Ad oggi, il cancro al pancreas è uno dei rumori più ostici da trattare ha poche opzioni terapeutiche, oltre ad una sopravvivenza limitata, con solo il 9% dei pazienti che vive ancora cinque anni dopo la diagnosi. Nonostante questo, un’analisi dettagliata del cancro al pancreas sviluppata da una squadra di ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis ha rivelato nuove importanti informazioni sullo sviluppo del carcinoma pancreatico.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Genetics. Lo studio fa parte del Human Tumor Atlas Network, finanziato dal programma Cancer Moonshot del National Cancer Institute, tutti parte del National Institutes of Health (NIH).
Cancro al pancreas: ecco cosa ha ricevuto la nuova ricerca
Durante i loro studi, i ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis ha rintracciato i dettagli di due punti chiave di transizione nello sviluppo di questi tumori: il passaggio da cellule normali a cellule precancerose e il passaggio da cellule precancerose a cellule cancerose. La comprensione di queste transizioni aiuterà a portare allo sviluppo di nuove terapie più efficaci per il trattamento del cancro al pancreas.
Lo studio ha fornito anche approfondimenti sulla resistenza al trattamento e su come l’immunoterapia potrebbe essere sfruttata per trattare questo tipo di tumore aggressivo. Inoltre, nell’ambito di uno studio clinico di immunoterapia di fase 1 in corso presso il Siteman Cancer Center, con sede presso il Barnes-Jewish Hospital e la Washington University School of Medicine, i ricercatori stanno conducendo le stesse analisi dettagliate eseguite nell’attuale studio per vedere come rispondono i tumori dei pazienti a due farmaci sperimentali che preparano il sistema immunitario ad attaccare un tumore.
“Il cancro al pancreas è così difficile da trattare e per sviluppare trattamenti migliori dobbiamo capire come le cellume del pancreas normali e sane si trasformano in cancerose”, ha affermato il co-autore senior e biologo computazionale Li Ding, Ph.D., il David English Smith Distinguished Professor of Medicine e professore di genetica: “Questo segna la prima volta che queste transizioni sono state mappate in modo così dettagliato nei tumori umani. I nostri risultati stanno evidenziando punti per lo sviluppo futuro di nuove strategie di trattamento per questo cancro mortale”.
La squadra di ricerca ha portato avanti un’analisi approfondita della genetica e della produzione di proteine di 83 campioni di tumore al pancreas donati da 31 pazienti che sino stati reclutati per partecipare allo studio. Gli scienziati hanno osservato come i tumori differissero nel volume e in diverse fasi, durante il trattamento dei pazienti.
“Abbiamo molte istantanee di questi tumori, ma ciò di cui abbiamo veramente bisogno è un film”, ha spiegato il co-autore senior Ryan C. Fields, MD, Kim e il Professor Tim Eberlein Distinguished: “È molto difficile studiare questi tumori nei pazienti in tutto lo spettro del trattamento. Lo scopo della rete Human Tumor Atlas è quello di documentare i tumori nello spazio e nel tempo in modo da avere più un film continuo piuttosto che istantanee distinte”.
Ding, Fields, insieme alla loro squadra di colleghi, incluso il collega co-autore senior David G. DeNardo, Ph.D., Professore di medicina, ha tracciato due punti chiave di transizione nello sviluppo del cancro del pancreas. Uno riguarda lo spostamento delle normali cellule pancreatiche quando diventano precancerose. E il secondo punto di transizione riguarda il passaggio dalle cellule precancerose alle cellule tumorali precoci. Gli studi futuri si concentreranno su un terzo punto chiave di transizione: quello del tumore originale che si sposta verso la malattia metastatica, che si diffonde ad altre parti dell’organismo umano.
Al di là delle mappe delle transizioni, Ding e i suoi colleghi hanno determinato le caratteristiche delle cellule in questi stati transitori, aprendo la porta a strategie future per rilevare le cellule che non sono ancora cancerose ma sono in arrivo, il che potrebbe portare allo sviluppo di modi per prevenire l’inizio del cancro al pancreas.
