Secondo una nuova ricerca dell’Università dell’Australia Meridionale consumare arachidi è un modo per aiutare a perdere alcuni chili indesiderati e tenere sotto controllo la salute cardiovascolare. Lo studio, sviluppato grazie alla collaborazione con la Texas Tech University, ha dimostrato che mangiare 35 grammi di arachidi tostate a secco leggermente salate prima di due pasti principali ogni giorno può contribuire alla perdita di perdita di peso, abbassare la pressione sanguigna e migliorare i livelli di glucosio a digiuno.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nutrients.
Integrare le arachidi nella nostra alimentazione: ecco i benefici
La ricerca si è basata sulla valutazione di due gruppi di adulti australiani a rischio moderato o alto di diabete di tipo 2: i ricercatori hanno testato l’effetto del consumo di 70 grammi di arachidi (15 grammi in più di fibre) in aggiunta a una dieta dimagrante, rispetto a una tradizionale dieta a basso contenuto di grassi. Il team di ricerca ha riferito che entrambi i gruppi hanno perso peso dopo 6 mesi (6,7 kg).
Il gruppo di partecipanti che ha consumato arachidi hanno avuto maggiori miglioramenti della pressione sanguigna: questo gruppo infatti ha registrato una pressione sanguigna più bassa (di 5 mmHg) che è stata associata a una riduzione del 10% del rischio di malattie cardiovascolari.
Il “gruppo delle arachidi” ha mangiato 35 grammi di arachidi due volte al giorno, 30 minuti prima di due dei pasti principali rispetto ai partecipanti al gruppo di controllo che invece non ha integrato con le noccioline o il burro da esse derivato. Entrambi i gruppi hanno limitato l’assunzione di energia a 5500 kJ (per le donne) e 7000 kJ (per gli uomini) e hanno mantenuto costanti i loro schemi di esercizio durante li svolgimento della ricerca.
Lo studio è stato sviluppato ad Adelaide, nell’Australia meridionale, dal Professor Peter Clifton dell’UniSA e dalla Professoressa Associata Jennifer Keogh. La co-ricercatrice e ricercatrice della Texas Tech University, la Professoressa Assistente Kristina Petersen, ha dichiarato che lo studio abbatte alcune delle idee sbagliate sugli effetti sulla salute delle arachidi.
“Il nostro studio ha scoperto che le arachidi, che sono ricche di grassi insaturi sani, possono far parte di un’efficace dieta dimagrante”, ha spiegato l’assistente Professoressa Petersen: “Le persone spesso evitano le arachidi quando cercano di perdere peso perché credono che contengano troppe calorie. Tuttavia, le arachidi hanno in realtà un alto valore di sazietà, il che significa che possono farti sentire più pieno più a lungo e questo può essere davvero utile per chi è di peso dieta dimagrante”.
“Riconoscere che i cibi ricchi di proteine e fibre possono dare una sensazione di sazietà può aiutare a ridurre la voglia di fare uno spuntino o mangiare troppo. E le arachidi sono considerate uno di questi alimenti. È sicuramente una buona notizia per gli amanti delle noccioline”.
Un’altra ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Stroke ha dimostrato che uomini e donne asiatici, includendo nella loro dieta le arachidi, hanno manifestato un rischio inferiore di avere un ictus ischemico o un evento di malattia cardiovascolare rispetto a coloro che non hanno consumato le noccioline.
Mentre studi precedenti hanno collegato il consumo di arachidi con il miglioramenti della salute cardiovascolare tra gli americani, i ricercatori in questo studio hanno esaminato specificamente il legame tra il consumo di arachidi e l’incidenza di diversi tipi di ictus (ischemico ed emorragico) ed eventi di patologie cardiovascolari (come ictus e cardiopatia ischemica) tra uomini e donne giapponesi.
“Abbiamo mostrato per la prima volta un rischio ridotto di incidenza di ictus ischemico associato a un maggiore consumo di arachidi in una popolazione asiatica”, ha affermato l’autore principale dello studio Satoyo Ikehara, Ph.D., Professore Associato di salute pubblica appositamente nominato nel dipartimento di medicina sociale presso l’Università di Osaka Graduate School of Medicine a Suita, in Giappone. “I nostri risultati suggeriscono che l’aggiunta di arachidi alla dieta ha un effetto benefico sulla prevenzione dell’ictus ischemico”.
Le arachidi sono ricche di nutrienti salutari per il cuore, come “acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, minerali, vitamine e fibre alimentari che aiutano a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari abbattendo i fattori di rischio, tra cui ipertensione, livelli ematici elevati di “cattivo” colesterolo e infiammazione cronica”, ha detto Ikehara.
I ricercatori hanno esaminato la frequenza con cui le persone hanno riferito di aver mangiato noccioline in relazione all’insorgenza di ictus e malattie cardiovascolari. L’analisi include persone che sono state reclutate in due fasi, nel 1995 e nel 1998-1999, per un totale di oltre 74.000 uomini e donne asiatici, di età compresa tra 45 e 74 anni, dallo studio prospettico basato sul Japan Public Health Center.
