Per decenni si è creduto che, quando le cellule si dividono, il loro DNA perdesse completamente la complessa forma tridimensionale, per poi ricostruirla da zero; un po’ come se il genoma premendo “Reset” si appiattisse per poi ripiegarsi nuovamente.
Ma un nuovo studio del MIT appena pubblicato su Nature Structural and Molecular Biology cambia radicalmente questa visione.

Grazie a una tecnica di mappatura genomica super avanzata, i ricercatori hanno scoperto che alcuni anelli 3D del DNA rimangono perfettamente intatti anche nel momento più caotico della vita cellulare: la mitosi, quando i cromosomi si dividono.
“Per anni abbiamo pensato alla mitosi come a una lavagna bianca, senza trascrizione né struttura”, spiega Anders Sejr Hansen, docente di ingegneria biologica al MIT. “In realtà la struttura c’è sempre. Non va mai via.”
Gli anelli che aiutano la memoria del DNA
Questi anelli tridimensionali di DNA, vere e proprie connessioni tra geni e regioni regolatrici, sembrano addirittura rinforzarsi durante la divisione cellulare e quando i cromosomi si compattano, gli elementi distanti si avvicinano e restano “incollati”, come se la cellula si lasciasse dei post-it per ricordare dove erano i collegamenti più importanti.
Secondo il team, questo “effetto memoria” aiuta le cellule a riattivare correttamente i geni subito dopo la divisione, mantenendo coerenza genetica.
“Abbiamo finalmente un collegamento diretto tra la struttura fisica del genoma e la sua funzione nel controllo dei geni,” aggiunge Viraat Goel, primo autore dello studio.
Il segreto sta nella nuova tecnica: Region-Capture Micro-C
Per arrivare a questa scoperta, il gruppo del MIT ha usato una tecnologia rivoluzionaria sviluppata nel 2023: il Region-Capture Micro-C (RC-MC); rispetto ai metodi tradizionali (come il noto Hi-C), questa tecnica offre una risoluzione fino a 1000 volte più alta, permettendo di vedere dettagli microscopici nella struttura 3D del DNA.

Il RC-MC ha permesso di individuare minuscoli nodi di connessione, battezzati microcompartimenti, piccoli cluster in cui enhancer (sequenze che attivano i geni) e promoter (dove inizia la trascrizione) si agganciano tra loro.
Questi microcompartimenti erano già noti, ma nessuno sapeva come si comportassero durante la mitosi… fino ad ora.
Una stabilità sorprendente
Contro ogni aspettativa, gli scienziati si sono accorti che i microcompartimenti non spariscono durante la mitosi, anzi: diventano più evidenti; uUn risultato che smentisce decenni di manuali di biologia.
“Pensavamo che durante la mitosi tutto venisse azzerato. E invece, quando abbiamo guardato più da vicino, abbiamo trovato ordine dove ci aspettavamo solo caos”, racconta Hansen.

Le strutture più grandi del genoma, come i TAD e i compartimenti A/B, scompaiono effettivamente, ma le connessioni fini (i microcompartimenti) restano; è come se la cellula chiudesse i grandi archivi, ma mantenesse attive le scorciatoie sul desktop.
Un misterioso picco di attività genica
La scoperta potrebbe spiegare anche un vecchio mistero: il picco improvviso di attività genetica osservato alla fine della mitosi e già negli anni ’60 si pensava che la trascrizione dei geni si fermasse completamente durante la divisione.
Tuttavia, studi recenti hanno notato un breve momento in cui alcuni geni “si risvegliano” prima di spegnersi di nuovo.

Il MIT ha trovato il colpevole: i microcompartimenti e durante la compattazione del DNA, enhancer e promoter finiscono per avvicinarsi così tanto da attivare per errore alcune trascrizioni: poi la cellula, quasi imbarazzata, le disattiva di nuovo appena finita la divisione.
“Sembra un effetto collaterale accidentale”, spiega Hansen. “La cellula crea un ambiente così favorevole ai microcompartimenti che alcuni geni si accendono da soli. Ma appena entra nella fase G1, la cellula fa pulizia e rimuove quelli inutili.”
Il prossimo passo: capire chi resta e chi scompare
Ora il team vuole capire come la cellula decide quali microcompartimenti conservare e quali eliminare quando torna “a regime”; la risposta potrebbe aiutare a spiegare perché cellule diverse, pur avendo lo stesso DNA, si comportano in modi così differenti.

Inoltre, poiché la compattazione dei cromosomi varia in base alla forma e alla dimensione della cellula, i ricercatori del MIT stanno studiando come questi fattori influenzino la struttura del genoma e, di conseguenza, l’attività dei geni.
Un nuovo modo di pensare la vita cellulare
Lo studio, finanziato da enti come il National Institutes of Health e la National Science Foundation, ci obbliga a rivedere un concetto che sembrava scolpito nella pietra: la divisione cellulare non è una tabula rasa, ma una fase ordinata e dinamica, dove la cellula conserva la propria identità anche nel momento di massimo cambiamento.
E forse è proprio questa la chiave della vita: la capacità di trasformarsi, senza mai dimenticare chi si è.