Siamo bipedi per colpa (o merito) di un cambio di piano evolutivo nel bacino. E ora sappiamo anche chi ha scritto il codice: si tratta di tre geni chiave che hanno rimodellato il nostro scheletro, rendendo possibile il passo eretto. Lo rivela un nuovo studio pubblicato su Nature dal team della Harvard University, che ha analizzato tessuti embrionali umani e di altre specie di primati.
In parole semplici? La forma del nostro bacino non è “umana” per caso. È il risultato di due mutazioni ben precise, che ci hanno separati dalle scimmie africane e ci hanno fatto alzare in piedi. E no, non è successo tutto in una volta.
La rivoluzione del bacino: due mosse chiave

La ricerca mostra che il bacino umano ha subito due fasi distinte di modifica evolutiva:
- Primo step: lo spostamento di una placca di accrescimento durante lo sviluppo embrionale. In pratica, un asse di crescita dell’osso è stato ruotato di 90 gradi, trasformando l’ileo da alto e stretto (come nelle scimmie) a basso e largo, com’è tipico nell’uomo.
- Secondo step: una modifica del “timing” dell’ossificazione. La parte interna delle ossa iliache ha iniziato a ossificarsi con 16 settimane di ritardo rispetto ad altre regioni. Questo ha permesso un rimodellamento più profondo e flessibile del bacino.
Risultato: una struttura più stabile e adatta al bipedismo, capace di sostenere il corpo durante la deambulazione.
I 3 geni che ci hanno fatto diventare bipedi
Grazie alle analisi molecolari su singole cellule, i ricercatori hanno identificato oltre 300 geni coinvolti in questi cambiamenti, ma tre di loro spiccano per ruolo centrale:
- SOX9
Regola lo sviluppo della cartilagine e controlla lo spostamento della placca di accrescimento. Senza di lui, addio rotazione del bacino. - PTH1R
Agisce come interruttore temporale nei processi di crescita ossea. In tandem con SOX9, sincronizza il primo grande cambiamento. - RUNX2
È il motore dell’ossificazione. Determina quando e dove le ossa iniziano a indurirsi, e quindi gioca un ruolo chiave nella seconda fase evolutiva.
Tre lettere, una svolta epocale: da quadrupedi a bipedi.

Com’è stato fatto lo studio
Il team ha analizzato 128 campioni di tessuti embrionali provenienti da umani e da 20 specie diverse di primati, conservati in musei europei e americani. In più, hanno avuto accesso a tessuti umani freschi raccolti dal Birth Defects Research Laboratory dell’Università di Washington.
Le tecniche usate? TAC ad alta risoluzione, microscopia 3D e analisi del trascrittoma (cioè quali geni sono accesi in ogni singola cellula). Un lavoro di precisione chirurgica.
Quando è iniziato tutto?
Secondo i ricercatori, questi cambiamenti hanno avuto tempi diversi:
- Il riorientamento delle placche di crescita sarebbe iniziato tra 5 e 8 milioni di anni fa, proprio quando i nostri antenati si sono separati dalle scimmie africane.
- Il ritardo nell’ossificazione potrebbe essere un’aggiunta molto più recente: negli ultimi 2 milioni di anni, quindi nella fase più “umana” della nostra evoluzione.
Il bacino, insomma, è rimasto un terreno attivo per l’evoluzione per milioni di anni.
Perché è importante?

Capire questi meccanismi non serve solo a soddisfare la curiosità sugli ominidi. Ha implicazioni concrete:
- Aiuta a capire malformazioni congenite del bacino e displasie.
- Fornisce strumenti per studiare l’evoluzione della locomozione nei primati.
- Potrebbe aprire nuove vie nello studio delle patologie ossee e articolari.
In più, getta luce su quanto sia stato radicale il passaggio al bipedismo, non come una “mutazione magica”, ma come una riprogrammazione genetica in due fasi.
Siamo ciò che camminiamo
Camminare eretti è una delle caratteristiche che più ci distingue nel regno animale. Ora sappiamo che non è stato un colpo di fortuna, ma un’operazione lenta, complessa e geneticamente orchestrata.
Una specie che si alza in piedi è una specie che ha liberato le mani, cambiato il modo di vedere il mondo e iniziato a trasformare l’ambiente.
Il tutto, cominciando da tre geni. E da un bacino.