I partecipanti hanno completato un’indagine sullo stile di vita, che includeva un questionario sulla frequenza del consumo di arachidi. Sono stati seguiti per circa 15 anni, fino al 2009 o al 2012, a seconda di quando sono stati originariamente iscritti all’esperimento. L’incidenza di ictus e cardiopatia ischemica è stata determinata collegandosi con 78 ospedali partecipanti nelle aree incluse nello studio.
I livelli di consumo di arachidi sono stati classificati in quattro quartili, con 0 arachidi al giorno come consumo minimo rispetto a 4,3 arachidi sgusciate al giorno (mediana) come il più alto. Rispetto a una dieta priva di arachidi, i ricercatori hanno scoperto che mangiare circa 4-5 arachidi sgusciate al giorno era associato a:
20% in meno di rischio di ictus ischemico;
16% in meno di rischio di ictus totale; e
13% in meno di rischio di avere malattie cardiovascolari (questo includeva sia ictus che cardiopatia ischemica).
Non è stata trovata un’associazione significativa tra il consumo di arachidi e un minor rischio di ictus emorragico o cardiopatia ischemica.
Il legame tra consumo di arachidi e ridotto rischio di ictus e malattie cardiovascolari era coerente sia negli uomini che nelle donne: “L’effetto benefico del consumo di arachidi sul rischio di ictus, in particolare di ictus ischemico è stato riscontrato, nonostante la piccola quantità di arachidi mangiate dai partecipanti allo studio”, ha detto Ikehara. “L’abitudine di mangiare arachidi e noci non è ancora comune nei paesi asiatici. Tuttavia, aggiungere anche una piccola quantità alla propria dieta potrebbe essere un approccio semplice ma efficace per aiutare a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari”.
L’American Heart Association raccomanda di mangiare circa cinque porzioni di noci non salate a settimana: una porzione è ½ oncia (2 cucchiai) di noci. Oltre alle arachidi, l’Associazione afferma anche che altre opzioni di noci salutari includono anacardi, noci, noci pecan, noci di macadamia e nocciole non salate.
Il Dottor Giulio Mercandalli, chirurgo vascolare del Centro Radiologico Lissonese, parlando dell’ictus ha spiegato che: “L’ictus è un danno neurologico del sistema nervoso centrale che può essere dovuto a diversi fattori. In base alla causa che scatena il fenomeno, possiamo distinguere l’ictus in due tipologie:
L’ictus emorragico – quando è dovuto ad un’emorragia che determina una compressione della materia grigia e quindi un danno cerebrale localizzato.
L’ictus ischemico – quando è dovuto all’occlusione di un’arteria o trombo all’interno della cavità cardiaca che migra all’interno del flusso circolatorio (ictus cardioembolico)”
“A volte l’ictus ischemico può verificarsi a partire da un trombo all’interno della cavità cardiaca che, migrando verso il flusso circolatorio, giunge all’encefalo provocando l’occlusione di un’arteria. Fortunatamente la maggior parte degli ictus consente un recupero parziale/completo, ma possono verificarsi casi in cui l’ictus può evolversi in qualcosa di grave entità o divenire fatale”.
Lo studioso ha altresì specificato: “termini ictus ed ischemia sono parzialmente sovrapponibili. L’Ischemia è una mancanza di vascolarizzazione ed irrorazione sanguigna di un determinato territorio che può essere il cuore, il cervello o un arto ad esempio. L’ictus è invece una mancanza di vascolarizzazione che si verifica esclusivamente nel territorio cerebrale e che prevede, oltre alla mancanza di irrorazione sanguigna, anche un danno ai tessuti”.
“In alcuni casi ci possono essere delle forme di ischemia che determinano la mancanza di sangue temporanea, che viene poi successivamente colmata, non producendo alcun danno. Possiamo dire dunque che la differenza tra ischemia transitoria ed ictus base va ricercata nella presenza o meno di un danno radiologicamente rilevabile”.
“L’ictus può determinare uno spettro di sintomi che possono andare dall’emiparesi fino al coma e, nel peggiore dei casi, alla morte. In caso di ictus, i sintomi sono in sostanza pressoché lateralizzati. In altre parole, il sintomo dell’ictus è correlato alla zona che viene colpita”.
“Come sappiamo l’emisfero destro del cervello comanda la parte sinistra del corpo, il sinistro comanda la parte destra. Quindi, ad esempio, se l’ictus colpisce la parte sinistra del cervello, si potrà riscontrare un’emiparesi destra (ossia una paresi parziale della parte destra del corpo). Ancora, sempre facendo lo stesso esempio, dato che nell’emisfero sinistro vi sono anche i centri del linguaggio, si potrà riscontrare anche un’afasia, un sintomo che impedisce al paziente di esprimersi con le parole”.
