Due metri di statura. Una lancia con quattro punte in pugno. Un tumulo di pietra monumentale tutto per lui. Questa è l’ultima scoperta archeologica che arriva dalle steppe dell’Azerbaijan occidentale, e potrebbe riscrivere più di un capitolo sulla civiltà del Caucaso dell’Età del Bronzo.
Il guerriero dimenticato da 3.800 anni
Siamo nella piana di Ceyranchol, zona di Yovsanlidere, al confine occidentale del paese. Qui, sotto 28 metri di diametro di terra e pietre, un gruppo di archeologi ha scavato un kurgan una tomba cerimoniale di epoca nomade che custodiva i resti perfettamente posizionati di un uomo di oltre 2 metri. Per capirci: nel 1800 a.C. era come trovare uno Shaquille O’Neal in mezzo ai pastori guerrieri della steppa.
E in mano? Una lancia di bronzo con quattro punte. Oggetto rarissimo per la regione, tanto che gli studiosi faticano a trovare un precedente nell’intero Caucaso meridionale. E già questo basterebbe per far drizzare le antenne.
Una tomba costruita per impressionare

Non parliamo di una sepoltura qualsiasi. Il tumulo era alto oltre due metri e protetto da 14 lastre in calcare del peso di una tonnellata ciascuna, disposte faccia a faccia sotto la superficie. All’interno, un’idolo scolpito a forma di toro (non proprio il souvenir che ti aspetti), una camera funeraria divisa in tre settori e un sigillo circolare in pietra.
La camera era lunga sei metri e larga due: in una sezione c’era lo scheletro, nell’altra vasi ceramici decorati, e in quella più enigmatica… assolutamente niente. Vuota. Come se fosse uno spazio lasciato apposta per ospitare qualcosa di intangibile. L’anima, forse? Secondo il Ministero della Cultura azero, sì: potrebbe essere il “luogo di riposo” dello spirito.
Oro no, ma simboli e potere sì
Oltre alla celebre lancia, il corredo includeva ornamenti in bronzo (come le cavigliere), strumenti in ossidiana, perle in pasta vitrea e resti animali cotti all’interno dei vasi. Un pasto per il viaggio nell’aldilà, molto più pratico di mille geroglifici.
E no, non c’era oro. Ma in questo caso la ricchezza non sta nel metallo, ma nel simbolismo. Un corpo gigantesco, un’arma unica, un culto legato a idoli e spazi rituali. Questo era un uomo che contava.
Keshikchidagh, il cuore nascosto dell’archeologia
Il ritrovamento è solo l’ultima perla di un lavoro lungo cinque anni nella riserva archeologica di Keshikchidagh, vero e proprio hotspot per scavi nel Caucaso. Oltre 2.000 persone tra studiosi e volontari stanno lavorando per decifrare i segreti dell’area.
Ora si attende la conferma delle datazioni con analisi al carbonio 14 e test isotopici: ci diranno di più sull’origine di quest’uomo, sulla sua dieta, sui suoi spostamenti. Ma intanto, l’impatto è già chiaro: ci troviamo davanti a un individuo di status elevatissimo, sepolto con cura in un tempo in cui il potere si esprimeva anche (e soprattutto) nella morte.
Perché ci interessa (più di quanto pensi)
La scoperta cambia la narrazione su più fronti. Primo: dimostra l’esistenza di élite militari strutturate già nel 1800 a.C. in una regione spesso trascurata nei libri di storia. Secondo: aggiunge un tassello cruciale al puzzle delle civiltà protourbane del Caucaso, che avevano reti di scambio, rituali complessi e strutture sociali ben definite. Terzo: ci ricorda quanto poco sappiamo davvero del passato, e quanto ogni centimetro scavato possa ribaltare interi paradigmi.
Ah, e poi c’è lui. Il guerriero alto due metri con una lancia aliena. Impossibile non restarne affascinati.