Sono stati scoperti dei campi magnetici i quali spiegano dei buchi neri che nemmeno dovrebbero esistere. Ed è una scoperta sorprendente.
Nel 2023, gli osservatori LIGO-Virgo-KAGRA hanno registrato un evento senza precedenti: due buchi neri estremamente massicci si sono scontrati a circa 7 miliardi di anni luce da noi; le loro dimensioni e la velocità di rotazione erano talmente elevate da mettere in crisi tutte le teorie note.

Ora, un team del Center for Computational Astrophysics (CCA) del Flatiron Institute, insieme ad altre istituzioni, ha individuato la chiave mancante nel puzzle: i campi magnetici.
“Finora nessuno li aveva davvero considerati nei modelli. Gli astronomi si erano limitati a trascurarli per semplicità“. spiega Ore Gottlieb, astrofisico del CCA e autore principale dello studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters. “Ma una volta che includi i campi magnetici, tutto inizia a tornare.“
Il caso GW231123: la collisione che non doveva accadere
L’evento è stato battezzato GW231123, e ha lasciato perplessa la comunità scientifica.
Quando una stella molto massiccia esaurisce il proprio combustibile, esplode in una supernova, lasciando un buco nero di massa inferiore.
Tuttavia, se la stella si trova in una particolare fascia di massa (circa tra 70 e 140 masse solari), subisce un’esplosione così violenta (detta supernova a instabilità di coppia) da distruggerla completamente, senza lasciare nulla dietro di sé.
Eppure, i due buchi neri coinvolti in GW231123 rientravano proprio in quel “vuoto proibito”. Come era possibile?
Le simulazioni sui campi magnetici che hanno cambiato le regole
Per capirlo, il team del CCA ha eseguito simulazioni in due fasi; prima hanno modellato la vita e la morte di una stella di 250 masse solari, che al momento dell’esplosione si era ridotta a circa 150 masse solari, dando origine a un buco nero appena sopra il limite teorico.
Poi hanno aggiunto i campi magnetici; a differenza dei modelli classici, che assumevano che tutta la materia residua finisse nel buco nero, le simulazioni magnetiche hanno mostrato uno scenario molto diverso: una parte significativa della materia viene espulsa nello spazio a velocità prossime a quella della luce.
In pratica, i campi magnetici agiscono come una forza che “soffia via” parte della materia, impedendole di cadere nel buco nero e questo riduce la massa finale del buco nero, portandola proprio nella zona del cosiddetto “mass gap”, quella che prima si riteneva irraggiungibile.
“La combinazione tra rotazione e campi magnetici può modificare radicalmente il destino di una stella in collasso“, commenta Gottlieb. “il buco nero risultante può avere una massa molto inferiore rispetto a quella della stella originale.“
Una nuova legge tra massa e rotazione
Le simulazioni rivelano anche una possibile relazione diretta tra la massa e la velocità di rotazione dei buchi neri.
Campi magnetici forti rallentano la rotazione e riducono la massa; campi più deboli la aumentano. In altre parole, più magnetismo significa buchi neri più piccoli e più “lenti”, meno magnetismo significa buchi neri più grandi e più “veloci”.

Questa scoperta potrebbe aprire la strada a una nuova legge cosmica che colleghi massa e spin dei buchi neri, una connessione che le prossime osservazioni potrebbero finalmente confermare.
Lampioni gamma nel buio dello spazio
Un altro risultato interessante: le simulazioni indicano che questi processi magnetici potrebbero generare lampi di raggi gamma al momento della formazione dei buchi neri; se tali emissioni venissero osservate, sarebbero una prova diretta della validità del modello e permetterebbero di capire quanto siano comuni i buchi neri “impossibili”.
Un nuovo tassello nel mistero dell’universo
La scoperta del Flatiron Institute non solo spiega una collisione che sembrava sfidare le leggi della fisica, ma ridefinisce anche il modo in cui gli scienziati guardano ai buchi neri: non più semplici mostri gravitazionali, ma prodotti complessi dell’interazione tra gravità, rotazione e magnetismo cosmico.

Una lezione, forse, anche per noi: a volte la forza invisibile che tiene insieme l’universo… è proprio quella che tendiamo a ignorare.