In una ricerca condotta dagli scienziati della Flinders University è stato rilevato che nell’Alzheimer ad esordio giovanile si subisce una progressione dei sintomi più rapida rispetto a che riceve la diagnosi in tarda età. Gli scienziati hanno inoltre cercato di fare chiarezza sull’impatto che possono avere i sintomi della demenza nella progressione complessiva della patologia.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Alzheimer’s.
Alzheimer ad esordio giovanile: ecco come progredisce
Il morbo di Alzheimer è la causa più diffusa di demenza, insieme alla demenza
“Sappiamo già che ci sono diverse differenze con l’Alzheimer ad esordio giovanile, solitamente classificato come insorto prima dei 65 anni. Ciò include che i pazienti hanno molte più probabilità di presentare sintomi atipici e meno probabilità di segnalare perdita di memoria”, ha continuato l’esperta.
I ricercatori hanno studiato attentamente 30 studi pregressi che avevano analizzato la relazione tra l’età di insorgenza dei sintomi e l’effetto della demenza sulla cognizione, sulla funzione o sui sintomi comportamentali.
Questo lavoro ha rivelato m che i soggetti più giovani Alzheimer ad esordio giovanile sperimentano in media una progressione dei sintomi più rapida rispetto ai pazienti anziani, con la loro memoria, funzione esecutiva e altre importanti funzioni cerebrali che si deteriorano più rapidamente.
Il team di ricerca ha dichiarato che le informazioni ricavate dalla ricerca possono essere sfruttate per la pianificazione clinica e suggeriscono che i pazienti con Alzheimer ad esordio giovanile probabilmente avranno bisogno di una revisione più frequente nel corso della loro malattia, insieme a un accesso più rapido ai servizi di supporto.
“I giovani affetti da demenza sperimentano già un carico e uno stress maggiori perché l’insorgenza dei sintomi di solito si verifica in un momento di elevata responsabilità finanziaria, lavorativa e familiare, e questo declino più rapido potrebbe quindi aggiungere ancora più angoscia“, afferma il dottor Cates.
“In Australia, i giovani con malattia di Alzheimer ricevono servizi tramite l’NDIS, che di solito esamina solo i loro bisogni e finanziamenti ogni anno. Ciò potrebbe rivelarsi insufficiente se i sintomi peggiorano più rapidamente ed è probabile che il supporto resti indietro rispetto ai bisogni del paziente”
“Una delle cose migliori che possiamo fare è affrontare i fattori di rischio modificabili per la demenza per ritardare potenzialmente l’insorgenza dei sintomi“, ha affermato il dott. Catations. “Le prove dimostrano che intraprendere attività, controllare i fattori di rischio vascolare come l’ipertensione e il fumo, evitare lesioni alla testa e perdita dell’udito, nonché ridurre al minimo l’isolamento sociale, aiutano a ridurre il rischio di demenza. Qualsiasi ritardo potrebbe avere un grande impatto sulla qualità complessiva della vita a lungo termine”, ha concluso lo scienziato.
Uno studio epidemiologico sulla “demenza ad esordio giovanile” (EOD, Early Onset dementia), che è stata collocata prima dei 65 anni, condotto da un team multidisciplinare di ricercatori Unimore e colleghidell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e dell’Ospedale di Carpi (Modena) ha messo in evidenza, per la prima volta, l’incidenza e le caratteristiche di questa condizione, che nella sola popolazione modenese risulta avere una frequenza di 74 casi ogni 100.000 abitanti.
Professoressa Giovanna Zamboni , associata in Neurologia di Unimore, ha dichiarato: “Questo studio mostra quanto siano effettivamente frequenti forme di demenza che troppo spesso sono state ignorate, ovvero quelle che colpiscono persone giovani ed ancora attive. Sapere quante persone ne siano colpite rappresenta il primo passo per aumentare consapevolezza fra i medici stessi, affinché le persone affette vengano più facilmente individuate ed indirizzate a servizi specifici di Neurologia Cognitiva, così da essere supportate al meglio ed in modo specifico”.
” Inoltre – ha continuato la scienziata – i pazienti con demenza giovanile e le loro famiglie hanno bisogni diversi da quelli degli anziani, hanno caratteristiche peculiari, e potenzialmente potrebbero beneficiare al meglio di nuovi farmaci in via di sperimentazione. Il nostro gruppo di ricerca di Neurologia Cognitiva sta studiando in modo approfondito i bisogni dei pazienti con demenza ad esordio precoce, così come le loro peculiari caratteristiche cliniche e meccanismi neurali. Ringraziamo di cuore tutti i pazienti ed i familiari che aiutano questo tipo di ricerca partecipandovi con entusiasmo e dedizione, e dimostrando una generosità nei confronti di tutte le persone affette, ora ed in futuro, che va ben oltre il loro singolo caso “.
Il Professore Marco Vinceti, ordinario di Sanità Pubblica a Unimore, ha aggiunto: “Si è trattato di una collaborazione particolarmente stretta e proficua tra gruppi di ricerca aventi competenze diverse, epidemiologiche e clinico-neurologiche, uniti nella realizzazione del Progetto di Eccellenza del nostro Dipartimento BMN ed in particolare della linea dedicata allo studio dell’epidemiologia, predizione, diagnosi precoce e terapia del decadimento cognitivo”.
“Un’indagine di questo tipo potrebbe auspicabilmente favorire l’individuazione dei fattori di rischio ambientali e comportamentali delle diverse forme cliniche della demenza giovanile, qualora tali fattori causali siano diversi da quelli della più comune forma di demenza caratterizzante l’età avanzata, come molti ricercatori ipotizzano “.
“Questo studio sulle demenze ad esordio precoce -ha concluso il Professor Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore – rende orgoglioso il nostro dipartimento, che ha nelle Neuroscienze una delle linee di ricerca e sviluppo maggiori, in quanto esalta molteplici elementi qualificanti della nostra politica della ricerca, l’efficace collaborazione tra gruppi con competenze diverse e complementari, sia universitari sia ospedalieri, la grande qualificazione scientifica dei ricercatori e l’innovatività della ricerca testimoniata dal prestigio della pubblicazione, il forte impatto sulla comunità medico-sanitaria nazionale e mondiale e l’immediata ricaduta assistenziale“.