Una scoperta recente sta facendo discutere il mondo della scienza e promette di rivoluzionare il nostro modo di vedere la biodiversità sul pianeta.
Pubblicato il 4 giugno sulla prestigiosa rivista Nature Ecology & Evolution, lo studio guidato dall’Università di Umeå (Svezia) con il contributo dell’Università di Reading (UK) e altri istituti internazionali propone una regola sorprendentemente semplice ma universale: la maggior parte delle specie viventi si concentra in piccole aree “hotspot”, da cui si diffonde gradualmente verso l’esterno, ma con una presenza sempre più rarefatta.
Biodiversità: tutto parte da un nucleo
In ogni regione della Terra (che si tratti delle foreste tropicali, delle savane africane o delle acque oceaniche) esiste un’area centrale, un vero e proprio cuore pulsante della biodiversità. È qui che si trovano le condizioni ambientali ideali: temperatura, umidità, risorse e habitat adatti. Da questi “cuori ecologici”, la vita si irradia verso l’esterno; tuttavia, solo una parte delle specie riesce ad adattarsi ai territori circostanti, creando una sorta di gradiente naturale di sopravvivenza.

Rubén Bernardo-Madrid, autore principale dello studio, lo riassume così: “In ogni bioregione c’è sempre un’area dove si concentra la maggior parte delle specie. Da lì si espandono, ma solo poche riescono a sopravvivere più lontano. Quelle zone centrali sono vere fonti di vita.”
Una regola che vale per tutto
I ricercatori hanno analizzato la distribuzione di specie appartenenti a gruppi molto diversi: anfibi, uccelli, libellule, mammiferi, razze marine, rettili e alberi. Con strategie di vita completamente differenti – chi vola, chi nuota, chi striscia o resta immobile – ci si sarebbe aspettati una grande varietà di modelli. E invece no: ovunque sulla Terra si osserva lo stesso schema.

La spiegazione sta in un concetto chiave dell’ecologia chiamato filtro ambientale. In parole semplici, ogni ambiente seleziona solo le specie che riescono a sopportarne le condizioni: caldo, freddo, siccità, salinità, altitudine… Il resto viene “filtrato” dalla selezione naturale.
Come spiega la professoressa Manuela González-Suárez, coautrice dello studio: “Non importa quale sia il limite: il meccanismo è sempre lo stesso. Solo le specie compatibili con l’ambiente riescono a stabilirsi e a sopravvivere.”
Perché è importante?
Scoprire che la vita segue regole così prevedibili ha implicazioni enormi. Non solo ci aiuta a capire meglio come si è evoluta la biodiversità, ma può anche diventare uno strumento fondamentale per prevedere come gli ecosistemi reagiranno ai cambiamenti climatici globali.

E non solo: proteggerli significa proteggere l’intero equilibrio ecologico e secondo Jose Luis Tella, ricercatore spagnolo coinvolto nello studio: “Salvaguardare questi hotspot è fondamentale: sono le priorità assolute per qualsiasi strategia di conservazione.”
Una guida per orientarsi in futuro?
In un’epoca in cui il riscaldamento globale, la deforestazione e l’inquinamento minacciano gli equilibri naturali, avere una mappa prevedibile della biodiversità può fare la differenza e sapere dove concentrare gli sforzi di protezione è come avere una bussola biologica per orientarsi nel caos ecologico del nostro tempo.
Alla fine della fiera, questo studio ci ricorda che, nonostante la complessità della vita, esistono regole semplici che la governano e forse è proprio in quella semplicità che possiamo trovare una chiave per custodirla.