Nel complesso e spesso spietato scenario della sopravvivenza naturale, ogni creatura sviluppa strategie uniche per prosperare. Un raro insetto, il bruco collezionista di ossa, confinato alle pendici montuose dell’isola di O’ahu, ha evoluto un approccio predatorio a dir poco straordinario.

Il bruco collezionista di ossa: un predatore infiltrato nel mondo dei ragni
Questo particolare tipo di bruco, che gli scienziati hanno soprannominato con l’inquietante appellativo di “collezionista di ossa”, non solo si discosta dalla dieta tipicamente vegetariana dei suoi simili nutrendosi di carne, ma pratica anche il cannibalismo. La sua strategia di caccia più sorprendente, tuttavia, risiede nella sua abilità di travestirsi utilizzando frammenti corporei di insetti morti. Questo macabro camuffamento gli permette di avvicinarsi furtivamente ai ragni, eludendo la loro vigilanza e sottraendo le prede direttamente dalle loro chele.
Questo comportamento singolare non è stato osservato in nessun’altra specie di bruco conosciuta. La rarità di questo insetto è ulteriormente sottolineata dal fatto che solo 62 esemplari sono stati avvistati nel corso di vent’anni di meticolose ricerche sul campo. Questi dati suggeriscono che il “collezionista di ossa”, recentemente descritto dalla scienza, sia una specie vulnerabile che necessita di misure di conservazione mirate per garantirne la sopravvivenza nel nostro ecosistema. L’insetto appartiene al genere Hyposmocoma ed è stato formalmente descritto in un recente articolo scientifico, ampliando la nostra conoscenza sulla biodiversità unica delle Hawaii.

I bruchi rappresentano lo stadio larvale degli insetti appartenenti all’ordine dei Lepidotteri, che comprende farfalle e falene. Nella loro fase adulta, la maggior parte di questi insetti si nutre prevalentemente di materiale vegetale, e le loro larve generalmente seguono la stessa dieta erbivora.
È un’immagine comune osservare i bruchi intenti a rosicchiare foglie. Le specie carnivore tra i lepidotteri costituiscono una rarità significativa, rappresentando solo lo 0,1% delle specie di farfalle e falene conosciute. Data la limitata agilità dei bruchi, la dieta delle specie carnivore include spesso prede lente o stazionarie, come le cocciniglie che si ancorano ai tronchi degli alberi, le larve di vespe e formiche, e le uova di altri insetti.
La tattica di caccia del “collezionista di ossa” si basa su un audace avvicinamento ai ragni. Un team di ricerca guidato dall’entomologo Daniel Rubinoff dell’Università delle Hawaii a Mānoa ha condotto osservazioni approfondite di questa specie nel suo habitat naturale e ha raccolto diversi esemplari per studiarne il comportamento in condizioni controllate di laboratorio. Le abitudini di vita di questo bruco si discostano notevolmente da quelle tipiche della sua categoria, rivelando un adattamento predatorio senza precedenti.
Astuzia e cannibalismo nel mondo dei ragni
Nel suo ambiente naturale, il bruco collezionista di ossa dimostra un’ingegnosità sorprendente per garantirsi la sopravvivenza. La sua strategia inizia con l’individuazione di ragnatele nascoste, spesso situate in luoghi protetti come sotto la corteccia degli alberi. Qui, il bruco raccoglie meticolosamente frammenti non commestibili di insetti morti, utilizzandoli per costruire una sorta di “cappotto” protettivo, tenuto insieme da fili di seta prodotti dal suo stesso corpo.

