Si parla sempre del clima che è “in cambiamento”, dando per scontando che sia “in aumento”, ma se invece fosse solo il preludio di un “abbassamento”?
Per miliardi di anni, gli scienziati hanno considerato l’erosione delle rocce silicatate come il principale “termostato naturale” del nostro pianeta; funziona così: la pioggia assorbe anidride carbonica (CO₂) dall’atmosfera, cade sulle rocce esposte e le consuma lentamente.

Il carbonio e il calcio liberati finiscono in mare, dove diventano conchiglie, coralli e calcare. Alla fine, tutto questo si deposita sul fondale oceanico, intrappolando CO₂ per milioni di anni.
“Se la Terra si scalda, le rocce si degradano più in fretta e assorbono più CO₂. Così il pianeta si raffredda di nuovo“, spiega Dominik Hülse, uno degli autori dello studio.
Ma allora, com’è possibile che in passato la Terra sia diventata una gigantesca “palla di neve”, ghiacciata dai poli all’equatore? L’alterazione delle rocce da sola non basta a spiegare questi eventi estremi.
La chiave del clima è negli oceani: nutrienti, alghe e ossigeno
Un ruolo decisivo lo gioca il modo in cui l’oceano immagazzina carbonio. Quando il pianeta si scalda e aumenta la CO₂:
- Più fosforo e nutrienti vengono trascinati in mare.
- Le alghe proliferano e assorbono CO₂ con la fotosintesi.
- Quando muoiono, affondano e portano il carbonio sul fondale.
Fin qui sembra positivo. Ma il riscaldamento porta anche a un problema: meno ossigeno nell’acqua.

Con poco ossigeno, il fosforo non viene sepolto nei sedimenti, ma riciclato. Questo innesca un ciclo potentissimo:
più nutrienti → più alghe → meno ossigeno → rilascio di altri nutrienti → ancora più alghe…
Risultato? Enormi quantità di carbonio intrappolate nei sedimenti marini. E il pianeta… si raffredda. Anche troppo.
Un modello climatico che “esagera” il raffreddamento
Hülse e Ridgwell hanno realizzato un sofisticato modello del Sistema Terra che include atmosfera, oceani, sedimenti marini e nutrienti.
Il risultato è sorprendente: “Il sistema non sempre si stabilizza gradualmente. A volte compensa in modo eccessivo e fa crollare la temperatura anche sotto i valori iniziali, fino a un’era glaciale“, afferma Hülse.
E questo effetto compare solo considerando oceani e nutrienti. Il semplice consumo di CO₂ da parte delle rocce
Cosa significa per noi, oggi?
Riguardo al clima questo per noi significa che:
- Immettendo CO₂ nell’atmosfera, stiamo spingendo il pianeta verso il riscaldamento.
- Ma, a lungo termine (decine o centinaia di migliaia di anni), il modello mostra che la Terra potrebbe reagire con un “raffreddamento eccessivo”.
- Niente panico: oggi l’atmosfera contiene molto più ossigeno rispetto al passato, quindi l’effetto sarebbe più debole.

Come sottolinea Ridgwell: “Ha davvero importanza se la prossima era glaciale inizierà tra 50, 100 o 200 mila anni? Ora la priorità è fermare il riscaldamento in corso. La natura non raffredderà la Terra abbastanza in fretta da salvarci.”.
E adesso?
La ricerca è stata sostenuta dal cluster tedesco MARUM “The Ocean Floor, Earth’s Uncharted Interface” e Hülse vuole ora utilizzare il modello per capire come, in passato, la Terra sia riuscita a uscire rapidamente da crisi climatiche estreme e quale ruolo abbia avuto il fondale oceanico.