Sembra una di quelle scoperte che ti fanno dire: “Ma davvero?”. Un farmaco usato solo per non vomitare durante la chemio potrebbe essere la chiave per combattere uno dei tumori più aggressivi che colpiscono le donne. Il protagonista? Si chiama aprepitant. Fino a ieri era solo un anti-nausea. Oggi, potrebbe diventare un’arma per ridurre la mortalità del tumore al seno, soprattutto nella sua forma più spietata: il carcinoma triplo negativo.
Lo dice uno studio enorme, lungo dieci anni, firmato da un team norvegese in collaborazione con l’australiana Monash University. I numeri sono chiari. E anche un po’ sconvolgenti.
Quando la realtà supera le aspettative

L’idea che un farmaco “accessorio” potesse fare la differenza sulla sopravvivenza era tutto fuorché scontata. Lo studio ha esaminato 13.811 donne con tumore al seno in stadio iniziale, tutte trattate con chemioterapia tra il 2008 e il 2020 in Norvegia. Quasi tutte hanno ricevuto farmaci per contrastare nausea e vomito. Ma solo quelle che avevano assunto aprepitant hanno mostrato un vantaggio concreto nella sopravvivenza.
Parliamo di numeri importanti:
- -11% di rischio di sviluppare metastasi
- -17% di rischio di morire per il tumore
E se già ti sembra molto, aspetta. Perché tra le pazienti con tumore triplo negativo (quello che non risponde né agli ormoni né a HER2), l’effetto è stato ancora più potente:
- -34% di rischio di recidiva
- -39% di mortalità in meno
E la ciliegina? Più a lungo lo prendi, meglio funziona. Un uso di 12 giorni è stato associato a un taglio del 42% del rischio di morte o recidiva. Altro che placebo.
Ma cosa ha di speciale questo aprepitant?
Tecnicamente, è un antagonista del recettore NK1R, che agisce bloccando una molecola chiamata sostanza P. Nome strano, effetto conosciuto: la sostanza P è quella che scatena nausea e vomito nel cervello. Ma non solo. Diversi studi precedenti avevano già collegato questo sistema alla progressione tumorale, soprattutto nel cancro al seno.
In pratica, l’ipotesi è che bloccando NK1R, aprepitant interferisca con i segnali di crescita del tumore. Niente più inviti cellulari a moltiplicarsi. Una specie di blocco alle chiamate interne del cancro. Non è ancora confermato al 100%, ma è una pista molto promettente.
A confermarlo, anche una pubblicazione su Nature Communications che ha analizzato in dettaglio la struttura molecolare del farmaco, suggerendo un potenziale effetto antitumorale diretto.
Un caso di “repurposing” da manuale

Il bello è che aprepitant non è un farmaco nuovo. È approvato da anni, viene già usato negli ospedali, ha un profilo di sicurezza testato e non richiede nuove sperimentazioni per entrare in commercio. In gergo si chiama repurposing: prendere un farmaco già esistente e riutilizzarlo per un nuovo scopo terapeutico. Una scorciatoia preziosa nella lotta contro malattie complesse come il cancro.
Ne è convinto anche il dottor Aeson Chang, del Monash Institute of Pharmaceutical Sciences:
“Il tumore al seno triplo negativo ha pochissime opzioni di trattamento mirato. Usare farmaci sicuri e già approvati è una strada rapida e concreta per migliorare la sopravvivenza”.
Anche Erica Sloan, co-autrice dello studio, è sulla stessa lunghezza d’onda:
“In Australia abbiamo circa 3.000 nuovi casi all’anno di triplo negativo. Servono urgentemente nuove opzioni terapeutiche”.
Ma c’è un “ma” (almeno per ora)
Attenzione: lo studio è osservazionale. Significa che rileva un’associazione statistica, ma non dimostra con certezza che l’effetto sia causato direttamente dal farmaco. Inoltre, le donne che ricevevano aprepitant tendevano a sottoporsi a chemioterapie più intensive, e questo potrebbe aver influenzato il risultato.
Tuttavia, gli autori – tra cui il dottor Edoardo Botteri del Cancer Registry of Norway – hanno utilizzato modelli statistici avanzati per correggere questi potenziali fattori di distorsione.
“Serve capire meglio perché questa associazione esiste. Ma il legame è forte e coerente. E merita di essere esplorato in studi clinici controllati”, dice Botteri.
Il prossimo passo? Cambiare le linee guida
Al momento, aprepitant è raccomandato solo per le pazienti sottoposte a chemio ad alto rischio di nausea. Ma se questi risultati verranno confermati da trial clinici randomizzati (quelli che servono per cambiare davvero la medicina), potremmo presto vederlo inserito nei protocolli oncologici come supporto alla sopravvivenza, non solo al comfort.
E qui entra in gioco un’altra questione: quanto spesso ignoriamo i potenziali nascosti dei farmaci già in uso? Quante molecole sottovalutate potrebbero offrire benefici che vanno ben oltre il motivo per cui sono state inventate?
Questo caso ci ricorda che la medicina è anche un lavoro di esplorazione. E che a volte la cura è già sotto il nostro naso.
Una speranza concreta per il futuro
Non ci sono scorciatoie magiche nella lotta al tumore al seno. Ma ogni percentuale in più di sopravvivenza è una vita in più. E sapere che un farmaco così semplice, così già presente negli ospedali, potrebbe salvare migliaia di donne è un messaggio che merita attenzione. Urge solo una cosa: metterlo alla prova, seriamente, con studi clinici mirati.
Nel frattempo, il consiglio per chi lavora in oncologia è uno solo: tenere d’occhio aprepitant. Potrebbe passare da comparsa a protagonista.
E per tutti gli altri: ricordiamoci che dietro ogni compressa c’è un mondo di possibilità. A volte basta solo guardare meglio.
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