Quando guardiamo una foto di un sentiero in montagna o di un lago, il nostro cervello sa già cosa possiamo fare: camminare, nuotare, magari scalare ed è una valutazione immediata, automatica, che facciamo tutti i giorni senza pensarci. Ma come fa il cervello a capirlo così in fretta? E perché l’intelligenza artificiale, per quanto evoluta, fatica ancora a fare lo stesso?

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Amsterdam ha cercato di rispondere a questa domanda, con uno studio che svela qualcosa di sorprendente: il cervello umano riconosce le “opportunità d’azione” (dette anche affordance) in modo istintivo e automatico, grazie ad attivazioni neurali specifiche.
Cosa sono le affordance e perché ci interessano
Le affordance sono, in parole povere, le azioni che un ambiente ci suggerisce. Una scala ci invita a salire, un prato ci invita a correre ed è un concetto psicologico noto, ma ora la ricerca dimostra che si tratta anche di una funzione cerebrale concreta e misurabile e alcune aree della corteccia visiva si attivano non solo in base a ciò che vediamo (oggetti, forme, colori), ma anche in base a quello che possiamo fare con ciò che vediamo.

Questa attivazione avviene anche se non stiamo pensando consapevolmente all’azione. Il cervello “prevede” le possibilità d’uso di uno spazio, esattamente come un musicista riconosce al volo le potenzialità di uno spartito.
AI e mondo reale: ancora due binari separati
Il team ha poi messo a confronto il cervello umano con diversi modelli di IA, inclusi sistemi avanzati come GPT-4. Il risultato? Anche i modelli migliori non sono ancora in grado di intuire con la stessa immediatezza cosa si può fare in un ambiente, come invece fa il nostro cervello. Quando addestrati appositamente al riconoscimento delle azioni, gli algoritmi possono avvicinarsi al giudizio umano, ma le loro “reti neurali” non riflettono i pattern cerebrali reali.
In altre parole, l’IA può imitare, ma non comprende; ed è proprio qui che si apre il divario tra l’efficienza biologica del cervello umano e l’imitazione computazionale delle IA.
Verso un’IA più umana e più sostenibile
Perché tutto questo è importante? Perché sempre più settori (dalla robotica alla guida autonoma) stanno affidandosi a intelligenze artificiali per navigare il mondo fisico, ma senza una reale comprensione delle affordance, un robot rischia di non distinguere un marciapiede da una pista ciclabile, o un campo praticabile da un terreno pericoloso.

Inoltre, c’è una questione energetica non da poco: gli attuali modelli di IA richiedono quantità enormi di dati ed energia per imparare qualcosa che il cervello umano elabora in una frazione di secondo. Capire come il nostro cervello riesca a farlo con così poca energia potrebbe rivoluzionare il modo in cui sviluppiamo IA più leggere, accessibili e rispettose dell’ambiente.
Conclusione
La ricerca dell’Università di Amsterdam ci ricorda che, per quanto l’intelligenza artificiale faccia progressi, il cervello umano rimane una macchina incredibilmente efficiente, capace di collegare percezione e azione in tempo reale. E forse, prima di insegnare alle macchine a pensare come noi, dovremmo prima imparare meglio come noi pensiamo.