Gli scienziati del Case Western Reserve University School of Medicine hanno individuato l’ATAD3A, una molecola proteica chiave che svolge una funzione importante nell’accumulo di colesterolo nel cervello, innescando lo sviluppo dell’Alzheimer (AD).
Questa scoperta è molto importante, in un momento storico in cui la progressione della malattia di Alzheimer sta diventando allarmante. Si stima infatti che, solo negli Stati Uniti, all’ 11% degli individui ultrasessantenni è stato diagnosticato l’AD e l’OMS prevede che un aumento di diagnosi per l’Alzheimer aumenterà ogni anno di milioni.
L’AD è una malattia neurodegenerativa legata all’età che provoca la morte cellulare progressiva, con conseguente perdita di memoria e disfunzione cognitiva.
I numeri sulla malattia sono sbalorditivi: più di 5,7 milioni di persone hanno l’AD e si stima che quel gruppo raggiungerà i 14 milioni entro il 2050, secondo l’Alzheimer’s Association. Si prevede che quel numero salirà a 16 milioni entro il 2050.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Communications.
Molecola l’ATAD3A: qualche dettaglio sullo studio
Il laboratorio di Xin Qi, professore di fisiologia e biofisica presso la School of Medicine, ha sviluppato e brevettato un inibitore peptidico in precedenza nella speranza di curare l’AD e la malattia di Huntington.
Lo scienziato ha dichiarato che questo studio ha scoperto che i topi, quando trattati con l’inibitore del peptide, hanno dimostrato una funzione di memoria ripristinata del 50%, sulla base di test come la facilità o meno di percorrere i labirinti.
Per capire meglio la nuova ricerca è necessario prima sapere quali sono i fattori di rischio che conducono all’Alzheimer, come: le malattie cardiovascolari; l’invecchiamento; il colesterolo nel cervello. Questi fattori svolgono un ruolo chiave nella comprensione dello sviluppo della malattia.
Le cellule cerebrali comunicano attraverso membrane cellulari ricche di colesterolo, un processo che avviene naturalmente ed è essenziale per una sana funzione cerebrale. La ricerca mostra che il cervello contiene il 23-25% del colesterolo dell’organismo umano.
“Il colesterolo si accumula nel cervello e provoca danni al neurone: è da tempo ritenuto che abbia un ruolo nella patologia del morbo di Alzheimer“, ha spiegato Qi: “Tuttavia, ciò che causa l’accumulo di colesterolo nel cervello continua a essere sconosciuto e potrebbe contenere risposte”.
La ricerca portata avanti dagli studiosi del Case Western Reserve University School of Medicine è il risultato di oltre cinque anni di ricerca sul ruolo del colesterolo nel cervello e sulla sua relazione con l’AD. I ricercatori si sono proposti di affrontare due questioni principali: Che ruolo gioca il colesterolo nel cervello nella malattia? In che modo questo nuovo percorso può essere utilizzato per future opzioni di trattamento?
Qi, l’autore senior del documento, ha affermato che lo studio era incentrato sul gene codificante le proteine, ATAD3A. Non si sa molto su come funzioni la proteina all’interno delle malattie neurodegenerative.
“Nella malattia di Huntington, la molecola ATAD3A diventa iperattiva e viene oligomerizzata (ripetuta), che è una causa della malattia“, ha dichiarato Qi: “Abbiamo lavorato con i data scientist per vedere se ATAD3A ha anche un collegamento con il morbo di Alzheimer e, con nostra sorpresa, abbiamo scoperto che la molecola è un candidato di punta legato al morbo di Alzheimer”.
Da queste informazioni, i ricercatori hanno raccolto dati analizzando modelli e hanno trovato un percorso che collega l’ATAD3A e il colesterolo cerebrale. I ricercatori hanno scoperto che una volta che ATAD3A si forma ripetendo parti simili o identiche attraverso un processo chiamato oligomerizzazione, sopprime un’altra proteina chiamata CYP46A1.
La nuova proteina impedisce quindi che il colesterolo venga metabolizzato nel cervello, il che significa che si accumula. I ricercatori hanno collegato l’accumulo di colesterolo nel cervello alla progressione della malattia nelle malattie neurodegenerative.
I dati mostrano che ATAD3A, specialmente durante l’oligomerizzazione, potrebbe essere la causa dello sviluppo di AD. Con un possibile bersaglio identificato, Qi ha la convinzione che il passo successivo al trattamento risieda negli inibitori dei peptidi, che si legano all’ATAD3A e lo bloccano in azione.