Una volta infiltrato nella ragnatela, il bruco si nutre avidamente di tutti gli insetti rimasti intrappolati, non disdegnando nemmeno gli involucri di seta che il ragno ha precedentemente utilizzato per avvolgere le sue prede e conservarle per un consumo successivo. Questa audace intrusione e il furto di cibo evidenziano l’adattabilità e l’opportunismo di questa specie di bruco. Le osservazioni dei ricercatori hanno rivelato la coesistenza di questi bruchi con diverse specie di ragni, sorprendentemente nessuna delle quali era originaria delle Hawaii. Questa convivenza con predatori non nativi suggerisce una notevole capacità di adattamento del bruco a diversi contesti ecologici e a diverse specie di aracnidi.
Negli esperimenti condotti in laboratorio, ai bruchi è stata offerta una varietà di materiali per la costruzione dei loro nidi protettivi. In modo significativo, i bruchi hanno selezionato quasi esclusivamente parti del corpo di altri insetti o exuvie di ragno (la pelle che mutano), ignorando completamente frammenti di rametti, foglie o corteccia.
Questa netta preferenza per i resti di insetti sottolinea la loro specializzazione e il potenziale ruolo di questi materiali nel loro mimetismo. Quando ai bruchi non venivano fornite parti di insetti, essi rifiutavano qualsiasi altro materiale offerto. Questa osservazione rafforza l’idea che i resti di insetti non siano solo utilizzati per il camuffamento, ma potrebbero anche avere un ruolo nella loro alimentazione o in qualche altra esigenza biologica specifica.
“Dato il contesto”, scrivono i ricercatori, “è possibile che la serie di parti del corpo parzialmente consumate e di pelli di ragno cadute che ricoprono la cassa formino un efficace mimetismo nei confronti di un ragno padrone di casa; i bruchi non sono mai stati trovati predati dai ragni o avvolti nella seta di ragno”. Questa ipotesi suggerisce che il macabro “cappotto” del bruco lo renda invisibile o non minaccioso agli occhi del ragno ospite, permettendogli di agire indisturbato all’interno della ragnatela.

In condizioni di cattività, i bruchi hanno dimostrato un comportamento predatorio generalizzato, nutrendosi di qualsiasi insetto vivo, lento o immobilizzato. Tutto era considerato un bersaglio legittimo, persino i propri simili. Quando più bruchi venivano posti insieme, uno di essi era in grado di aprire il guscio protettivo dell’altro, entrare e nutrirsi dell’inquilino.
Questo comportamento cannibalistico potrebbe rappresentare una strategia per ridurre la competizione alimentare all’interno di una singola ragnatela, limitando la presenza a un solo intruso. Tuttavia, questa tendenza al cannibalismo implica anche che la specie non beneficia della forza del numero, rendendola potenzialmente più vulnerabile a minacce esterne.
Il futuro incerto del bruco collezionista di ossa
L’analisi del genoma del bruco collezionista di ossa rivela una storia evolutiva profonda, suggerendo che la sua comparsa sulla Terra risale a un periodo compreso tra 15 e 9 milioni di anni fa. Questa datazione è significativa in quanto precede di milioni di anni la formazione dell’isola hawaiana più antica attualmente esistente, il che implica che in un’epoca remota questa specie di bruco godeva di una distribuzione geografica ben più ampia.
Oggi, la realtà per il collezionista di ossa è drasticamente diversa. Il suo areale è confinato a una minuscola area di soli 15 chilometri quadrati (circa 5,8 miglia quadrate), isolata in una singola foresta situata su un’unica catena montuosa dell’isola di O’ahu. Questa estrema restrizione geografica rende la specie particolarmente vulnerabile a qualsiasi perturbazione ambientale che possa colpire il suo habitat limitato.

Si presenta una duplice necessità nei confronti di questo straordinario piccolo bruco. In primo luogo, è fondamentale intensificare gli sforzi di ricerca per comprendere appieno i meccanismi alla base della sua singolare strategia di sopravvivenza, il suo adattamento alla vita all’interno delle ragnatele e la sua evoluzione nel corso di milioni di anni. In secondo luogo, è imperativo implementare misure di protezione efficaci per salvaguardare la specie dalle crescenti pressioni ambientali che minacciano il suo fragile ecosistema. Tra queste minacce spicca l’aumento del numero di specie invasive che competono per le risorse o predano il bruco nel suo habitat isolato.
“Senza un’attenzione alla conservazione”, scrivono con preoccupazione i ricercatori, “è probabile che l’ultimo rappresentante vivente di questa stirpe di bruchi carnivori, collezionisti di parti del corpo e adattati a un’esistenza precaria tra le ragnatele, scomparirà”. Questa affermazione sottolinea la gravità della situazione e l’importanza di un intervento umano tempestivo e mirato per evitare la perdita di un esempio unico e affascinante dell’ingegno evolutivo della natura. La scomparsa del bruco collezionista di ossa rappresenterebbe non solo la perdita di una singola specie, ma anche la sparizione di un’intera stirpe adattata a una nicchia ecologica straordinaria.
La ricerca è stata pubblicata su Science.