I computer quantistici promettono di rivoluzionare l’informatica, affrontando calcoli troppo complessi per i supercomputer tradizionali. Ma, a distanza di anni dalle prime dimostrazioni, il loro impatto concreto è ancora lontano dall’immagine creata da titoli e comunicati stampa.
Le affermazioni di “quantum advantage” la capacità di risolvere problemi irrisolvibili per un computer classico restano rare e spesso legate a esperimenti mirati, con poca applicazione nel mondo reale. Tuttavia, i progressi, sia teorici che pratici, ci sono. La chiave è capire che la rivoluzione quantistica sarà più un’integrazione graduale che un taglio netto con il passato.
Per fare chiarezza, Jerry Chow, direttore di IBM Quantum, ha raccontato a Gizmodo lo stato attuale della tecnologia e dove sta andando.
Quantum advantage: non è magia, è integrazione

Quando si parla di “vantaggio quantistico”, molti pensano a un salto improvviso verso un nuovo paradigma. In realtà, secondo Chow, si tratta di sfruttare i computer quantistici insieme a quelli classici per ottenere risultati più rapidi, economici o precisi.
Gli algoritmi provati su carta come la fattorizzazione di grandi numeri per la crittografia o la simulazione di molecole complesse dimostrano che il potenziale c’è. Ma nella pratica, per ogni problema reale, possiamo usare CPU, GPU e quantum hardware in combinazione.
Il paragone con le GPU è calzante: nate per il gaming, hanno trovato applicazioni decisive nella ricerca scientifica e nell’AI. Il quantum, sostiene Chow, seguirà un percorso simile: da tecnologia di nicchia a strumento essenziale in determinati settori.
Il legame indissolubile con il calcolo classico
Ogni calcolo quantistico parte e finisce in forma classica: si forniscono input tradizionali, il computer quantistico elabora nello “spazio quantico” e restituisce output che vengono poi processati con sistemi classici.
Questo legame non è una limitazione, ma un punto di forza. Significa che il quantum non sostituirà il classico, ma lo amplierà. “La gente non deve temere che i computer quantistici rimpiazzino quelli tradizionali” afferma Chow.
Dalla ricerca pura alla disponibilità in cloud
IBM non si limita più a costruire prototipi in laboratorio. Dal 2016 ha aperto l’accesso ai propri computer quantistici via cloud, permettendo a ricercatori, aziende e persino curiosi di eseguire circuiti quantistici reali.
Oggi, i sistemi IBM sono distribuiti in data center quantistici e anche presso clienti, come il RIKEN Institute in Giappone. Qui, il quantum viene combinato con il supercomputer Fugaku per studiare strutture molecolari. L’obiettivo è ridurre la “barriera energetica” di calcolo al punto da competere direttamente con i migliori algoritmi classici.
Strategia IBM: un ecosistema collaborativo
Secondo Chow, “costruire” non basta. Per dare valore alla tecnologia serve una comunità attiva che esplori applicazioni utili. È per questo che IBM ha creato una rete quantistica con quasi 300 membri, che include università, enti pubblici e aziende di vari settori: sanità, energia, scienze della vita e petrolchimico.
IBM non è esperta di ogni verticale industriale, ma punta a fornire la piattaforma tecnologica con cui gli specialisti possano sviluppare soluzioni reali.
Il quantum non è futuro: è già presente
Molti pensano ai computer quantistici come a un traguardo lontano. Ma la verità, ribadisce Chow, è che sono già accessibili. Chiunque può provare gratuitamente le macchine IBM via web e imparare attraverso corsi, documentazione e una community globale.
È possibile persino chiedere a un assistente AI di installare Qiskit, il framework open source di IBM per programmare in quantistico. In altre parole, non serve aspettare il “giorno X”: la tecnologia è già nelle mani di chi vuole sperimentare.
I prossimi traguardi: tra oggi e i prossimi dieci anni
Il futuro a breve termine per IBM Quantum passa per il lancio di Nighthawk, un nuovo dispositivo previsto entro fine anno. Il piano è incrementare il numero e la complessità dei circuiti eseguibili, lavorando in parallelo con il mondo dell’HPC.
I prossimi cinque-dieci anni vedranno una sequenza di “piccoli” vantaggi quantistici su problemi specifici, in cui il dialogo continuo tra hardware quantistico e calcolo classico diventerà la norma. La sfida non è più dimostrare che la tecnologia funziona, ma renderla competitiva, scalabile e accessibile a chi può usarla davvero.
Oltre il marketing: serve realismo
Chow riconosce che il calcolo quantistico è circondato da molto hype. Ogni settimana si annuncia “la prossima grande svolta”, spesso senza distinguere tra esperimenti di laboratorio e applicazioni pratiche.
Il messaggio di IBM è diverso: progresso incrementale, partnership strategiche e focus sull’utilità reale. Un approccio che riduce il rischio di promesse mancate e prepara il terreno a un’adozione sostenibile.
Quantum e settori strategici
Le applicazioni potenziali non si limitano alla crittografia e alla chimica. Nella sanità, il quantum potrebbe aiutare a simulare farmaci e proteine con una precisione mai raggiunta. Nell’energia, può ottimizzare reti e flussi di distribuzione. Nell’industria, dalla manifattura avanzata all’oil & gas, può ridurre tempi e costi di ricerca.
Tutte queste applicazioni richiedono però un’integrazione continua con le infrastrutture esistenti e un lavoro congiunto tra esperti di dominio e sviluppatori di hardware e software quantistico.
Perché dovresti interessarti adesso
Se fino a oggi hai considerato il calcolo quantistico come “roba da fisici”, è il momento di rivedere la tua posizione. La tecnologia è già utilizzabile, anche a livello sperimentale, e imparare ora come funziona significa trovarsi pronti quando arriveranno le applicazioni commerciali su larga scala.
Come dimostra IBM, l’accesso non è più un privilegio per pochi laboratori: chiunque, con un po’ di curiosità, può esplorare questo nuovo paradigma e capire come integrarlo nei propri flussi di lavoro.
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