Uno studio pionieristico ha evidenziato come un approccio personalizzato allo screening del cancro al seno, basato sulla valutazione del rischio individuale piuttosto che su mammografie annuali standardizzate, possa ridurre significativamente l’incidenza di tumori in stadio avanzato. Questa metodologia permette di indirizzare in modo sicuro ogni paziente verso la frequenza di esami più appropriata alle proprie necessità, ottimizzando le risorse e migliorando l’efficacia della prevenzione.

Cancro al seno: un nuovo paradigma per la prevenzione oncologica
I risultati emersi dalla prima fase dello studio WISDOM, che ha coinvolto circa 46.000 donne negli Stati Uniti, supportano con forza il superamento dei modelli basati esclusivamente sull’età anagrafica. Lo studio, coordinato dall’Università della California San Francisco (UCSF), promuove l’adozione di una valutazione completa del rischio come punto di partenza per stabilire un programma di screening ottimale e su misura per ogni donna.

Secondo Laura J. Esserman, direttrice dell’UCSF Breast Care Center e prima autrice della ricerca, queste evidenze sono destinate a trasformare radicalmente le attuali linee guida cliniche. L’obiettivo è modificare la pratica quotidiana dei medici, passando da una prevenzione generica a un sistema più intelligente e mirato che riconosca le differenze biologiche e genetiche tra le pazienti, garantendo a ciascuna la massima protezione possibile.
Il superamento del modello universale di prevenzione
Il cancro al seno rappresenta la patologia oncologica più diffusa tra le donne negli Stati Uniti, preceduta solo dai tumori della pelle. Per decenni, i protocolli di screening hanno operato sotto il presupposto che ogni donna presentasse il medesimo livello di rischio, basando le linee guida quasi esclusivamente sull’età anagrafica. Tuttavia, evidenze scientifiche consolidate indicano che il rischio individuale varia drasticamente da persona a persona. Lo studio WISDOM ha sfidato questo approccio tradizionale, mettendo a confronto la mammografia annuale standard con una strategia dinamica basata sul profilo di rischio del singolo soggetto.
Per determinare il programma di screening ottimale, le partecipanti sono state suddivise in quattro gruppi distinti attraverso modelli di rischio validati che analizzano fattori quali età, genetica, stile di vita, storia clinica e densità mammaria. Alle donne identificate a basso rischio, circa il 26% del campione, è stato consigliato di posticipare lo screening fino ai 50 anni o fino a quando un algoritmo non prevedesse un aumento del rischio.

Al contrario, per la fascia di rischio medio (62%) è stato suggerito uno screening biennale, mentre per l’8% ad alto rischio è rimasta la raccomandazione annuale. Infine, il 2% delle donne nella categoria di rischio massimo ha seguito un protocollo intensivo con due controlli l’anno, alternando mammografia e risonanza magnetica.
L’approccio basato sul rischio non si è limitato alla sola diagnosi precoce, ma ha offerto alle donne nelle categorie più esposte strumenti concreti per la prevenzione attiva. Attraverso consulenze con specialisti e piattaforme decisionali online, le partecipanti hanno ricevuto indicazioni personalizzate su dieta, attività fisica e l’eventuale ricorso a farmaci preventivi.
Questo modello si è dimostrato non solo sicuro, poiché non ha causato un incremento di tumori in stadio avanzato, ma anche estremamente apprezzato dalle pazienti: nell’ambito del gruppo osservazionale, l’89% delle donne ha scelto spontaneamente il percorso personalizzato rispetto a quello standard.
Uno dei contributi più rilevanti dello studio riguarda l’efficacia dei test genetici estesi. WISDOM ha rivelato che il 30% delle donne portatrici di varianti genetiche pericolose non presentava alcuna storia familiare di cancro al seno; secondo le attuali linee guida, a questi soggetti non verrebbe normalmente offerto alcun test.

