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Salute

Cancro: ecco perché l’immunoterapia non funziona per tutti

I progressi nell'immunoterapia hanno offerto risultati senza precedenti, tuttavia, la cura del cancro continua a confrontarsi con il dilemma della resistenza primaria e acquisita. Questo articolo esplora i meccanismi molecolari e cellulari sottostanti che impediscono al sistema immunitario di una parte dei pazienti di riconoscere ed eliminare efficacemente le cellule maligne, anche in presenza di agenti bloccanti dei checkpoint

Denise Meloni 10 minuti fa Commenta! 8
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Una ricerca condotta da André Veillette, ricercatore presso il Montreal Clinical Research Institute (IRCM) e professore alla Facoltà di Medicina dell’Università di Montreal, sta gettando nuova luce sull’intricata complessità del sistema immunitario e sul suo ruolo cruciale nella lotta contro il cancro. Lo studio, il cui autore principale è il Dott. Zhenghai Tang dell’Università di Macao (già ricercatore nel laboratorio del Dott. Veillette all’IRCM), evidenzia come una comprensione più approfondita dei meccanismi di controllo immunitario, ovvero i “freni” intrinseci, sia fondamentale per sviluppare terapie oncologiche più efficaci.

Contenuti di questo articolo
Cancro: la complessità dei checkpoint immunitariNuove strategie per terapie ottimaliScoperte chiave per l’oncologia del futuro
Cancro: ecco perché l'immunoterapia non funziona per tutti

Cancro: la complessità dei checkpoint immunitari

Il sistema immunitario utilizza sofisticati meccanismi integrati, noti come checkpoint immunitari inibitori, la cui funzione primaria è prevenire attacchi indiscriminati alle cellule sane del corpo, mantenendo un equilibrio essenziale. Sebbene vitali per l’omeostasi, questi checkpoint rappresentano un ostacolo insidioso: possono infatti impedire al sistema immunitario di riconoscere e distruggere efficacemente le cellule tumorali.

Per superare questo blocco, la scienza ha sviluppato i bloccanti dei checkpoint, una classe di farmaci che “rilasciano i freni” immunitari per consentire la lotta contro il cancro. Tuttavia, l’efficacia di questi trattamenti è limitata, non funzionando universalmente per tutti i pazienti o per tutti i tipi di cancro. Il Dott. Zhenghai Tang sottolinea che “I percorsi dei checkpoint sono molto più complessi di quanto pensassimo in passato” e che “Per migliorare i trattamenti, dobbiamo capire come funzionano questi freni a livello molecolare.”

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Cancro: ecco perché l'immunoterapia non funziona per tutti

La ricerca si è concentrata sull’interazione tra due molecole fondamentali nel controllo immunitario. La prima è SIRP$\alpha$ (Signal-regulatory protein $\alpha$), presente sulle cellule immunitarie chiamate macrofagi. La seconda è CD47, una molecola espressa su molte cellule del corpo, comprese quelle tumorali. Quando queste due molecole interagiscono, inviano un potente segnale di “non mangiarmi” che neutralizza i macrofagi, impedendo loro di distruggere le cellule tumorali.

Nuove strategie per terapie ottimali

Questa importante scoperta fornisce una spiegazione concreta al motivo per cui le attuali terapie che mirano esclusivamente al blocco del CD47 hanno avuto un successo limitato nei pazienti oncologici. Il Dott. Tang sottolinea che, “Per rendere questi trattamenti più efficaci, potremmo dover bloccare tutti i modi in cui SIRP$\alpha$ sopprime il sistema immunitario, non solo il suo legame con CD47.” Per sviluppare trattamenti futuri, come gli anticorpi monoclonali, è quindi fondamentale che gli scienziati comprendano appieno la complessa rete di interazioni di SIRP$\alpha$ e come tutte le sue molecole bersaglio operano con precisione sulle cellule tumorali.

Il recente studio rafforza in modo perentorio l’assunto che il sistema immunitario costituisca un’architettura biologica di straordinaria complessità, le cui dinamiche di funzionamento non sono affatto lineari. Ne consegue l’assoluta necessità di non fermarsi alla mera identificazione delle interazioni superficiali, ma di addentrarsi nella comprensione profonda delle interazioni molecolari che regolano i checkpoint e le risposte cellulari.

