Nel 2002, un gruppo di scienziati marini pubblicò un elenco delle minacce più probabili per le coste rocciose del pianeta e oggi, a distanza di 25 anni, scopriamo cosa avevano previsto correttamente, cosa è andato diversamente e cosa non avevano proprio visto arrivare.
Il contesto: previsioni e realtà delle previsioni sulle coste
All’inizio degli anni 2000, un team di esperti guidati dal Professor Stephen Hawkins della Marine Biological Association e dal Professor Richard Thompson dell’Università di Plymouth, si pose una domanda chiave: quali sarebbero state le sfide ambientali più gravi per le coste nei successivi 25 anni?

La loro ricerca, pubblicata nel 2002, metteva in guardia su temi come le fuoriuscite di petrolio, le specie invasive e gli effetti dei cambiamenti climatici ed oggi, gli stessi autori, affiancati da un team internazionale ancora più ampio, hanno rivisitato quelle previsioni in un nuovo studio pubblicato su Marine Pollution Bulletin.

Il confronto tra passato e presente offre una panoramica sorprendente su ciò che la scienza può (e non può ancora) prevedere, e su quanto siano diventate complesse le minacce ambientali nel mondo contemporaneo.
Gli scienziati, quindi, su cosa ci hanno preso e su cosa invece hanno toppato?
Andiamo con ordine, partiamo quindi dalle previsioni corrette:
- Meno petrolio in mare: le fuoriuscite di petrolio sono diminuite, sia per frequenza che per quantità.
- Più raccolta di cibo dalle coste: a scopi sia ricreativi che commerciali.
- Aumento delle specie invasive: favorito dal cambiamento climatico.
- Urbanizzazione e agricoltura: hanno incrementato il trasporto di sedimenti verso mari e fiumi.
Ecco ora le previsioni sulle coste che solamente in parte si sono avverate:
- Sostanze chimiche: il problema del tributilstagno (TBT) è stato risolto più rapidamente del previsto, grazie a regolamentazioni efficaci.
- Clima e biodiversità: si è sottovalutata la varietà di impatti sulle specie marine.
- Eventi estremi: la frequenza e gravità di tempeste e alluvioni è stata sottostimata.
- Barriere costiere: previste, ma si ignoravano gli effetti negativi sugli ecosistemi vicini.
- Turismo costiero: aumentato, ma ha portato anche maggiore consapevolezza e tutela.
Su cosa invece gli scienziati avevano completamente toppato?
- Eutrofizzazione: le coste oggi sono più esposte all’accumulo eccessivo di nutrienti rispetto a 25 anni fa.
- OGM e acquacoltura: le preoccupazioni sugli impatti negativi si sono rivelate esagerate.
- Energie rinnovabili offshore: non hanno danneggiato gli habitat marini come temuto.
- Radiazioni UV: i loro effetti sulle specie costiere erano stati sottovalutati
Le minacce alle coste che gli scienziati non avevano previsto
Ebbene c’erano non pochi imprevisti che, come dice il termine stesso, non erano stati previsti:
- Estrazione mineraria costiera
- Acidificazione degli oceani
- Inquinamento luminoso e acustico
- Eventi climatici estremi (alluvioni e siccità)
- Inquinamento da plastica
- Contaminazione farmaceutica
- Effetti combinati tra agenti chimici e minacce ambientali
Una lezione per il futuro
Secondo i ricercatori, il lavoro degli ultimi 25 anni dimostra che azioni locali e globali coordinate possono fare la differenza: ne è un esempio il bando internazionale del TBT nel 2003, considerato un successo su scala mondiale.

Ma il messaggio più importante è forse un altro: “Ci saranno sempre cose che non possiamo prevedere. E trovare un equilibrio tra prevenzione, adattamento e mitigazione sarà sempre essenziale“, ha dichiarato il Professor Hawkins.
Conclusione
Le coste sono come sentinelle del cambiamento climatico: ci raccontano in anticipo cosa sta accadendo agli oceani e al nostro pianeta. Questo studio non è solo un bilancio scientifico, ma un richiamo alla responsabilità collettiva.
Tecnologia, politica, educazione e cittadinanza attiva: ogni campo può contribuire a proteggere i nostri ecosistemi costieri da minacce vecchie e nuove.