I ricercatori hanno scoperto che un triplice aumento delle cellule infiammatorie che circondano il tumore, chiamate fibroblasti infiammatori associati al cancro, è fortemente associato alla resistenza alla chemioterapia: “Questi risultati suggeriscono che il targeting dei fibroblasti infiammatori nel microambiente tumorale può essere la chiave per superare la resistenza alla chemio in questi tumori trattati”, ha aggiunto Ding.
Nel complesso, lo studio presenta una serie di nuove strategie e aree da esplorare nella ricerca sul cancro al pancreas. Ding, Fields e DeNardo stanno lavorando su modelli animali preclinici per determinare quali sono più promettenti da indagare nei futuri studi clinici sull’uomo.
Il il Dottor Massimiliano Tuveri, Dirigente Medico presso l’Unità di Chirurgia del Pancreas del Policlinico Borgo Roma di Verona, rispetto alla diffusione del cancro al pancreas, ha dichiarato: “È un aumento piuttosto evidente. Diciamo che entro il 2030, come proiezione, il tumore del pancreas diventerà la seconda causa di morte per tumore dopo quello del polmone. Stiamo parlando di numeri impressionanti”.
“Le ipotesi sono diverse. Innanzitutto, si vive di più ed è chiaro che corriamo tutti il rischio di ammalarci per tumore, in senso lato vale per tutti i tipi. La fascia di età più colpita è quella dai 60 anni in su. Altre cause sono rappresentate dall’incremento ponderale (sovrappeso e obesità), il diabete mellito di tipo II, una storia di pancreatite cronica, in particolare le forme cosidette ereditarie. A questo concorrono sicuramente uno stile di vita non congruo: il fumo, l’abuso di alcolici, ambiente inquinato. Il pancreas per certi versi è molto sensibile agli stessi fattori di rischio del polmone”.
“L’alimentazione gioca un ruolo di primissimo piano ma molto poco conosciuto e quindi sottovalutato. Non si tratta infatti semplicemente del fatto che mangiamo cibi molto sofisticati e molto ricchi soprattutto di grassi, oltre al cosidetto “junk food”. E’ l’apporto calorico eccessivo che fa la vera differenza. Molti pazienti giungono alla nostra osservazione sovrappeso o con franca obesità”.
“Viene spesso sottovalutato, in quanto poco noto, il fatto che il processo digestivo sia uno dei processi più complessi che avvengano nel nostro l’organismo. Questo processo coinvolge e sollecita il sistema immunitario. Il sistema immunitario, per esemplificare, è come un esercito. Se noi impieghiamo in modo continuativo, cronico, parte di questo esercito nell’attività digestiva, sguarniamo altre attività di controllo”.
“Sappiamo infatti da ampia letteratura che il paziente obeso è più predisposto a sviluppare tumori. Inoltre, i cibi molto calorici e sofisticati impongono un impegno digestivo e un surplus di attività da parte del pancreas. Una regolare attività fisica e mangiare sano ed equilibrato con un giusto apporto calorico sono la condizione necessaria, non sufficiente, per mantenere l’organismo in forma. Devono cioè convergere tanti fattori anche se il ruolo principale è svolto dal proprio patrimonio di DNA”.
Per quanto riguarda l’alto tasso di mortalità del cancro al pancreas, il Professor Tuveri ha spiegato che: ” Fondamentalmente abbiamo una grossa differenza tra quelli che interessano la testa pancreatica e quelli che interessano il corpo e la coda. La diagnosi è sempre più tardiva nei tumori del corpo e della coda, perché nei tumori che interessano la testa abbiamo spesso la compressione del coledoco, un condotto che porta la bile dal fegato all’intestino allo scopo di completare il processo digestivo. Questo fa sì che il paziente non possa più secernere la bile a livello intestinale creando la condizione detta di ittero (il paziente assume un colorito tendente al giallo, in quanto la bilirubina viene riversata nel sangue)”.
“Questo per quanto possa allarmare il paziente è spesso un segno importantissimo che ci permette di fare una diagnosi precoce. Questo non si verifica nei tumori del corpo o della coda per cui nel computo totale circa l’80% di questi tumori siano inoperabili al momento della diagnosi. Sono purtroppo i numeri crudi di questa malattia. Noi oggi operiamo poco più del 20% dei pazienti che arrivano alla nostra osservazione, gli altri non andranno mai al tavolo operatorio”.
