Ogni anno 230.000 italiani in media subiscono la frattura di una o più ossa. La gravità della diagnosi può portare a diverse conseguenze: da una microfrattura, risanabile con il gesso o con un tutore, a fratture multiple e scomposte, alle quali non c’è altra soluzione che l’amputazione.
Il tasso di lesioni ossee cresce di anno in anno a causa dell’invecchiamento demografico della popolazione e dell’aumento dell’attività sportiva. Inoltre, il 5-10% di fratture di ossa lunghe evolve in guarigioni ritardate o, addirittura, in una recrudescenza, specialmente in soggetti più anziani.
Per tale motivo è importante “prendere spunto” in campo medico da animali in grado di rigenerare in modo più efficiente i propri tessuti, come axolotl.
Un recente studio pone i riflettori su axolotl, un anfibio urodelo in grado di far rinascere completamente arti amputati.
Axolotl, il Peter Pan delle salamandre
La vita è un processo evolutivo: tutti gli animali attraversano diversi stadi per trasformarsi da cuccioli ad adulti. Alcuni di essi mantengono le stesse sembianze anche in età matura, come noi umani e i comuni animali domestici; altri, invece, attraversano un processo di metamorfosi, trasformando completamente sia il loro aspetto che il loro stile di vita.
Un esempio di animali che effettuano questa trasformazione è costituito dalle salamandre. Le specie facenti capo al genere Salamandra sono sette e sono tutte anfibi urodeli. Questi animali posseggono un ciclo vitale molto caratteristico: trattandosi di specie ovovivipare, le larve vengono deposte in acqua, dove crescono fino alla metamorfosi, il processo che le condurrà alla vita adulta completamente terrestre.
Axolotl, il cui nome scientifico è Ambystoma mexicanum, è una salamandra “bizzarra”, poiché raggiunge la maturità sessuale allo stadio larvale e trascorre l’intera vita come larva.
Questa sua particolarità la rende un animale con una grande capacità rigenerativa: è, infatti, capace di riformare completamente gli arti amputati e alcuni organi.
Prima di procedere in dettaglio con la ricerca, comprendiamo al meglio come avvenga il processo rigenerativo in generale.
Come avviene la rigenerazione tissutale?
Il processo di rigenerazione di organi e tessuti è molto importante in campo animale, consentendo di riparare a un danno esterno, che altrimenti potrebbe risultare letale.
Le varie specie possono adottare strategie diverse, ma, in generale, possono essere identificate delle linee guida seguite da tutti gli organismi. Principalmente si possono distinguere due tipi di rigenerazione:
- incompleta: in questo processo il tessuto che viene generato è completamente diverso dal tessuto danneggiato; per esempio, quando il parenchima di un organo viene leso, la ferita viene riparata da tessuto connettivo;
- completa: in questo caso il tessuto neosintetizzato è identico a quello danneggiato; ciò avviene nel fegato, che è in grado di ricrescere completamente a partire da una piccola porzione.
È ovvio che la rigenerazione più efficace sia la seconda, ma è anche la più complicata e la meno comune in organismi più complessi.
A seconda del tessuto che deve generarsi ex-novo possono essere impiegati vari tipi di cellule del nostro organismo, tra cui:
- cellule del tessuto stesso: in questo caso si tratta di cellule già differenziate, che sono in grado di “regredire” nella specializzazione e generare conseguentemente ogni tipo di tessuto necessario; un esempio è costituito dai cardiomiociti che costituiscono il tessuto cardiaco del pesce zebra;
- cellule staminali tessuto-specifiche, le quali possono differenziarsi solo nei diversi tipi di tessuto nel quale si trovano;
- cellule staminali pluripotenti, le quali hanno la capacità di generare qualsiasi tipo di tessuto all’interno dell’organismo. Queste ultime sono molto studiate al fine di trovare cure a migliaia di diverse patologie che colpiscono l’uomo, in special modo quelle degenerative.
Rigenerazione in axolotl
Axolotl, come già detto, è un organismo molto particolare e caratteristico: è in grado di rigenerare completamente tutti gli arti, le branchie e riparare efficacemente danni a occhi, cuore, reni, cervello e midollo spinale.
