La posizione dei Ventisette sul nuovo regolamento contro gli abusi sessuali sui minori ruota attorno a un punto che ha fatto discutere per anni: il controllo delle chat private. Il passaggio al Coreper segna un momento chiave, perché chiarisce fino a che punto l’Unione vuole spingersi nel contrasto al Csam e quali limiti vengono posti per tutelare la privacy. Non riguarda solo la politica. Riguarda te, la tua presenza online, il tuo smartphone e il modo in cui vivi i servizi digitali. Ecco perché questo tema entra di diritto nel mondo tech e gamer.
Cosa è stato approvato nel Coreper
I rappresentanti permanenti dei Ventisette hanno dato il primo via libera alla posizione negoziale del Consiglio sul regolamento Csam. È una mossa che prepara il terreno al trilogo, cioè al confronto finale tra Consiglio, Parlamento e Commissione. Il voto è arrivato senza discussione pubblica, una scelta che da sola fa capire quanto il tema sia sensibile.
L’Italia ha scelto l’astensione. Non un “no”, ma nemmeno un “sì”. Una posizione che rivela un equilibrio delicato tra due esigenze contrapposte: difendere i minori online e garantire i diritti individuali che la Costituzione protegge. Il governo ha ribadito che intende rafforzare gli strumenti contro gli abusi, ma non è disposto a introdurre sistemi che leggono in automatico ogni chat degli utenti.
Che fine fa il “chat control”

Qui arriva il passaggio più rilevante: la posizione approvata rimuove l’obbligo per piattaforme come WhatsApp, Messenger o Signal di scansionare automaticamente ogni messaggio privato. Quel meccanismo, ribattezzato “chat control”, aveva scatenato polemiche enormi. Non avrebbe colpito solo i colpevoli, ma tutti gli utenti, creando un monitoraggio costante su comunicazioni che dovrebbero restare protette.
Ora questo obbligo esce dal tavolo. Al suo posto resta attiva in modo permanente una misura già introdotta negli anni scorsi: le piattaforme possono analizzare volontariamente i propri servizi, senza costrizioni, alla ricerca di materiale legato al Csam. Non è un dettaglio. Significa che il controllo non sarà imposto dallo Stato. Saranno le aziende a decidere se adottare strumenti di rilevamento.
Allo stesso tempo compare una clausola che invita la Commissione a valutare se in futuro serviranno obblighi più rigidi. Non c’è una decisione ora, ma il tema non viene archiviato. È un punto che farà discutere nei prossimi mesi.
Quali obblighi restano per le piattaforme digitali

La posizione negoziale mantiene un set di responsabilità per chi gestisce servizi online. Le aziende digitali dovranno adottare misure attive per impedire la diffusione di materiale pedopornografico e contrastare l’adescamento dei minori. Le autorità nazionali potranno imporre la rimozione dei contenuti, il blocco dell’accesso e, nel caso dei motori di ricerca, l’eliminazione dei risultati collegati. Un intervento così diretto indica che i governi potranno agire rapidamente quando individuano contenuti illegali.
Questo impatto riguarda anche l’ecosistema dei videogiochi e delle piattaforme multiplayer. I sistemi di chat presenti nei giochi online, sia testuali che vocali, sono spesso usati da utenti di ogni età. Le aziende che gestiscono questi spazi dovranno dimostrare di avere strumenti efficaci per prevenire comportamenti dannosi. Chi lavora nel settore sa che moderare ambienti così dinamici non è semplice, e questa norma impone responsabilità aggiuntive che potrebbero influenzare policy, algoritmi e tempi di intervento.
Il nuovo Centro Ue
Il piano include la creazione del Centro Ue sugli abusi sessuali sui minori. Non sarà un organo punitivo, ma un punto di coordinamento che dovrà aiutare Stati e piattaforme a interpretare correttamente la legge e condividere strumenti tecnici. Per chi sviluppa software, app, piattaforme social o servizi multiplayer, questo centro potrebbe diventare un riferimento costante. Significa anche nuove linee guida da seguire e nuovi standard di sicurezza da integrare.
Perché questo tema è così vicino al mondo digitale che frequenti ogni giorno
Se passi ore su giochi online o app social, questo regolamento ti tocca molto più di quanto sembri. Le aziende che gestiscono i servizi che usi dovranno attivare controlli più serrati, ma senza invadere le chat private. Le conseguenze pratiche potrebbero arrivare su vari fronti.
Potresti vedere sistemi di segnalazione più veloci, un aumento dei filtri automatici sui contenuti pubblici e regole più rigide su server, community e piattaforme di messaggistica integrate nei giochi. Per chi modera server Discord, gruppi Telegram, community su Steam o chat dei team nei giochi competitivi, la situazione cambierà ancora. Più attenzione, più responsabilità, più pressioni sulle aziende per proteggere i minori.
Il fatto che l’obbligo di scansionare i messaggi privati sia stato eliminato segna un punto importante. Ti evita di vivere in un ambiente dove ogni tuo messaggio può essere analizzato in automatico. Allo stesso tempo però il quadro resta teso, perché i governi pretendono risposte concrete da chi costruisce gli spazi digitali.
L’Italia in mezzo al guado

L’astensione italiana è significativa. Roma sostiene l’obiettivo del regolamento, ma non vuole sistemi che trasformano la privacy in un sacrificio forzato. È un segnale diretto tanto ai partner europei quanto ai cittadini. L’Italia riconosce la gravità dei crimini legati al Csam, ma vuole soluzioni che non impongano controlli indiscriminati.
Nel confronto dei prossimi mesi, questa posizione avrà un ruolo. Ogni modifica del testo potrà rimettere sul tavolo il tema del monitoraggio. Parlare oggi di equilibri definitivi sarebbe fuori luogo. Questo voto è solo il primo giro di una trattativa lunga.
Cosa aspettarti nei prossimi mesi
Quando il trilogo inizierà, potresti vedere nuove versioni del testo circolare tra i media. Alcune saranno più rigide, altre più morbide. I colpi di scena non mancheranno, perché la questione tocca privacy, sicurezza e diritti digitali. Sarà un passaggio decisivo per chi vive online ogni giorno.
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