Un pozzo, un colosso tech e un mucchio di sedimenti nel rubinetto. È questa la storia che sta agitando la tranquilla campagna della Georgia, dove Beverly Morris, una pensionata, sostiene che il nuovo data center di Meta le abbia contaminato l’acqua.
Il centro è a meno di 400 metri da casa sua. Da quando sono iniziati i lavori, l’acqua del suo pozzo privato ha cominciato a riempirsi di sedimenti.
“Ho paura di berla, ma la uso comunque per cucinare e lavarmi i denti”, ha raccontato alla BBC.
Meta nega tutto. Ma il problema resta
La risposta di Meta non si è fatta attendere:
“Essere buoni vicini è una priorità.”
L’azienda ha commissionato uno studio indipendente sulle acque sotterranee, concludendo che il centro non ha avuto impatti negativi sull’area. Ma la Morris non è convinta, e nemmeno molti attivisti ambientali.
In effetti, quando si parla di grandi infrastrutture per l’AI, il tema dell’ambiente è sempre più centrale.
AI e risorse naturali: un consumo fuori scala
L’addestramento e l’esecuzione dei modelli di intelligenza artificiale richiedono energia e acqua a livelli impressionanti. Per raffreddare i server, i data center pompano litri su litri di acqua ogni ora.
E il trend è solo all’inizio. Alcuni studi stimano che, entro il 2027, l’AI potrebbe consumare fino a 1.700 miliardi di galloni d’acqua l’anno. Per capirci: più di quattro volte il prelievo idrico totale della Danimarca.
OpenAI, da parte sua, ha ammesso che una singola query a ChatGPT può consumare acqua pari a una bottiglia da mezzo litro (secondo alcune stime), o appena un quindicesimo di cucchiaino, come minimizza Sam Altman. Ma i dati restano vaghi e contraddittori.
E se l’acqua del pozzo non fosse un caso isolato?

Il timore degli ambientalisti è che i lavori di costruzione dei data center possano alterare il sottosuolo, deviare falde o causare fenomeni di ruscellamento che portano detriti nei pozzi vicini.
Nessuno sta accusando ufficialmente Meta di reato. Ma il fatto che una cittadina debba temere di usare l’acqua in casa propria solleva interrogativi legittimi.
Soprattutto considerando che questi colossi — Meta, Google, OpenAI — stanno costruendo migliaia di nuovi centri dati in tutto il mondo, a velocità folle.
La sostenibilità? Scomparsa dai radar
All’inizio del decennio, tutti i big tech si riempivano la bocca di “zero emissioni”, “AI verde”, “cloud sostenibile”. Ma con l’esplosione dell’AI generativa, il tono è cambiato: ora si parla solo di potenza, scalabilità e dominance.
Il risultato? Emissioni in aumento, consumi idrici fuori controllo e trasparenza pari a zero.
E mentre i dati restano inaccessibili, chi vive accanto ai data center — come Beverly Morris — inizia a pagare il conto reale dell’intelligenza artificiale.
Serve un’AI che rispetti l’ambiente
La tecnologia può migliorare la vita. Ma se per costruire un modello linguistico serve sottrarre risorse a intere comunità rurali, allora c’è un problema serio.
Le aziende tech devono fare di più. Molto di più. Non basta piantare alberi in Africa per compensare l’acqua che hai risucchiato in Georgia.
E tu, ti fideresti ancora del tuo rubinetto se a due passi avessero costruito un mostro da 500 megawatt per far girare le IA?
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