La serie documentario di Netflix Life On Our Planet, ci porta in un viaggio alla scoperta di alcune delle creature più incredibili che hanno popolato il nostro pianeta nel corso della sua storia, e l’Arthropleura è uno di questi.
Tra i protagonisti di questa avventura c’è il narratore Morgan Freeman, che ci racconta con la sua voce inconfondibile le meraviglie e i misteri della natura, con uno degli episodi più affascinanti che è dedicato proprio agli artropodi, la classe di animali invertebrati che comprende insetti, ragni, crostacei e millepiedi.
Questi ultimi sono tra gli organismi più antichi e longevi della Terra, esistono da più di 300 milioni di anni e hanno dato origine a una varietà di specie diverse, ma tra tutte, la più impressionante è senza dubbio l’Arthropleura.
L’Arthropleura era il millepiedi più grande che abbia mai camminato sulla terra, un vero titano dei suoi tempi: lungo oltre 2 metri (6,6 piedi) e largo mezzo metro (1,6 piedi), il suo nome significa “costole articolate” e si riferisce alla struttura del suo corpo, formato da una serie di segmenti rigidi collegati da membrane flessibili.
Ogni segmento aveva due paia di zampe e due paia di spiracoli, le aperture respiratorie degli artropodi, mentre invece la testa era piccola e dotata di due antenne e due occhi semplici, e la coda terminava con un paio di appendici spinose.
L’Arthropleura visse tra il Carbonifero e il Permiano, tra 359 e 251 milioni di anni fa, in un periodo in cui la vita sulla terra era dominata dalle piante e dagli insetti giganti. Il suo habitat era costituito dalle foreste umide e lussureggianti che ricoprivano gran parte dei continenti, e si nutriva probabilmente di materiale vegetale in decomposizione, ma non si esclude che potesse essere anche un predatore o un saprofago, cioè che si cibasse di animali morti.
Quello che sappiamo sull’Arthropleura è basato su resti fossili parziali, ritrovati nel Regno Unito, nell’Europa continentale e nel Nord America. Il primo fossile fu scoperto nel 1844 in Scozia da William Buckland, un famoso paleontologo e geologo britannico. Da allora sono stati ritrovati molti altri esemplari, ma nessuno completo, con il più grande che è stato trovato in Germania nel 1984 e misurava 2,6 metri (8,5 piedi) di lunghezza.
Grazie a questi reperti, gli scienziati sono stati in grado di ricostruire l’aspetto e il comportamento dell’Arthropleura con una buona approssimazione.
Perché l’Arthropleura era così grande?
La domanda che sorge spontanea è “come mai l’Arthropleura era così grande“? La risposta sta nell’atmosfera della Terra preistorica, che aveva una composizione diversa da quella attuale. In particolare, il livello di ossigeno era molto più alto –si stima che oscillasse tra il 26% e il 30%, rispetto al 21% di oggi–, e questo fattore ha avuto un impatto significativo sullo sviluppo degli artropodi terrestri, che respirano attraverso una rete di tubi chiamata trachea, alimentata dagli spiracoli.
In un ambiente a basso contenuto di ossigeno, questo sistema respiratorio limita le capacità di crescita degli artropodi, poiché diventare troppo grandi può complicare l’assunzione di abbastanza aria, al contrario, in un ambiente ad alto contenuto di ossigeno, gli artropodi possono crescere molto di più, senza soffrire di ipossia, cioè di carenza di ossigeno nei tessuti.
Questa spiegazione è supportata da diversi studi scientifici, che hanno dimostrato che gli artropodi moderni crescono di più quando sono esposti a livelli più elevati di ossigeno, oltretutto si è osservato che la dimensione degli artropodi terrestri è diminuita nel corso della storia della Terra, in parallelo alla diminuzione del livello di ossigeno atmosferico. Questo fenomeno è stato causato da diversi fattori, tra cui l’evoluzione delle piante, le variazioni climatiche, le eruzioni vulcaniche e le estinzioni di massa.
Un altro aspetto interessante dell’Arthropleura riguarda la sua riproduzione, gli scienziati non hanno ancora trovato fossili che mostrino chiaramente il sesso dell’animale, quindi non si sa con certezza se fosse maschio o femmina, o se avesse una forma di ermafroditismo, ad ogni modo si ipotizza che l’Arthropleura avesse una riproduzione sessuata, simile a quella dei millepiedi attuali.
In questo caso, i maschi avrebbero avuto degli organi specializzati per trasferire lo sperma alle femmine, chiamati gonopodi, organi che sarebbero stati situati nei segmenti anteriori del corpo, vicino alla testa, mentre invece le femmine avrebbero ricevuto lo sperma in una cavità chiamata spermateca, situata nei segmenti posteriori del corpo, vicino alla coda.
