L’Antartide non è solo ghiaccio e silenzio. È un archivio naturale che registra la storia del clima terrestre con una precisione che nessun altro luogo offre. Ogni strato di ghiaccio racconta un’epoca, ogni sedimento conserva segnali di temperature, concentrazioni di gas e cicli ambientali che aiutano a leggere ciò che accade oggi. Tu osservi un continente lontano. La scienza vede una memoria viva.
Da quarant’anni l’Italia è presente in modo continuo con il Programma Nazionale di Ricerca in Antartide, una rete di progetti che ha reso il nostro Paese uno degli attori centrali nello studio del clima globale. In questo percorso entra in gioco anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, noto al grande pubblico per terremoti e vulcani, ma attivo anche nello studio dell’ambiente e dei processi climatici. Il presidente Fabio Florindo racconta questo impegno durante un nuovo appuntamento di ANSA Incontra.
L’Antartide come archivio del clima della Terra

Il valore scientifico dell’Antartide nasce dalla sua capacità di conservare il passato. Nei ghiacci si trovano bolle d’aria antichissime. Dentro quelle bolle c’è la composizione dell’atmosfera di migliaia di anni fa. Anidride carbonica, metano, isotopi dell’ossigeno. Tutti indizi che permettono di ricostruire temperature e dinamiche climatiche.
Quando parli di cambiamenti climatici pensi spesso a grafici recenti. In Antartide lo sguardo si allunga su centinaia di migliaia di anni. Questo confronto tra passato remoto e presente rende più solida ogni analisi. Non si tratta di ipotesi astratte. Si tratta di dati fisici estratti dal ghiaccio.
Il ruolo dell’Italia nella ricerca antartica
L’Italia partecipa alla ricerca antartica da circa quattro decenni. La base Mario Zucchelli, situata a Baia Terra Nova nel mare di Ross, è uno dei punti di riferimento per le missioni scientifiche. Qui lavorano ricercatori che studiano atmosfera, ghiaccio, oceani e crosta terrestre.
Il contributo italiano non è marginale. I dati raccolti entrano in grandi progetti internazionali e vengono analizzati da team di tutto il mondo. Questo scambio rende la ricerca più solida e condivisa. Il clima non ha confini. Anche la scienza che lo studia segue la stessa logica.
Ingv oltre terremoti e vulcani
Quando senti parlare di Ingv pensi subito a sismografi e monitoraggi vulcanici. In realtà l’istituto ha un Dipartimento Ambiente molto attivo sul fronte climatico. Qui si studiano interazioni tra atmosfera, ghiaccio e geosfera. In Antartide questi elementi si incontrano in modo netto.
Fabio Florindo sottolinea spesso come la geofisica offra strumenti utili anche per leggere i cambiamenti ambientali. La struttura dei ghiacci, i movimenti della crosta sotto le calotte, la risposta del continente alle variazioni di temperatura. Tutto è collegato.
I grandi progetti sul ghiaccio antico
Alcuni programmi di ricerca hanno segnato una tappa decisiva nello studio del clima. EPICA ha permesso di estrarre carote di ghiaccio che coprono centinaia di migliaia di anni. Con Beyond EPICA l’obiettivo si è spinto ancora più indietro nel tempo, fino a ricostruire cicli climatici molto più antichi.
Questi progetti hanno fornito dati usati in centinaia di studi scientifici. Grazie a quei campioni oggi si conosce meglio il legame tra concentrazione di gas serra e temperatura globale. Non è teoria. È una sequenza di misurazioni ripetute e verificate.
Sedimenti marini e clima del passato

Il ghiaccio non è l’unica fonte di informazioni. Il progetto ANDRILL ha cercato le tracce del clima antico nei sedimenti dei mari antartici. Questi strati raccontano periodi in cui il continente era diverso. Più caldo. Con ghiacciai più ridotti. Con oceani che si comportavano in altro modo.
Studiare i sedimenti aiuta a capire come il sistema Terra reagisce a fasi di riscaldamento. Questo tipo di conoscenza è prezioso quando si guarda al futuro. Il passato diventa una mappa.
L’Antartide occidentale sotto osservazione
Tra le aree più studiate c’è l’Antartide occidentale, considerata la zona più fragile del continente. Qui i ghiacciai poggiano spesso sotto il livello del mare. Questo dettaglio rende il sistema più sensibile alle variazioni oceaniche.
Un nuovo progetto internazionale è pronto a partire con l’obiettivo di ricostruire l’ultimo grande periodo caldo della Terra, risalente a circa 125 mila anni fa. Capire come reagì allora la calotta antartica offre indicazioni dirette su ciò che accade oggi. Il confronto non è immediato, ma i meccanismi fisici restano leggibili.
Perché questi studi contano per il presente
Il clima attuale non nasce dal nulla. È il risultato di processi lunghi e intrecciati. L’Antartide aiuta a separare segnali naturali da forzanti recenti. Aiuta a misurare velocità e ampiezza dei cambiamenti.
Quando leggi di scioglimento dei ghiacci o innalzamento dei mari, dietro ci sono dati raccolti anche qui. Strumenti installati in condizioni estreme. Campioni estratti con operazioni che richiedono anni di preparazione. Ogni numero ha una storia fatta di ricerca sul campo.
ANSA Incontra e il dialogo con il pubblico
L’appuntamento ANSA Incontra con Fabio Florindo porta questi temi fuori dai laboratori. La divulgazione è parte del processo scientifico. Tu non hai bisogno di formule per capire il valore di questi studi. Hai bisogno di contesto, di esempi, di una visione chiara.
Raccontare l’Antartide significa parlare del pianeta intero. Un continente lontano che influenza anche la tua quotidianità. Dalle temperature alle coste, dai mari alle risorse idriche.
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