Per anni si pensava che fossero i venti occidentali i principali responsabili della fusione dei ghiacci in Antartide occidentale. Una nuova ricerca pubblicata su Nature Geoscience ribalta lo scenario: il vero colpevole sarebbe il vento che arriva da Nord.
Lo studio che cambia le previsioni climatiche
Il team guidato da Gemma O’Connor dell’Università di Washington ha utilizzato simulazioni avanzate per analizzare la rapida perdita di massa glaciale nell’area del Mare di Amundsen, uno dei punti più fragili del continente bianco.
Le piattaforme di ghiaccio della zona si stanno sciogliendo a un ritmo molto più veloce di quanto previsto dal solo aumento della temperatura dell’aria. La causa? L’interazione tra venti e correnti oceaniche calde che aggrediscono i ghiacci dal basso.
Il ruolo delle polinie

Finora si riteneva che i venti occidentali fossero alla base del fenomeno, ma i nuovi modelli hanno puntato il dito altrove. I venti da Nord influenzano le cosiddette polinie, tratti di mare privi di ghiaccio che funzionano come valvole di sfogo del calore.
Quando i venti settentrionali le chiudono, il calore resta intrappolato in mare e aumenta la temperatura dell’acqua, accelerando lo scioglimento delle piattaforme di ghiaccio sotto la superficie.
Kyle Armour, dell’Università del Wisconsin, spiega: «La riduzione delle polinie limita la dispersione del calore, così l’oceano resta più caldo e la fusione dei ghiacci accelera».
Un effetto a catena
Il problema non si ferma qui. Lo scioglimento del ghiaccio riversa acqua dolce nell’oceano, alterando la salinità e attirando altra acqua calda. Si genera così un circolo vizioso che amplifica il problema e può modificare la circolazione oceanica globale.
Perché questa scoperta è cruciale

Capire che i venti del Nord sono i veri protagonisti della fusione in Antartide occidentale significa rivedere le proiezioni sul futuro dei ghiacci e dell’innalzamento dei mari. Le piattaforme di ghiaccio che si sgretolano non solo fanno perdere “puntelli” naturali che rallentano il flusso dei ghiacciai verso il mare, ma possono anche accelerare l’aumento del livello oceanico a livello planetario.
Il nuovo studio rappresenta quindi un tassello fondamentale per i modelli climatici futuri e l’analisi delle dinamiche che minacciano la stabilità della calotta antartica.
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