I ricercatori della Indiana University School of Medicine hanno sviluppato con successo un esame del sangue per l’ansia. Il test esamina i biomarcatori che possono aiutarli a determinare obiettivamente il rischio di qualcuno di sviluppare ansia, la gravità della loro attuale ansia e quali terapie probabilmente tratterebbero meglio la loro ansia.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Molecular Psychiatry.
Ansia: ecco in cosa consiste il nuovo test
Ora che il test è stato convalidato dai ricercatori, è attualmente in fase di sviluppo per un uso più ampio da parte dei medici da parte di MindX Sciences.
La ricerca passata di Niculescu ha portato allo sviluppo di esami del sangue per dolore, depressione/disturbo bipolare e disturbo da stress post traumatico. Quest’ultimo lavoro utilizza metodi simili per l’ansia. Lo studio ha incluso tre coorti indipendenti: scoperta, convalida e test.
I partecipanti completavano un esame del sangue ogni 3-6 mesi o ogni volta che si verificava un nuovo ricovero psichiatrico. Esaminando i biomarcatori dell’RNA nel sangue, i ricercatori potrebbero identificare l’attuale stato di ansia di un paziente e abbinarli a farmaci e nutraceutici, mostrando quanto potrebbero essere efficaci per loro diverse opzioni in base alla loro biologia.
Anche i biomarcatori di una persona possono cambiare nel tempo. Niculescu ha affermato che il test può aiutare a valutare il rischio di una persona di sviluppare livelli più elevati di ansia in futuro, nonché il modo in cui altri fattori potrebbero influire sulla sua ansia, come i cambiamenti ormonali.
“Ci sono persone che soffrono di ansia e non viene diagnosticata correttamente, quindi hanno attacchi di panico , ma pensano di avere un attacco di cuore e sono al pronto soccorso con ogni sorta di sintomi fisici”, ha detto Niculescu. “Se possiamo saperlo prima, allora possiamo sperare di evitare questo dolore e sofferenza e trattarli prima con qualcosa che corrisponda al loro profilo”.
Niculescu ha affermato che questo nuovo test potrebbe essere utilizzato anche in combinazione con gli altri esami del sangue a cui ha portato la sua ricerca, fornendo una visione più completa della salute mentale di un paziente e del rischio di futuri problemi di salute mentale. I ricercatori possono anche utilizzare il test per sviluppare nuovi trattamenti per l’ansia più mirati ai singoli biomarcatori.
“Questo è qualcosa che potrebbe essere un panel test come parte delle regolari visite di benessere di un paziente per valutare la sua salute mentale nel tempo e prevenire qualsiasi angoscia futura”, ha detto Niculescu. “La prevenzione è migliore a lungo termine, quindi il nostro obiettivo è essere in grado di fornire un rapporto completo per i pazienti e i loro medici utilizzando semplicemente una provetta di sangue”.
In Italia, secondo l’ISTAT: ” L’ansia interessa 2,8 milioni di italiani, con una percentuale crescente all’aumentare dell’età. Lo sviluppo di un’ansia cronica grave avviene maggiormente negli adulti: dal 5,8% tra i 35-64 anni al 14,9% dopo i 65 anni. Rispetto agli uomini, le donne sono particolarmente colpite e la gravità delle condizioni si acuisce oltre i 65 anni.
L’ISTAT riconosce come maggiormente frequenti i disturbi ansioso-depressivi agli individui con svantaggio sociale ed economico. Gli adulti con basso livello di istruzione tendono a soffrire maggiormente di ansia e depressione rispetto ai coetanei più istruiti. I soggetti non lavoratori (inattivi e disoccupati) sono maggiormente esposti ai disturbi di depressione e ansia rispetto a chi possiede un’occupazione, soprattutto nella fascia d’età 35-64: il 10,8% sperimenta ansia cronica e il 8,9% ansia grave. Tra gli occupati, sono la principale causa delle assenze da lavoro.
La dott.ssa Sonia Spotti, medico psichiatra dell’Ospedale Maria Luigia, ha dichiarato: ““L’attacco di panico si inserisce in quello che è il capitolo più ampio dei disturbi d’ansia. Se vogliamo fare una piccola nota culturale l’attacco di panico si chiama così perché, secondo la mitologia classica, il dio Pan, questa divinità, come sembianze mezzo-umane e mezzo-caprine, nell’ora del merigio assaltava le ninfe per possederle e suscitando in loro quello che era un terrore vivissimo quindi il timor panico.”
“Quindi l’attacco di panico si configura come uno stato di ansia acutissimo che insorge in maniera improvvisa e che dà una sensazione di morte imminente, di perdita di controllo e di grande paura, soprattutto perché si accompagna a dei sintomi somatici che sono la difficoltà a respirare con un senso di oppressione toracica, a volte un dolore al petto per cui sembra quasi di avere un infarto.”