Dopo l’accoppiamento, le femmine avrebbero deposto le uova in un nido costruito con materiale vegetale e terra, le uova sarebbero poi state protette da una sostanza gelatinosa e da una cuticola dura, dopodiché le larve sarebbero nate dopo un periodo di incubazione variabile, a seconda della temperatura e dell’umidità ambientale. Le larve sarebbero state simili agli adulti, ma con un numero inferiore di segmenti e di zampe, e con la crescita, avrebbero aggiunto nuovi segmenti e zampe al loro corpo, attraverso una serie di mute, con la maturità sessuale che –si sostiene– sarebbe arrivata dopo circa 10 anni di vita.
Quali erano le sue armi di difesa?
L’Arthropleura era un animale imponente e temibile, ma non era privo di nemici. Tra i suoi potenziali predatori c’erano i grandi anfibi e i rettili che vivevano nelle stesse foreste. Per difendersi da questi attacchi, l’Arthropleura disponeva di diversi meccanismi:
- il primo era la sua stessa dimensione: il suo corpo massiccio e robusto era difficile da afferrare e da perforare per i suoi avversari;
- il secondo era la sua velocità: era in grado di muoversi rapidamente sul terreno grazie ai suoi numerosi arti e alle sue membrane flessibili. Si stima che potesse raggiungere una velocità massima di circa 1.5 m/s;
- il terzo meccanismo di difesa era la sua corazza: l’Arthropleura aveva una cuticola spessa e resistente che ricopriva il suo corpo, formata da uno strato organico chiamato chitina e da uno strato minerale chiamato calcite, questa corazza proteggeva l’animale dagli urti e dagli strappi, ma anche dalle radiazioni solari e dalla disidratazione;
- il quarto meccanismo di difesa era la sua colorazione: l’Arthropleura aveva probabilmente dei colori mimetici che gli permettevano di confondersi con l’ambiente circostante, si pensa infatti che avesse dei toni bruni o verdi, con delle striature o delle macchie scure;
- l’ultimo meccanismo di difesa era la sua aggressività: l’Arthropleura non esitava a reagire agli attacchi dei suoi nemici con ferocia e determinazione. Poteva usare le sue appendici spinose per colpire o ferire i suoi avversari, oppure poteva emettere dei suoni minacciosi o delle sostanze repellenti. Si ritiene che l’Arthropleura avesse delle ghiandole che producevano un liquido velenoso o irritante, che poteva spruzzare sui suoi nemici o sulle sue ferite per disinfectarle.
Come mai si estinse?
L’Arthropleura era un animale eccezionale e adattato al suo ambiente, ma non fu in grado di sopravvivere ai cambiamenti climatici e geologici che avvennero alla fine del Permiano, circa 251 milioni di anni fa. Questo periodo è noto come la Grande Estinzione, poiché causò la scomparsa di circa il 95% delle specie viventi sulla Terra.
Le cause di questa catastrofe sono ancora oggetto di dibattito, ma tra le ipotesi più accreditate ci sono le eruzioni vulcaniche, gli impatti meteoritici, le variazioni del livello del mare e le alterazioni dell’atmosfera.
Tra le conseguenze di questi eventi ci fu una drastica riduzione del livello di ossigeno atmosferico, che scese al 15% o anche meno. Questo fatto ebbe un impatto devastante sugli artropodi terrestri, che non furono più in grado di respirare adeguatamente e di mantenere le loro grandi dimensioni. L’Arthropleura fu una delle prime vittime di questo processo, che portò alla sua estinzione insieme a molti altri insetti e millepiedi giganti, con le sue foreste umide e lussureggianti furono sostituite da ambienti aridi e desertici, in cui non trovò più cibo né riparo.
L’Arthropleura è scomparso dalla faccia della Terra, ma non dalla nostra memoria e dalla nostra immaginazione. Grazie ai suoi fossili e alle ricostruzioni scientifiche, possiamo ancora ammirare la sua bellezza e la sua maestosità.
Grazie anche alla serie documentaria Life On Our Planet, possiamo vederlo in azione nella sua epoca e nel suo habitat. Si tratta di un’opera straordinaria, che ha richiesto un grande lavoro di ricerca e di animazione digitale. Il team ha lavorato a stretto contatto con gli scienziati per creare dalle prove fossili il modello scientificamente più accurato mai realizzato di questo impressionante artropodo gigante.
Life On Our Planet è una serie da non perdere per chi ama la natura e la storia della vita, oltre all’Arthropleura, potrai incontrare molte altre creature sorprendenti e spettacolari, che hanno popolato il nostro pianeta in epoche diverse, potrai anche scoprire i luoghi in cui sono state girate le scene, alcune delle quali inaspettate a causa della pandemia globale che ha messo in pausa i viaggi durante le riprese della serie, ad esempio, le foreste di felci arboree della Nuova Zelanda sono state sostituite da quelle della costa occidentale dell’Irlanda, dove le felci furono importate dall’Australia a metà del XIX secolo.
Life On Our Planet è una serie che ci fa riflettere sul valore e sulla fragilità della vita sulla Terra, e sul nostro ruolo come esseri umani. Ci fa capire che dobbiamo rispettare e proteggere la biodiversità del nostro pianeta, che è il frutto di milioni di anni di evoluzione e di adattamento. Ci fa anche sperare che ci siano ancora molte meraviglie da scoprire e da ammirare, sia nel passato che nel presente.
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