In Indiana, Amazon non coltiva mais. Coltiva cervelli. Artificiali, s’intende. A quanto pare, 1.200 acri di ex campi agricoli stanno diventando il terreno fertile per uno dei progetti più ambiziosi (e discussi) dell’intero settore tech: una mega infrastruttura per l’AI targata Anthropic, con l’obiettivo di sviluppare un modello intelligente quanto il cervello umano.
30 data center per una sola idea: diventare più intelligenti di noi
Il piano è tanto semplice quanto titanico: costruire 30 centri dati, sette dei quali già completati, per far girare i futuri modelli di intelligenza artificiale. Ma non parliamo di un paio di server in un capannone. Parliamo di uno dei più grandi poli di calcolo mai realizzati da Amazon, alimentato da una pioggia di miliardi e dalla corsa disperata a non restare indietro rispetto a Meta, OpenAI e Google.
Quattro imprese edili lavorano in parallelo. Il risultato? “Un giorno montano l’acciaio qui, il giorno dopo lo stanno già saldando lì,” dice un funzionario locale. E non è finita: altri complessi simili sono in arrivo in Mississippi.
L’intelligenza artificiale ha fame. E sete.

La parte che fa meno notizia, ma pesa di più: il complesso consumerà 2,2 gigawatt di elettricità. Tradotto: quanto una metropoli. E per raffreddare tutto quel ferro, Amazon punta su enormi ventole e acqua pubblica, evitando sistemi più avanzati.
Il punto è che l’acqua non è infinita. I residenti della zona si sono già fatti sentire: pozzi asciutti, zone umide cancellate, e un ecosistema locale messo alla prova. E siamo solo all’inizio.
Vale la pena?
La domanda non è solo “possiamo farlo?”, ma “ha senso farlo così?”. Perché se per costruire una mente artificiale dobbiamo sacrificare risorse naturali reali, allora forse stiamo sbagliando qualcosa. E non parliamo di un problema locale. Questo è solo il primo caso di una tendenza che sta esplodendo ovunque: data center enormi, energia alle stelle, consumo idrico fuori scala.
Questa è la nuova corsa all’oro digitale. Ma con una differenza: invece di scavare montagne, prosciughiamo acquiferi. E mentre cerchiamo di costruire una superintelligenza, ci dimentichiamo dell’intelligenza più semplice: quella di preservare ciò che abbiamo.
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