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NotiziaScienza

Ameba di fuoco a 63 gradi è davvero un nuovo limite per la vita eucariota?

L’organismo che vive oltre i 60 gradi

Redazione 8 minuti fa Commenta! 6
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L’idea che un organismo complesso possa vivere vicino al punto di ebollizione dell’acqua sembrava impossibile fino a poco tempo fa. Oggi il quadro cambia con Incendiamoeba cascadensis, la cosiddetta ameba di fuoco, trovata nelle sorgenti bollenti del Parco vulcanico di Lassen in California. La sua crescita stabile fino a 63 gradi sposta in avanti il limite noto per gli organismi eucarioti e apre scenari che riguardano anche la ricerca di vita su altri mondi.

Contenuti di questo articolo
L’ambiente estremo in cui cresce l’ameba di fuocoIl nuovo record supera il limite biologico conosciutoLe strategie che usa per sopravvivere a temperature estremeIl ruolo del genoma nell’adattamento al caloreLe implicazioni per la vita extraterrestreLo studio è un preprint e servono verifichePerché questa scoperta conta davvero

L’ambiente estremo in cui cresce l’ameba di fuoco

La zona di Lassen è una rete di pozze termali con acque che vanno da tiepide a roventi. È da qui che arrivano i campioni analizzati dai ricercatori della Syracuse University. In genere si trovano batteri adattati a queste condizioni, non organismi dotati di nucleo. Il fatto che un eucariote prosperi in un ambiente tanto caldo rappresenta già da solo un’anomalia rilevante.

Incendiamoeba cascadensis non cresce al di sotto dei 42 gradi, un valore che per altre amebe sarebbe già troppo elevato. Il suo intervallo ottimale di sviluppo è compreso tra 55 e 57 gradi, una fascia che supera i precedenti limiti documentati per organismi simili. L’elemento che colpisce maggiormente è la capacità di compiere mitosi a 58 e 63 gradi, livelli che fino a oggi venivano considerati incompatibili con la divisione cellulare degli eucarioti.

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Il nuovo record supera il limite biologico conosciuto

Ameba

Il precedente primato apparteneva a Echinamoeba thermarum, che si fermava a 57 gradi. Il limite teorico per la crescita eucariota era indicato intorno ai 60 gradi. Con la sua attività osservata fino a 64 gradi, l’ameba di fuoco non solo supera il record, ma oltrepassa anche il confine biologico che si riteneva invalicabile.

A queste temperature, le proteine della maggior parte degli organismi iniziano a denaturarsi. Qui avviene l’opposto: l’ameba resta stabile, attiva e in grado di replicarsi. Una prova diretta che gli eucarioti possono funzionare a livelli termici ben più alti di quanto previsto.

Le strategie che usa per sopravvivere a temperature estreme

L’organismo mette in campo diversi meccanismi di difesa. Quando la temperatura raggiunge i 66 gradi, l’ameba produce cisti protettive, una struttura che le permette di sospendere la propria attività e resistere finché l’ambiente non torna favorevole. Questa stessa strategia si attiva anche a 25 gradi, un valore ancora più insolito. Molti eucarioti prosperano in questo intervallo, ma per l’ameba di fuoco rappresenta un livello troppo basso, tanto da simularvi una condizione ostile.

I test mostrano che l’organismo smette di muoversi a 70 gradi, un punto in cui ogni altra forma eucariotica perderebbe completamente funzionalità. Se però la temperatura scende, Incendiamoeba cascadensis riprende la sua attività. Solo quando si toccano gli 80 gradi l’organismo non è più in grado di recuperare.

Il ruolo del genoma nell’adattamento al calore

L’analisi genetica evidenzia un apparato cellulare particolarmente robusto. Il genoma contiene un numero elevato di proteine termoresistenti e varianti potenziate di chaperoni molecolari, elementi cruciali per mantenere la forma corretta delle proteine anche quando il calore tende a danneggiarle. Sono potenziati anche i sistemi di risposta rapida, che permettono all’organismo di adattarsi quasi istantaneamente alle variazioni termiche.

Questi tratti genetici suggeriscono un lungo processo evolutivo in un ambiente costantemente caldo. Non si tratta di una semplice ameba casualmente resistente, ma di una specie modellata da condizioni estreme.

Le implicazioni per la vita extraterrestre

Una specie che cresce oltre i 60 gradi amplia la lista degli ambienti considerati compatibili con la vita. Le condizioni presenti nelle sorgenti idrotermali sotto il ghiaccio di lune come Europa e Encelado diventano improvvisamente più interessanti, perché potrebbero offrire temperature e chimica favorevoli alla sopravvivenza di organismi simili.

Se un eucariote terrestre può raggiungere i 63 gradi senza perdere stabilità, allora le ipotesi sulla vita extraterrestre devono includere scenari termici più vari e meno vincolati ai limiti che si pensavano universali.

Lo studio è un preprint e servono verifiche

Il lavoro che descrive Incendiamoeba cascadensis è stato diffuso su bioRxiv. Non ha ancora superato la revisione scientifica, quindi sono necessarie conferme indipendenti. Non è escluso che alcuni parametri vengano modificati o che la classificazione tassonomica richieda un aggiornamento. La prudenza è fondamentale, soprattutto quando si definisce un nuovo record biologico.

Perché questa scoperta conta davvero

L’ameba di fuoco estende verso l’alto il limite di temperatura compatibile con la vita eucariota. Mostra che la biologia può funzionare in condizioni molto più ampie di quanto creduto finora. È un tassello che arricchisce lo studio degli estremofili, apre nuove domande sulla storia evolutiva degli organismi complessi e orienta in modo diverso la ricerca di vita fuori dalla Terra.

Chi vuole discutere insieme la scoperta può trovarci su Instagram

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