Una missione spaziale può dirsi riuscita anche se l’atterraggio finisce con un “non sappiamo dove sia”? Secondo The Exploration Company, la risposta è sì. Il veicolo Mission Possible, una capsula spaziale europea sperimentale, ha completato con successo tutte le fasi del volo… tranne il recupero. Dopo il rientro nell’atmosfera, ha perso ogni contatto pochi istanti prima dell’ammaraggio. Risultato: capsula scomparsa in mare.
Mission Possible: cosa ha funzionato
La capsula è stata lanciata lunedì dalla base di Vandenberg, in California, a bordo di un razzo SpaceX condiviso con altri 70 payload (tra cui, curiosamente, anche resti umani destinati a un memoriale spaziale).
Obiettivo della missione: testare un veicolo costruito con componenti a basso costo e parti commerciali, come i paracadute derivati da quelli della capsula Dragon di SpaceX.
Secondo il comunicato diffuso dall’azienda su LinkedIn, Mission Possible ha completato correttamente ogni fase critica: separazione dal vettore, stabilizzazione in orbita, gestione del carico utile, rientro controllato e ripristino delle comunicazioni dopo il blackout atmosferico.
E poi? Silenzio radio

Il problema è arrivato subito prima dello splashdown, quando i tecnici hanno perso ogni segnale dalla capsula. Nessuna conferma dell’impatto in acqua, nessuna posizione GPS, nessun segnale radio di emergenza. In sostanza: la capsula è da qualche parte nell’oceano, ma nessuno sa dove.
The Exploration Company ha aperto un’indagine interna per capire le cause della perdita di comunicazione. Le ipotesi vanno da un malfunzionamento del sistema di localizzazione a un’anomalia nella discesa finale.
Un successo parziale, ma significativo

Nonostante il finale incerto, la missione viene comunque considerata un passo avanti concreto. Dimostra che si può costruire e lanciare un veicolo spaziale funzionante anche con budget relativamente contenuti (circa 20 milioni di dollari) e componenti off-the-shelf.
Il prossimo obiettivo? Una versione più avanzata e riutilizzabile della capsula: Nyx, pensata per trasportare cargo (e in futuro persone) tra la Terra e la Luna. Un progetto ambizioso che punta a posizionare l’Europa nel mercato della logistica spaziale autonoma.
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