Oltre ai noti geni BRCA1 e BRCA2, i ricercatori hanno integrato l’analisi del punteggio di rischio poligenico, basato su piccole alterazioni del DNA. Questa precisione diagnostica ha permesso di ricalibrare il livello di rischio per una quota significativa di partecipanti (tra il 12% e il 14%), spostandole verso protocolli di sorveglianza più adeguati.
Spostare l’attenzione e le risorse dalle fasce a basso rischio verso i soggetti più vulnerabili rappresenta, secondo i coordinatori dell’UCSF, un metodo più efficace ed efficiente per gestire la prevenzione oncologica su larga scala. Dal 2016, WISDOM ha coinvolto oltre 80.000 donne, estendendo recentemente l’arruolamento anche alle trentenni per intercettare precocemente forme tumorali aggressive legate a varianti patogene. I risultati ottenuti suggeriscono che una valutazione completa del rischio possa realmente trasformare lo screening in un processo più sicuro, mirato e capace di impattare positivamente sulla salute pubblica.
Identificazione dei fenotipi tumorali aggressivi
Lo studio WISDOM 2.0 rappresenta la naturale e ambiziosa prosecuzione di un percorso di ricerca che mira a scardinare il modello tradizionale di screening “taglia unica”. Attraverso una campagna di reclutamento attiva, questa nuova fase dello studio si propone di affinare ulteriormente gli strumenti di precisione necessari per mappare la vulnerabilità individuale.

L’obiettivo centrale non è semplicemente la diagnosi precoce, ma l’identificazione proattiva dei profili biologici e genetici che predispongono allo sviluppo di patologie oncologiche mammarie, garantendo che ogni donna possa navigare nel sistema sanitario con una strategia di sorveglianza costruita esattamente sulle proprie caratteristiche.
Uno degli aspetti più innovativi di WISDOM 2.0 risiede nel focus specifico sulla biologia del tumore. Non tutti i carcinomi mammari presentano la stessa velocità di crescita o lo stesso potenziale di pericolosità; pertanto, lo studio lavora per distinguere le donne a rischio di sviluppare forme tumorali cosiddette “aggressive” o a crescita rapida.
Identificare precocemente queste pazienti permette di intervenire con protocolli di monitoraggio molto più serrati e sofisticati, spesso integrando tecnologie che vanno oltre la mammografia standard, come la risonanza magnetica mammaria o l’ecografia avanzata, per intercettare eventuali anomalie in una fase in cui il trattamento può essere più risolutivo e meno invasivo.
La visione di WISDOM 2.0 si estende ben oltre il momento dello screening, abbracciando il concetto di prevenzione primaria personalizzata. Per le donne identificate nella fascia di rischio più elevata, lo studio offre una piattaforma di supporto che include opzioni terapeutiche e comportamentali mirate.

Questo approccio può comprendere strategie di prevenzione farmacologica (chemioprevenzione) per i casi ad altissimo rischio genetico, nonché interventi personalizzati sullo stile di vita che tengano conto della predisposizione metabolica e ormonale della paziente. L’integrazione di questi dati permette di costruire un piano d’azione che accompagna la donna nel corso degli anni, adattandosi ai cambiamenti fisiologici e garantendo una tutela costante della salute a lungo termine.
Per raggiungere tale livello di accuratezza, WISDOM 2.0 sfrutta le più recenti scoperte nel campo della genomica e della bioinformatica. Oltre ai test sui geni ad alta penetranza come BRCA1 e BRCA2, il progetto analizza il rischio poligenico e le interazioni tra variabili ambientali e storia clinica. Questi dati vengono elaborati da algoritmi predittivi costantemente aggiornati, capaci di generare un “punteggio di rischio dinamico”. In questo modo, il sistema sanitario può allocare le risorse in modo più intelligente, evitando sovradiagnosi nelle donne a basso rischio e concentrando gli sforzi tecnologici e umani laddove il potenziale di prevenzione è massimo.
Lo studio è stato pubblicato su JAMA.