Cancro: ecco perché l'immunoterapia non funziona per tutti

La progettazione di nuove terapie, in particolare quelle basate su approcci di precisione come gli anticorpi monoclonali, non può prescindere da una mappa molecolare esaustiva che includa ogni via di bypass o segnale inibitorio, come evidenziato dalla persistenza del freno immunitario anche in assenza di CD47. Soltanto una tale granularità scientifica permetterà di sviluppare agenti terapeutici realmente mirati ed efficaci, capaci di eludere i meccanismi di resistenza e adattamento tumorale.

Oltre alla complessità intrinseca, il campo dell’immuno-oncologia si confronta con l’ardua sfida della traduzione clinica, ovvero il trasferimento affidabile dei risultati ottenuti negli studi pre-clinici – tipicamente condotti su modelli animali o colture cellulari – alla biologia e alla patologia umana. I modelli animali, pur essendo strumenti inestimabili, non riescono a replicare pienamente la diversità genetica, l’eterogeneità tumorale e la complessità immunologica tipiche dell’uomo.

Cancro: ecco perché l'immunoterapia non funziona per tutti

È pertanto cruciale migliorare il processo di modellazione e validazione per ridurre il “gap di traduzione”. Affinare questa capacità significa garantire che le promettenti scoperte di laboratorio si traducano in modo più predittivo in terapie concrete, sicure ed efficaci per i pazienti oncologici, elevando il tasso di successo negli human clinical trials e accelerando l’accesso a trattamenti salvavita.

Scoperte chiave per l’oncologia del futuro

Le indagini continue e dettagliate sui meccanismi di regolazione immunitaria, come quelle che hanno identificato le interazioni inattese di molecole come SIRP$\alpha$, non sono semplici esercizi accademici, ma rappresentano i punti di svolta fondamentali per l’oncologia clinica.

Ogni nuovo dettaglio svelato sul funzionamento dei checkpoint inibitori, sulla loro ridondanza e sulle vie di bypass utilizzate dalle cellule tumorali, contribuisce a completare la mappa strategica per attaccare il cancro con maggiore efficacia. È su queste fondamenta di conoscenza molecolare che si costruiscono le generazioni future di trattamenti, superando le limitazioni degli approcci terapeutici attuali che spesso falliscono a causa della resistenza del tumore o della tossicità generalizzata.

L’obiettivo primario di svelare l’intera complessità del sistema immunitario è duplice: ottenere trattamenti più sicuri e intrinsecamente più intelligenti. Comprendere ogni via attraverso cui, ad esempio, SIRP$\alpha$ inibisce i macrofagi, permette lo sviluppo di farmaci che non solo sbloccano il freno immunitario (come fanno gli attuali bloccanti), ma lo fanno in modo chirurgicamente preciso.

Cancro: ecco perché l'immunoterapia non funziona per tutti

Questo approccio riduce il rischio di effetti collaterali gravi che derivano dall’attivazione incontrollata dell’intero sistema immunitario (autoimmunità), rendendo l’immuno-terapia accessibile a un maggior numero di pazienti. Le nuove scoperte forniscono gli strumenti per progettare farmaci (come gli anticorpi monoclonali di nuova generazione) capaci di agire come interruttori di precisione, massimizzando l’attacco mirato alle cellule maligne e preservando, al contempo, il tessuto sano circostante.

L’identificazione e la comprensione dei molteplici pathway di inibizione rendono tangibile l’ideale della terapia oncologica personalizzata. Sapere che non tutti i tumori sfruttano lo stesso checkpoint o che non tutti rispondono al blocco della sola CD47 consente ai medici di profilare geneticamente e molecolarmente il tumore di ciascun paziente. In base a tale profilo, è possibile selezionare il farmaco (o la combinazione di farmaci) che neutralizzerà specificamente i meccanismi di soppressione immunitaria prevalenti in quel singolo caso.

Questa capacità di adattare il trattamento al “ritratto molecolare” unico di ogni tumore è la promessa fondamentale della ricerca in corso: trasformare l’immuno-oncologia da un approccio a volte generalista in un’arma di altissima precisione e personalizzazione clinica.

Lo studio è stato pubblicato su Science Immunology.

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