Lo scorso 8 giugno, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani, la Cina ha inaugurato il suo primo vero e proprio sito di test in acque profonde, una struttura pioneristica situata a circa 200 km al largo della costa dell’isola di Hainan, nel Mar Cinese Meridionale.
Questo evento segna un passo significativo nella strategia marittima di Pechino, confermando le ambizioni di diventare una potenza dominante negli oceani.
Mentre molti Paesi dispongono di basi marine in acque costiere, si tratta della prima piattaforma cinese dedicata all’sperimentazione in acque profonde (1.300–1.500 metri sotto la superficie), un livello di profondità che offre condizioni di pressione elevata, temperatura ridotta e grande sfida tecnologica.
Ma perché un simile investimento nelle acque profonde? Gli obiettivi sono molteplici e di portata strategica:
- ricerca scientifica avanzata, volta a comprendere meglio i fondali e gli ecosistemi abissali;
- sviluppo e sperimentazione di nuove strumentazioni, come veicoli autonomi, sensori subacquei e attrezzature per rilevamenti;
- valutazione di risorse energetiche rinnovabili in mare profondo, potenzialmente legate all’estrazione mineraria o convertitori energetici marini.
Il sito nelle acque profonde è gestito dal Ministero delle Risorse Naturali cinese tramite la divisione di allerta marina e monitoraggio, e dall’Amministrazione Oceanica Provinciale di Hainan.
Un’iniziativa dichiarata come “centrale” per promuovere lo sviluppo dell’economia del mare ad alto valore aggiunto, nel quadro della più ampia strategia di potenziamento delle capacità marittime nazionali .
Un nuovo passo verso la “potenza marittima”
Il presidente Xi Jinping ha più volte ribadito l’importanza di trasformare la Cina in una grande potenza navale, in grado di esercitare influenza e controllo strategico sugli oceani. La rete di basi marine attuali comprende già strutture costiere e piattaforme a diverse profondità (superficiali e intermedie), e l’aggiunta di un sito deep-sea amplia notevolmente questa rete, offrendo competenza operativa e capacità di sperimentazione senza precedenti.
Opportunità e rischi dell’oceanica profonda
Da un lato, le potenzialità di sfruttamento di minerali marini —come manganese, nichel, cobalto e rame— sono considerate cruciali per lo sviluppo di tecnologie “verdi”, dai veicoli elettrici alle centrali rinnovabili, e secondo alcuni, attualmente l’unico modo per garantire materie prime essenziali senza devastare ecosistemi terrestri.
D’altro lato, scienziati e ambientalisti lanciano l’allarme: i fondali marini ospitano depositi polimetallici legati agli “nodule”, che svolgono un ruolo fondamentale nella struttura e nel funzionamento degli ecosistemi abissali.
La loro estrazione potrebbe causare interruzioni e perdita di biodiversità a scale imprevedibili, in particolare, l’oceanografa Beth Orcutt avverte:
“Questi noduli sono essenziali per l’architettura dell’ecosistema oceanico; se li rimuovi, comprometti l’intero sistema”.
Il sito di test in acque profonde: struttura, tecnologie e ambiti operativi
Il nuovo centro di test in acque profonde inaugurato dalla Cina rappresenta un unicum nel panorama oceanografico mondiale, non si tratta semplicemente di una “piattaforma galleggiante” o di una base costiera, ma di un’infrastruttura integrata ad alta profondità, capace di supportare attività scientifiche, tecnologiche e strategiche a oltre 1.300 metri sotto il livello del mare.
La struttura si trova nel Mar Cinese Meridionale, una zona geograficamente e politicamente cruciale per la Cina, ed è localizzata a circa 200 chilometri dalla costa sudorientale dell’isola di Hainan, una regione che già ospita centri avanzati per l’oceanografia, tra cui il porto spaziale di Wenchang e altre basi navali. La scelta di questa area non è casuale:
- profondità significativa ma accessibile: il fondale marino oscilla tra i 1.300 e i 1.500 metri, rendendolo ideale per test realistici in ambiente ad alta pressione;
- vicino a infrastrutture terrestri: la vicinanza all’isola garantisce un rapido supporto logistico via nave e aereo;
- zona politicamente rilevante: il Mar Cinese Meridionale è teatro di dispute territoriali, e l’installazione di una struttura tecnologica in acque profonde consente anche una presenza fisica costante della Cina in un’area strategica.
Tra profondità oceaniche e ambizioni globali: cosa ci dice davvero il nuovo sito cinese
L’inaugurazione del primo sito cinese per test in acque profonde nel Mar Cinese Meridionale non è solo un evento tecnico o scientifico, è il segnale tangibile di una visione strategica ben più ampia, che intreccia innovazione, geopolitica, economia delle risorse naturali e — non ultimo — potere.
Con una rete già ampia di basi costiere e marine, la Cina mostra di voler padroneggiare anche le ultime frontiere dell’oceano: quelle profondità dove le pressioni sono estreme, la luce è assente e la tecnologia è chiamata a confrontarsi con i propri limiti.
In quel mondo abissale, apparentemente remoto e silenzioso, si giocano però alcune delle partite più importanti del XXI secolo: l’accesso a risorse strategiche, la capacità di monitorare eventi climatici globali, la conquista di nuove rotte tecnologiche per l’energia, la robotica e l’intelligenza artificiale.
La “blue economy” come asse del futuro
Il progetto nelle acque profonde rientra nella visione globale della cosiddetta blue economy, un modello di sviluppo che pone il mare al centro della crescita sostenibile e dell’innovazione tecnologica.
In questa prospettiva, il sito cinese può essere visto come un laboratorio di possibilità, in cui si sperimentano materiali avanzati, nuove soluzioni energetiche, sistemi di monitoraggio e — potenzialmente — pratiche industriali ancora non regolamentate a livello internazionale, come l’estrazione mineraria dai fondali profondi.
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