I ricercatori di Kaiser Permanente Northern California hanno recentemente fornito una prova significativa a sostegno delle recenti modifiche alle linee guida per lo screening del cancro del colon-retto. La loro indagine ha rivelato che gli adulti nella fascia d’età tra i 45 e i 49 anni che si sottopongono alla loro prima colonscopia di screening mostrano tassi di rilevamento di neoplasie paragonabili a quelli riscontrati negli individui di età compresa tra i 50 e i 54 anni. Questa scoperta è particolarmente rilevante, poiché valida l’approccio di iniziare lo screening in una fase più precoce.

L’evoluzione delle linee guida per lo screening del cancro del colon-retto
L’incremento preoccupante dei tassi di cancro del colon-retto tra gli adulti sotto i 50 anni negli Stati Uniti ha reso necessarie delle revisioni alle strategie di screening nazionali. In risposta a questa tendenza, nel 2021, la US Preventive Services Task Force (USPSTF) ha abbassato l’età raccomandata per l’inizio dello screening di routine del cancro del colon-retto da 50 a 45 anni. Questa modifica ha segnato un passo importante verso un approccio più proattivo nella prevenzione e diagnosi precoce della malattia.
Per valutare l’effettivo impatto e l’efficacia dell’abbassamento dell’età raccomandata per lo screening del cancro del colon-retto, i ricercatori hanno intrapreso un approfondito studio di coorte. Questa metodologia di ricerca ha permesso di analizzare in modo sistematico i tassi di rilevamento della neoplasia colorettale all’interno di un gruppo specifico e ben definito di pazienti, fornendo dati cruciali per convalidare le nuove linee guida.

La coorte oggetto di questo studio era composta da un numero significativo di partecipanti: 12.031 adulti specificamente affiliati a Kaiser Permanente Northern California. Tutti questi individui avevano un elemento in comune: si erano sottoposti alla loro prima colonscopia di screening nel periodo compreso tra il 2021 e il 2024. Questo arco temporale è particolarmente significativo, poiché coincide con l’implementazione delle nuove raccomandazioni che anticipano l’età di inizio dello screening. La dimensione estesa della coorte e la chiarezza del periodo di osservazione conferiscono allo studio una robustezza metodologica notevole, aumentando la validità e l’affidabilità dei risultati ottenuti.
I risultati emersi da questa indagine non solo rinforzano la base scientifica a supporto dell’abbassamento dell’età raccomandata per lo screening, ma sottolineano in modo inequivocabile l’importanza cruciale della diagnosi precoce, estendendone la rilevanza anche a fasce d’età più giovani. Questo significa che l’introduzione dello screening a partire dai 45 anni non è solo una misura preventiva, ma un’azione efficace nel rilevare precocemente le neoplasie, potenzialmente migliorando gli esiti per i pazienti. La capacità di individuare la malattia in uno stadio iniziale, prima che possa progredire, è un pilastro fondamentale nella lotta contro il cancro del colon-retto, e questo studio ne conferma la fattibilità e l’efficacia pratica.
Dettagli della coorte dello studio e criteri di esclusione
La ricerca si è basata su una coorte accuratamente selezionata, composta da partecipanti di età compresa tra i 45 e i 54 anni. Un requisito fondamentale per l’inclusione era che ogni individuo avesse almeno un anno di adesione a un piano sanitario prima di sottoporsi alla colonscopia di screening. Questo criterio ha garantito la disponibilità di dati clinici pre-screening e un monitoraggio continuo. Per assicurare l’omogeneità e la rilevanza dei risultati, sono stati esclusi dallo studio tutti i soggetti con una storia pregressa di malattia colorettale, inclusi polipi o tumori, coloro che avevano subito procedure di colonscopia incomplete o che presentavano indicazioni diagnostiche specifiche che avrebbero potuto influenzare i risultati dello screening, come sintomi sospetti.

