Le prime impronte geologiche dell’Antropocene, l’epoca in cui l’uomo ha iniziato a trasformare profondamente il pianeta, risalgono al 1952. Queste tracce includono l’apparizione di inquinanti, microplastiche e plutonio derivante dalle esplosioni nucleari. Uno studio, pubblicato su Pnas e condotto dall’Ehime University in Giappone, ha rilevato una forte accelerazione dell’impatto umano sull’ambiente a partire dagli anni ’50, un cambiamento osservato in tutto il mondo, dall’Europa e Asia fino all’Artico e all’Antartide.
Un confine controverso
Nonostante l’Unione Internazionale delle Scienze Geologiche abbia formalmente rifiutato di riconoscere l’Antropocene come una nuova era geologica, il termine è ormai ampiamente utilizzato per descrivere l’epoca attuale. Tuttavia, definire con precisione l’inizio dell’Antropocene resta complicato a causa della variabilità spaziale e temporale dell’impatto umano. Per affrontare questa sfida, i ricercatori hanno analizzato 137 siti geologici in tutto il mondo, coprendo un arco temporale di 7.700 anni.
Tre periodi chiave dell’Antropocene
Gli studiosi hanno identificato tre possibili periodi che potrebbero segnare l’inizio dell’Antropocene. Il primo risale tra il 1855 e il 1890, periodo legato alla Rivoluzione Industriale, caratterizzato da un aumento della concentrazione di piombo. Il secondo, tra il 1909 e il 1944, mostra cambiamenti nei pollini e un aumento del nero di carbone, prodotto dalla combustione di prodotti petroliferi. Tuttavia, il periodo più significativo va dal 1948 al 1953, con un picco nel 1952, quando le attività umane hanno causato i cambiamenti più rapidi e marcati.
Queste scoperte fanno eco a precedenti ricerche basate sui sedimenti del lago Crawford in Canada, già indicati come prova dell’Antropocene. Se questa proposta sarà confermata, il 1952 potrebbe essere riconosciuto come il punto di svolta geologico che segna l’inizio di questa nuova era.
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