVID. La dott.ssa Ronca ha enfatizzato l’importanza di un approccio integrato: “Questi sintomi del COVID lungo possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita e possono persistere per mesi.

Covid-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

Poiché affrontiamo sfide sovrapposte per la salute pubblica nell’era post-pandemica, come il COVID lungo, i problemi di salute mentale e l’aumento dei tassi di obesità, è essenziale sviluppare strategie di assistenza personalizzate e multidisciplinari per supportare al meglio le persone colpite”. In questo scenario complesso, un approccio che tenga conto delle specifiche vulnerabilità degli individui in sovrappeso, integrando competenze mediche diverse e strategie di supporto personalizzate, appare cruciale per migliorare la prognosi e la qualità della vita dei pazienti affetti da Long COVID.

Implicazioni cliniche e necessità di un approccio terapeutico integrato per individui in sovrappeso con long COVID

Le recenti evidenze scientifiche, che delineano una correlazione significativa tra la condizione di sovrappeso e una maggiore suscettibilità a manifestare sintomi neurologici e di salute mentale persistenti in seguito all’infezione da COVID-19, rivestono implicazioni cliniche di notevole importanza per i medici e gli operatori sanitari. La consapevolezza di questa vulnerabilità specifica in individui con eccesso ponderale diviene un elemento cruciale nella gestione post-acuta dell’infezione da SARS-CoV-2.

La constatazione che gli individui in sovrappeso potrebbero presentare un rischio aumentato di sviluppare una sintomatologia neurologica e psichiatrica prolungata suggerisce la necessità di adottare strategie di monitoraggio più attente e proattive in questa specifica popolazione di pazienti. Un approccio vigile e continuativo nel tempo potrebbe consentire l’identificazione precoce di eventuali sintomi persistenti e l’implementazione tempestiva di interventi terapeutici mirati.

Covid-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

Inoltre, la complessità delle manifestazioni del Long COVID, che spesso coinvolge diverse sfere funzionali (neurologica, psichiatrica, fisica), sottolinea l’importanza di un approccio di cura multidisciplinare. Tale modello assistenziale dovrebbe prevedere la collaborazione sinergica tra diverse figure professionali, quali medici di medicina generale, specialisti in neurologia, psichiatri, fisioterapisti, nutrizionisti e psicologi, al fine di affrontare in maniera olistica le molteplici esigenze di questi pazienti.

Al fine di ottimizzare gli esiti clinici per gli individui in sovrappeso che sviluppano Long COVID, appare fondamentale integrare nei piani di cura post-infezione strategie specifiche per la gestione del peso. Interventi nutrizionali personalizzati e programmi di attività fisica adattata potrebbero contribuire a modulare lo stato infiammatorio sistemico e a migliorare il benessere metabolico, potenzialmente influenzando positivamente la traiettoria dei sintomi persistenti. L’offerta di un supporto mirato per la salute mentale riveste un’importanza cruciale, considerando la frequente comorbidità di sintomi depressivi, ansiosi e disturbi del sonno in questa popolazione.

L’accesso a consulenze psicologiche, terapie comportamentali e, se necessario, trattamenti farmacologici specifici per la salute mentale può contribuire significativamente al miglioramento della qualità della vita. Infine, l’inclusione di programmi di riabilitazione personalizzati, volti a recuperare eventuali deficit funzionali a livello neurologico, cognitivo o fisico, si configura come un elemento essenziale per favorire il recupero completo e il ritorno alle attività quotidiane. L’integrazione sinergica di queste diverse componenti all’interno di piani di cura post-COVID individualizzati potrebbe rappresentare la strategia più efficace per migliorare i risultati a lungo termine per i pazienti in sovrappeso affetti da Long COVID.

Covid-19 e obesità: un terreno fertile per i sintomi neurologici persistenti

È rilevante notare che la dott.ssa Ronca ha inizialmente concepito e avviato la sua preziosa ricerca presso la prestigiosa Università di Brasilia. Successivamente, la fase cruciale di analisi dei dati e la completa elaborazione dei risultati dello studio sono state condotte e portate a termine presso l’Edith Cowan University (ECU), a testimonianza di una collaborazione scientifica internazionale volta a comprendere appieno le complesse interazioni tra l’infezione da COVID-19, la condizione di sovrappeso e le sue sequele a lungo termine.

Lo studio è stato pubblicato su PLOS One.

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