“Le cause dell’ictus, come dicevamo, possono essere diverse. Ad esempio nel caso dell’ictus emorragico, si ha un allagamento dei tessuti cerebrali dovuto alla rottura di un’arteria che va a comprimere la materia grigia dell’encefalo provocando l’ictus. Questa rottura a sua volta può essere generata da diversi scompensi come ad esempio una malformazione artero-venosa, un picco ipertensivo, un aneurisma cerebrale ed altri”.
“Cause diverse che sono quindi caratterizzate da un eziopatogenesi completamente differente. Per quanto riguarda, invece, l’ictus ischemico, si ha un’occlusione dell’arteria che può essere anch’essa prodotta da diversi fattori. Ad esempio, per quanto riguarda l’ictus cardioembolico, la causa è da ricercarsi nella formazione di un trombo all’interno della cavità cardiaca che, migrando all’interno del flusso circolatorio, arriva al cervello provocando l’occlusione dell’arteria”.
Rispetto ad un’eventuale possibilità di prevenire l’ictus, il Professor Mercandalli ha dichiarato: “È possibile prevenire l’ictus. A parte il controllo dei fattori di rischio, è possibile fare prevenzione eseguendo una serie di esami tra cui un ecocolordoppler delle carotidi, un elettrocardiogramma per escludere delle eventuali aritmie, un bubble test ed altri esami più specifici. Inoltre, è possibile prevenire l’ictus anche farmacologicamente ed in ultima analisi eseguire un intervento chirurgico per rimuovere la causa dell’ictus come ad esempio una placca carotidea in caso di ictus carotideo”.
Flavia Bernini, biologa, nutrizionista, per quanto riguarda il consumo di frutta secca, ha specificato: “Gli elementi che rendono la frutta secca un alimento prezioso sono molti. È ricca di vitamine, sali minerali, fibra, grassi insaturi e polifenoli: un vero mix di molecole a azione protettiva a livello cardiovascolare. Le noci in particolare contengono acido alfa-linoleico, un acido grasso omega-3, essenziale per il nostro organismo, in quanto non siamo in grado di produrlo autonomamente. Le mandorle, invece, contengono un buon quantitativo di magnesio e le nocciole sono ricche di fitosteroli, utili per ridurre il colesterolo cattivo”.
“La frutta secca a guscio è una discreta fonte di proteine. Le linee guida per una sana e corretta alimentazione suggeriscono che possa essere utilizzata nell’ambito di un pasto in sostituzione di un’altra fonte proteica. Ai primi posti, come contenuto di proteine troviamo i pinoli, 31,9 grammi di proteine per 100 grammi di peso, seguiti dai pistacchi, 24,3 grammi. Possiamo utilizzare la frutta secca nell’ambito di un piatto unico sano e bilanciato, dare un po’ di originalità alle nostre ricette”.
“Qualche esempio? Una teglia di zucca e patate al forno con pinoli e granella di pistacchio; oppure un piatto di pasta integrale o di farro con pomodorini e noci. Sarà un modo originale e sfizioso per creare pasti completi, rinunciare alla solita fettina di carne o all’insaccato”.
“Usarla come spuntino pre-allenamento: non sembrerebbe una buona idea. La frutta secca è ricca di grassi, fibre e proteine. Non contiene zuccheri di pronto utilizzo, che rappresentano l’elemento utile per fornire energia prima dell’attività fisica. Resta ottima invece come spezza-fame: la fibra contenuta nella frutta secca conferisce un buon senso di sazietà, anche se non nell’immediato”.
“La frutta secca a guscio è un alimento calorico. Parliamo di una media di 650 Kcal per 100 grammi. La sua estrema palatabilità la rende difficile da dosare: finisce che una nocciolina tira l’altra, e si cade nell’eccesso che di salutare ha ben poco. In genere vengono raccomandate due-tre porzioni di frutta secca a settimana da 30 grammi l’una, anche se, per le sue caratteristiche, possiamo aumentarla e ridurre altri alimenti”.
“Negli ultimi anni ci siamo abituati a assistere all’esaltazione del singolo alimento: dall’olio extravergine con suoi grassi buoni, al miele antibatterico, alle noci che fanno bene al cuore. Nessun alimento da solo può apportare benefici alla salute. E’ l’alimentazione nel suo complesso che fa la differenza. Se mangiamo male e siamo in sovrappeso, le tre noci al giorno non ci daranno alcun vantaggio: aggiungeremo solo calorie a una dieta già fin troppo ricca”.
“Riappropriamoci del buon senso, iniziamo a perdere peso dove occorre, muoviamoci di più e raggiungiamo i livelli raccomandati di frutta e verdura. Solo a quel punto, nell’ambito di un’alimentazione sana, potremo beneficiare delle proprietà di tutti i singoli alimenti, frutta secca inclusa”.