Un gruppo di ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine e del Montefiore Headache Center di New York City, guidati da Richard B. Lipton, ha dimostrato, in un recente studio, che l’Atogepant è efficace nella prevenzione dell’emicrania negli adulti.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica JAMA Network Open.
Atogepant: ecco come funziona
I ricercatori hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di atogepant per il trattamento preventivo dell’emicrania dal 14 dicembre 2018 al 19 giugno 2020 , nei volontari adulti osservati in 128 siti statunitensi con 4-14 giorni di emicrania al mese. L’analisi ha incluso soggetti assegnati in modo casuale a 10 mg di atogepant (214 pazienti), 30 mg di atogepant (223 pazienti), 60 mg di atogepant (222 pazienti) o placebo (214 pazienti ) una volta al giorno in 12 settimane.
Il team di ricerca ha rivelato che una riduzione ≥50% della media dei giorni medi mensili di emicrania (MMD) è stata raggiunta dal 55,6% trattato con 10 mg di atogepant (odds ratio, 3,1), 58,7% trattato con 30 mg di atogepant (odds ratio, 3,5), il 60,8% ha trattato con 60 mg di atogepant (odds ratio, 3,8) e il 29% ha ricevuto placebo.
Una riduzione ≥25% della media delle MMD a 12 settimane è stata ottenuta rispettivamente del 73,4, 77,1, 81,1 e 58,9%, mentre una riduzione ≥75% delle MMD medie è stata ottenuta del 30,4, 29,6, 37,8 e 10,7%, rispettivamente. È stata ottenuta una riduzione del 100% delle MMD medie per il 7,9% con 10 mg, 4,9% per 30 mg e 7,7% per 60 mg di atogepant rispetto allo 0,9% con placebo.
“A tutte le dosi, atogepant è stato efficace durante il periodo di trattamento in doppio cieco di 12 settimane che inizia nelle prime 4 settimane, come evidenziato da riduzioni significative delle MMD medie a ogni livello di soglia di risposta“, hanno dichiarato i ricercatori nella loro ricerca.
Ma a che punto siamo in Italia rispetto all’emicrania e alle cefalee? Piero Barbanti, Presidente dell’Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee ha dichiarato: “I malati di emicrania? È la prima patologia neurologica e impatta severamente sulla vita di un soggetto. I malati di emicrania vivono la vita a metà ed effettuano scelte di ripiego, anche nella vita lavorativa, per la paura di non essere all’altezza a causa della propria patologia. Il valore della prevenzione per combatterla? È la vera cura e consiste non nella somministrazione del solito analgesico in occasione dell’attacco ma in un trattamento prolungato per mesi per ridurre il numero mensile di giorni in cui l’emicrania si presenta”.
“La prevenzione è la vera cura dell’emicrania e consiste non nella somministrazione del solito analgesico in occasione dell’attacco ma in un trattamento prolungato per mesi per ridurre il numero mensile di giorni in cui l’emicrania si presenta. Fino a poco tempo fa la scelta ricadeva solo su farmaci beta-bloccanti, calcio-antagonisti, antidepressivi ed antiepilettici, molecole efficaci ma non specifiche, gravate da diversi effetti collaterali che comportano a volte l’interruzione del trattamento”.
“Da poco sono disponibili gli anticorpi monoclonali antiCGRP, trattamenti selettivi e specifici utilizzati in genere per 12 mesi, caratterizzati da ottima efficacia e eccellente tollerabilità, in grado di incidere molto più incisivamente sulla disabilità del soggetto. Gli anticorpi monoclonali finora in commercio si iniettano per via sottocutanea mensilmente (o ogni 3 mesi, nel caso di un particolare anticorpo)”.
“Nel futuro dovrebbe essere commercializzato anche in Europa un anticorpo monoclonale ad uso trimestrale per via endovenosa. Gli anticorpi monoclonali antiCGRP possono essere prescritti solo da specifici centri ai pazienti che abbiano almeno 8 giorni di emicrania disabilitante al mese e non abbiano risposto a trattamenti adeguati con beta-bloccanti, antidepressivi e antiepilettici“.
Nonostante in Italia l’emicrania sia una patologia diffusa se ne parla poco. Il Dottor Barbanti, in merito a questa mancanza, ha commentato: “L’emicrania è la terza malattia più frequente del genere umano e la prima per disabilità in soggetti di età inferiore ai 50 anni. Questa enorme massa di persone tende a non emergere per vari motivi: da un lato si tratta di un esercito silenzioso, fatto di pazienti che spesso hanno ritrosia a comunicare il proprio problema per timore di essere non compresi o etichettati come soggetti nevrotici; dall’altro, i sintomi dell’emicrania vengono frequentemente equivocati per problemi di artrosi cervicale, sinusite o intolleranze alimentari”.
Le conseguenze sui soggetti colpiti da emicrania non sono tra le migliori: “L’emicrania impatta severamente sulla vita del soggetto per due ordini di motivi. In primo luogo, la severità del dolore e dei sintomi associati (nausea, vomito, fastidio per le luci e per i rumori) condiziona le capacità sociali e lavorative del soggetto. Ma non è tutto. Il paziente emicranico teme i propri attacchi anche quando non ha mal di testa e vive sovente in una condizione di paura dell’emicrania nota come cefalalgofobia che comporta rinunce a opportunità e occasioni nel timore che si possano rivelare situazioni scatenanti. Si tratta in sostanza di un soggetto che vive la vita a metà e che a volte effettua scelte di ripiego nell’ambito scolastico e lavorativo temendo di non essere all’altezza per via della propria patologia“, ha concluso l’esperto.