Quando senti la parola metastasi, sai già che non è una buona notizia. È l’incubo dei pazienti oncologici: il tumore che si diffonde ad altri organi, resistendo alle cure. Per molti, la chemioterapia o la radioterapia tengono a bada la malattia per un po’, ma alla fine il cancro torna o i trattamenti stessi logorano il corpo.
Eppure, qualcuno stava lavorando a un’alternativa. Nancy Du, professoressa associata di patologia alla Weill Cornell Medicine, studia da oltre vent’anni come e perché il cancro metastatico si diffonde. Con un finanziamento di 500.000 dollari dal Dipartimento della Difesa USA, aveva avviato un progetto per fermare la diffusione del tumore al seno positivo al recettore degli estrogeni verso le ossa.
Poi, ad aprile, è arrivato lo stop ai lavori.
La ricerca bloccata sul più bello
L’idea del team di Du era chiara: capire perché le cellule smettono di rispondere alle terapie endocrine, la prima linea di trattamento per questo tipo di tumore. “Avevamo già dati solidi e stavamo per portarli verso la clinica”, racconta la ricercatrice. Ma il blocco del finanziamento ha congelato tutto.
Usando modelli preclinici, il gruppo aveva già scoperto perché certi farmaci sperimentali contro la metastasi non funzionavano e come migliorarli. In pratica, la base per cure più mirate era già stata gettata.
Perché serve la ricerca accademica

C’è una differenza chiave fra i laboratori accademici e l’industria farmaceutica. Le aziende devono portare risultati commerciali nel breve periodo. I laboratori finanziati con fondi pubblici, invece, possono esplorare domande fondamentali: perché il cancro si diffonde? Come lo si può bloccare alla radice?
Sono ricerche rischiose, ma se funzionano cambiano le regole del gioco.
Costi enormi, umani ed economici
Negli Stati Uniti, nel 2020 si sono spesi 200 miliardi di dollari per curare il cancro. E il prezzo più alto, inutile dirlo, lo pagano i pazienti e le loro famiglie.
Du lo sa bene: ha visto suo padre morire di cancro metastatico, consumato dagli effetti collaterali della chemioterapia. “Ho visto quanto soffriva per trattamenti che uccidevano cellule sane insieme a quelle malate. È da lì che nasce la mia motivazione: immaginare terapie mirate che curino senza devastare il corpo”.
Un’occasione che non possiamo perdere
Il rischio è che senza fondi, questa strada si chiuda. Fermare la ricerca sul cancro metastatico non significa solo rallentare la scienza, ma ritardare terapie che potrebbero salvare vite con meno sofferenze.
Du lo dice senza giri di parole: “Stavamo arrivando al punto in cui testare una nuova strategia era possibile. Non possiamo permetterci di fermarci ora”.
Il cancro metastatico non aspetta e la ricerca non dovrebbe fermarsi. Sostenere la scienza accademica significa dare una possibilità a terapie più mirate e meno devastanti. Continua a seguire con noi le sfide della medicina e della tecnologia su Instagram.