Lo studio ha mirato a valutare specifici esiti primari legati alla presenza di neoplasie colorettali. Questi includevano il rilevamento di adenomi, ovvero polipi che presentano un potenziale di trasformazione maligna; adenomi avanzati, che indicano un rischio maggiore di progressione a cancro; lesioni sessili dentellate, un tipo di polipo con caratteristiche particolari; lesioni dentellate avanzate, che presentano un rischio significativo; e, naturalmente, la diagnosi di cancro del colon-retto stesso.
Per analizzare le differenze nei tassi di rilevamento, la coorte è stata suddivisa in due gruppi principali: un gruppo più giovane, composto da 4.380 individui di età compresa tra 45 e 49 anni, e un gruppo più anziano, che contava 7.651 soggetti di età compresa tra 50 e 54 anni. Il confronto tra questi due gruppi ha permesso di valutare l’efficacia dello screening in fasce d’età adiacenti ma con diverse raccomandazioni storiche.
L’analisi dei dati ha rivelato differenze significative nei tassi di rilevamento degli adenomi tra i due gruppi d’età. Nel gruppo più giovane (45-49 anni), un adenoma è stato rilevato nel 35,4% dei partecipanti. Nel gruppo più anziano (50-54 anni), la percentuale di rilevamento di adenomi era leggermente superiore, attestandosi al 40,8%.

Sebbene la percentuale sia più bassa nel gruppo più giovane, questa differenza si è rivelata statisticamente significativa, come indicato da un rapporto di rischio aggiustato (aRR) di 0,86 con un intervallo di confidenza al 95% (IC 95%) compreso tra 0,82 e 0,90.Questo dato suggerisce che, pur essendoci una minore probabilità assoluta di trovare un adenoma nella fascia 45-49 anni rispetto a quella 50-54, la frequenza di rilevamento rimane comunque elevata e giustifica ampiamente l’anticipo dell’età dello screening.
Assenza di differenze significative negli esiti clinicamente rilevanti
L’indagine sui tassi di rilevamento di neoplasie colorettali ha mostrato che, al di là degli adenomi, la maggior parte degli altri esiti non ha presentato differenze statisticamente significative tra i due gruppi di età esaminati. Questo dato è cruciale per comprendere il profilo di rischio e l’efficacia dello screening nelle fasce d’età più giovani.
Per quanto riguarda gli adenomi avanzati, la loro incidenza è stata simile tra i gruppi: il 3,8% nei pazienti più giovani rispetto al 4,1% nei pazienti più anziani. Il rapporto di rischio aggiustato (aRR) di 0,90 (IC al 95%, 0,75-1,09) conferma l’assenza di una differenza statisticamente rilevante. Anche la diagnosi di cancro del colon-retto è stata un evento raro e ha mostrato tassi equivalenti in entrambi i gruppi, attestandosi allo 0,1% (aRR, 0,56; IC al 95%, 0,15-2,07).

Questo è un dato particolarmente rassicurante, poiché indica che lo screening a 45 anni non porta a un’eccessiva medicalizzazione con diagnosi di cancro in fase iniziale non clinicamente significativa. Inoltre, i tassi di lesioni sessili dentellate e lesioni dentellate avanzate si sono rivelati equivalenti tra i due gruppi, consolidando ulteriormente l’idea che la patologia precancerosa sia presente in modo comparabile.
In sintesi, la colonscopia di screening eseguita su adulti nella fascia di età tra i 45 e i 49 anni ha dimostrato di produrre percentuali di neoplasie, in particolare quelle clinicamente importanti, che sono del tutto simili a quelle riscontrate nei pazienti più anziani. Questo significa che l’anticipazione dello screening non si traduce solo in un aumento del numero di procedure, ma in un rilevamento significativo di lesioni che richiedono attenzione medica, contribuendo così a una diagnosi e un trattamento più tempestivi.

Questi risultati hanno implicazioni dirette e importanti per la pratica clinica. Suggeriscono che i parametri di riferimento per l’individuazione di adenomi e lesioni dentellate non necessitano di aggiustamenti o di interpretazioni diverse in base all’inclusione di adulti più giovani nel programma di screening. I ricercatori concludono con forza che i dati ottenuti supportano in modo inequivocabile l’attuale raccomandazione di iniziare lo screening del cancro del colon-retto a 45 anni. Questa evidenza fornisce una solida base per una più ampia adozione di tale pratica nei sistemi sanitari, garantendo che un numero maggiore di individui possa beneficiare della diagnosi precoce e, in ultima analisi, di migliori esiti clinici.
Lo studio è stato pubblicato su JAMA.