” È stato visto purtroppo che i famosi “check-up”, che andavano molto di moda negli anni ’80 e ’90, non hanno assolutamente ridotto la mortalità per questo tipo di tumori. Io penso che comunque sia un’ecografia annuale dopo i 40 anni possa essere utile. Anche qui bisogna sottolineare che il pancreas è una ghiandola situata molto in profondità nella cavità addominale, quindi studiarla diventa veramente complesso. Quindi occorre che chi fa l’ecografia sia molto esperto perché molto spesso la presenza dell’intestino che si sovrappone non permette di studiarla”.
” L’inesperienza dell’operatore o pazienti con situazioni anatomiche non favorevoli (interposizione del colon o pazienti obesi) portano a risultati inconcludenti. Un’ecografia periodica potrebbe non diagnosticare in tempo un tumore del pancreas. Io credo che sia sempre meglio, per tutti i tumori compreso il pancreas, lavorare sui fattori di rischio: fumo, alcol, alimentazione. Diciamo che per tutto il resto chiaramente la differenza la fa il DNA: se uno nasce con scarsa predisposizione può permettersi molte cose, mentre chi nasce con delle mutazioni genetiche che permettono lo sviluppo di un tumore percorre tutta un’altra strada”.
“Un possibile aiuto può venire dai marcatori tumorali, che tuttavia risultano non specifici per una singola forma di tumore. Rappresentano però un utile strumento da interpretare insieme agli altri esami diagnostici”, ha concluso lo scienziato.
Secondo la Fondazione Veronesi, in Italia, il cancro al pancreas: “È in aumento e senza valide risposte terapeutiche resta l’emergenza attuale per gli oncologi europei, che l’hanno segnalato come “osservato speciale” nel rapporto sulle stime di mortalità per tumore in Europa nel 2021 (insieme ai tumori del polmone nelle donne).Parliamo di uno dei tumori che mostra il numero di nuove diagnosi in crescita costante, la quarta causa di morte per cancro in Europa e, fra le forme di cancro più diffuse, è l’unico che non ha visto miglioramenti nelle chance di sopravvivenza negli ultimi trent’anni”.
Secondo l’ultimo rapporto sulla mortalità per cancro in Europa, nel 2021 si conteranno oltre 84.000 vittime in Europa per tumori del pancreas. In Italia nel 2020 si stimano 14.300 nuove diagnosi e 12.400 vittime.
Carlo La Vecchia, epidemiologo presso l’Università di Milano, ha così commentato: “Fra i principali tumori, il cancro al pancreas è il quarto più comune e resta l’unico a non mostrare una riduzione nei tessi di mortalità negli ultimi trent’anni in Europa, tanto negli uomini quanto nelle donne. È importante che i governi e i decisori politici reperiscano risorse adeguate per la prevenzione, la diagnosi precoce e per la gestione del cancro al pancreas, al fine di migliorare questi trend nel prossimi futuro”.
” Se il tumore è scoperto in fase precoce è più semplice curarlo con efficacia, ma nella maggior parte dei casi si presenta già in uno stadio avanzato. Evitare il fumo e il consumo eccessivo di alcol, controllare il peso e il diabete sono i mezzi più importanti di cui disponiamo per prevenire la malattia, ma contano solo per una parte dei farmaci nuovi e mirati stanno portando qualche miglioramento nelle terapie, ma è difficile, al momento, quantificare il loro impatto potenziale”, ha aggiunto il Professor La Vecchia.
“In attesa di buone notizie dal mondo della ricerca, resta la consapevolezza che l’ottimismo non basta. Servono investimenti adeguati per sostenere gli studi su nuovi farmaci, su biomarcatori utili alla diagnosi precoce, sull’ottimizzazione delle terapie in centri specializzati. Servono investimenti adeguati sulla prevenzione, per incentivare abitudini alimentari sane e movimento, limitare l’uso di tabacco e aiutare chi vuole smettere di fumare (agire oggi significa impattare sulla qualità di vita e sui dati epidemiologici fra trent’anni)”, si legge sul sito dedicato alla Fondazione Veronesi.