Potremmo quindi definire questa piccola salamandra messicana un esperto in ambito rigenerativo. Da dove deriva il suo superpotere?
Ogni tessuto dell’Ambystoma mexicanum possiede delle cellule staminali tessuto-specifiche. Dunque, quando un arto viene amputato, per esempio, le cellule staminali si posizionano a livello della ferita, formando una struttura, detta blastema. Alcuni segnali cellulari inducono successivamente la divisione cellulare in questo sito, riformando completamente l’arto amputato.
Molto probabilmente tale fenomeno deriva da un adattamento evolutivo: questo organismo, infatti, può sopravvivere molto più facilmente a un attacco da parte di un predatore.
Ma quali sono i processi biochimici che conducono alla rigenerazione completa di un arto, azionando una proliferazione attiva evitando che evolva in tumore? Questa è la domanda a cui molti scienziati cercano di fornire risposta. Tale caratteristica rende axolotl il candidato perfetto per studi approfonditi sulla rigenerazione cellulare, come quello della guarigione ossea.
Axolotl vs topo: lo studio sulla rigenerazione ossea
Studi precedenti hanno già messo in luce quanto sia importante studiare il processo rigenerativo per diversi scopi in ambito medico.
Il primo passo per analizzare i meccanismi che regolano la rigenerazione in Axolotl è quello di metterlo a confronto con il modello sperimentale rappresentativo dei mammiferi (e, dunque, dell’uomo), il topo.
Il topo è un mammifero terrestre di piccole dimensioni, possiede un genoma molto simile a quello umano, risulta molto facile da allevare e genera una prole molto numerosa. Queste caratteristiche lo rendono il modello perfetto per studi genetici, biomolecolari e biochimici.
In primis, l’esperimento ha previsto il confronto delle strutture ossee delle due specie analizzate: in entrambe, durante lo sviluppo, lo scheletro risulta essere cartilagineo. Anche la struttura dell’epifisi del femore è simile in axolotl e in topo. Un altro aspetto comune è la costituzione del midollo osseo: in entrambe si verifica che la parte centrale dell’osso contiene una maggiore quantità di grasso in età avanzata.
Al fine di confrontare al meglio i due organismi, sono stati scelti axolotl aventi ossa femorali di dimensioni simili a quelle murine, in modo da poter applicare la stessa placca alla frattura praticata.
Sono state, in seguito, causate delle fratture ossee ai femori di axolotl e di topo. Successivamente sono stati effettuati controlli dopo 3 settimane e 3, 6 e 9 mesi. La comparazione è stata anche effettuata tra amputazione e frattura in axolotl al fine di comprendere al meglio sia il meccanismo di rigenerazione dell’arto che di saldatura di una frattura.
Il processo di guarigione prevede in entrambi i modelli esaminati la formazione di un callo di cartilagine nello spazio della frattura che viene poi gradualmente ossificato. Il processo di ossificazione è risultato molto più lento in axolotl rispetto in topo. Questo potrebbe essere dovuto alle diverse condizioni in cui vivono: infatti, essendo un animale acquatico, la salamandra messicana è sottoposta a stimoli esterni, che potrebbero compromettere il corretto assestamento dell’osso.
Al contrario, il processo rigenerativo successivo all’amputazione dell’arto risulta essere molto più efficace: il risanamento dell’amputazione dell’arto in axolotl inizia con la de-differenziazione delle cellule che compongono i tessuti circostanti, seguita da una fase di proliferazione attiva che porta alla formazione del blastema; segue poi la formazione del callo e di tutti gli altri tessuti che compongono l’arto.
È stato inoltre dimostrato che la grande capacità rigenerativa di axolotl non è dovuta a diversi percorsi biomolecolari rispetto ai mammiferi, quanto a una diversa modulazione di risposta allo stimolo della ferita.
Per tale motivo, vista la grande somiglianza tra il processo di guarigione nei mammiferi e in axolotl, il confronto biochimico tra la guarigione dell’arto amputato e quella dell’arto fratturato potrebbe aprire la strada alla comprensione del meccanismo rigenerativo e a nuove cure non solo per quanto riguarda le lesioni ossee, ma più in generale per la maggior parte delle malattie degenerative.