Tre categorie, un anello mancante: nel panorama cosmico dei buchi neri esistono tre classi principali: quelli di massa stellare (5–50 masse solari), i supermassicci (milioni o miliardi di masse solari), e infine i cosiddetti buchi neri di massa intermedia e questi ultimi, rari e poco compresi, si collocano tra le 100 e le 300 masse solari, e sono considerati i “missing link” nell’evoluzione dei buchi neri.
Nuovi studi svelano le tracce dei giganti nascosti
Un team della Vanderbilt University, guidato dal prof. Karan Jani, ha pubblicato quattro nuovi studi che gettano nuova luce su questi enigmatici oggetti cosmici; i dati provengono dalle rilevazioni delle onde gravitazionali registrate da LIGO (USA) e Virgo (Italia).

Nel paper principale, pubblicato su Astrophysical Journal Letters, i ricercatori hanno rianalizzato eventi gravitazionali associati a fusioni di buchi neri di massa superiore alle 100 masse solari — tra i più pesanti mai rilevati.
“I buchi neri sono fossili cosmici. Questi nuovi dati ci aprono una finestra sulle prime stelle dell’universo”, afferma Jani.
LISA: l’occhio spaziale sul futuro delle onde gravitazionali
Poiché i rilevatori terrestri riescono a cogliere solo l’istante finale della fusione, per saperne di più il team ha guardato al futuro: LISA, la missione congiunta NASA-ESA che partirà negli anni 2030, sarà in grado di monitorare queste fusioni anni prima del loro evento finale.

Due articoli pubblicati su Astrophysical Journal dimostrano che LISA potrà rivelare l’origine, l’evoluzione e il destino di questi buchi neri ben prima della loro collisione finale.
IA al servizio delle onde gravitazionali
In parallelo, un altro studio ha affrontato una delle sfide principali: distinguere il segnale dalle interferenze. Grazie a modelli basati su intelligenza artificiale, il team ha mostrato come riconoscere segnali autentici da artefatti di rumore, anche nei casi più estremi.
Questo lavoro rientra nel programma AI for New Messengers, condotto in collaborazione con il Data Science Institute di Vanderbilt.
E la Luna? Il futuro delle osservazioni passa da lì
La prossima frontiera potrebbe non essere solo spaziale, ma lunare; la dott.ssa Anjali Yelikar ha annunciato che il team sta valutando l’uso della superficie lunare come piattaforma per rivelatori.

“Dalla Luna potremmo accedere a frequenze più basse, impossibili da rilevare da Terra, scoprendo anche dove vivono questi buchi neri”, afferma Yelikar.
Scienza lunare e visione strategica
Il prof. Jani parteciperà inoltre a uno studio della NASA e delle Accademie Nazionali USA per identificare le destinazioni lunari più adatte alla ricerca astrofisica del prossimo decennio.
Come membro del Panel on Heliophysics, Physics, and Physical Science, Jani contribuirà a stabilire gli obiettivi scientifici per l’esplorazione umana della Luna, con focus su fisica solare, meteo spaziale e astrofisica fondamentale.
Una nuova generazione di scienziati… lunari?
“Siamo in un momento storico emozionante: possiamo unire l’esplorazione lunare alla ricerca astrofisica. Formiamo ora una nuova generazione, che scoprirà i segreti dell’universo… dalla Luna”, conclude Jani.