“La tachicardia è molto frequente anche perché in molti pazienti che soffrono di questo disturbo c’è un correlato anatomico che è una disfunzione della valvola mitralica. Quindi c’è effettivamente una componente organica che può dar ragione anche di questa sintomatologia cardiaca.
Passato l‘attacco di panico c’è uno stato di grande sbigottimento, non è un termine tecnico però credo che possa rendere l’idea. C’è quindi una grande demoralizzazione perché non si parla in questo caso di depressione vera e propria, ma c’è uno stato d’animo di tristezza che fa seguito a questa incapacità di controllare se stessi e quello che accade.”
“Molto spesso c’è anche una sensazione quasi di irrealtà. Ovviamente tutto questo è molto limitante per il funzionamento personale e sociale dell’individuo perché questi attacchi di panico possono essere isolati e legati a delle situazioni contingenti, stressanti, ma possono anche inquadrarsi in una serie di ripetitività del disturbo.”
“Gli attacchi tendono ad essere ricorrenti e quindi chi ne soffre avverte una specie di ansia anticipatoria perché ogni volta che si trova in determinate situazioni avrà paura di andare incontro ad un nuovo attacco.
E questa è una delle ragioni per cui chi soffre di attacchi di panico o di disturbo di panico spesso non esce da solo e quindi si fa accompagnare da amici, da familiari oppure mette in atto delle condotte di evitamento che sono quelle che gli fanno evitare di andare in certi luoghi, di frequentare certe situazioni.
Il termine Agorafobia nasce come paura degli spazi aperti. Anche se, per chi soffre di attacchi di panico, non è così letterale il timore, ma è più la paura di stare in un posto che sia lontano da casa, un posto in cui non ci siano vie di fuga. Cioè è la vastità dell’essere in prigione.
“Il soggetto prova una forte paura diciamo per tutti quei luoghi in cui la persona non ha il pieno controllo. Ed è proprio la paura della perdita del controllo insieme alla paura di morire, e alla paura di impazzire sono delle caratteristiche proprio imprescindibili dell’attacco di panico.
Quindi ad esempio, un cambiamento nella vita sentimentale, una perdita o un cambiamento fisiologico quale può essere quello della menopausa nelle donne, oppure il pensionamento…quando c’è un passaggio da un livello di funzionamento ad un altro ci può essere l’incapacità ad adattarsi.
Esistono anche delle eventi di vita molto più gravi e stressanti. Gli attacchi di panico che si inseriscono nel disturbo post-traumatico da stress fanno seguito a un evento drammatico di qualunque genere, personale o anche sociale, come guerre, i bombardamenti, ma anche un incidente che ha messo a serio pericolo la salute fisica o psicologica dell’individuo.
Ovviamente nel disturbo post traumatico da stress i sintomi sono più complessi, come il ricordare l’evento traumatico in modo intrusivo, quasi come se si stesse rivivendo il trauma stesso. Quindi è un aspetto più complesso.
Innanzitutto il primo passo per curare qualsiasi disagio psichico è quello di riconoscerlo e di accettare di chiedere aiuto, quindi di accettare di “avere bisogno” perché più si evita e si dice “ma tanto ce la faccio da solo” oppure “ma devo solo reagire” si cade in un circolo vizioso per cui è frequente il ripresentarsi della sintomatologia di panico.
“La terapia degli attacchi di panico è congiunta tra farmacoterapia e psicoterapia, quindi esistono dei farmaci che sono degli ansiolitici ma anche contemporaneamente gli antidepressivi , alcune molecole hanno delle indicazioni specifiche per il disturbo d’attacco di panico e i disturbi d’ansia.
“Parallelamente bisognerebbe attuare un percorso di tipo psicoterapico, è più frequente ricorrere alla terapia cognitivo comportamentale che serve un po’ a insegnare al soggetto ad affrontare queste situazioni, mettendo in campo delle condotte che lo aiutino inizialmente ad attenuare la portata dei sintomi e poi via via si spera anche ad eliminarli completamente.
Vengono inoltre insegnate delle tecniche di rilassamento e poi gradualmente si espone il paziente allo stimolo o alla situazione o all’ambiente che gli provocano questa sintomatologia. Possiamo cercare di aiutarlo ad affrontare le situazioni stressanti secondo una gerarchia, cioè si affrontano prima quelle che danno meno fastidio e via via si affrontano le situazioni più temute.
Comunque l’indicazione per tutti è appunto riconoscere di aver bisogno di aiuto e affidarsi ovviamente agli specialisti.