Un team di fisici dell’Università del Colorado a Boulder ha compiuto un passo rivoluzionario: ha realizzato un dispositivo quantistico in grado di misurare l’accelerazione in tutte e tre le dimensioni spaziali usando una nube di atomi ultrafreddi. Un traguardo che, fino a poco tempo fa, sembrava impossibile persino sulla carta.

Il cuore del progetto è un nuovo tipo di interferometro atomico, basato su tecniche avanzate di manipolazione laser e algoritmi di intelligenza artificiale. Il risultato? Una sorta di “sensore quantistico” che potrebbe, in futuro, ridefinire la navigazione in assenza di GPS — ad esempio in sottomarini, veicoli autonomi o sonde spaziali.
Accelerazione quantistica in tre dimensioni
Gli interferometri atomici non sono nuovi: da anni vengono utilizzati per misurazioni di precisione, ma fino ad oggi erano limitati a una sola dimensione alla volta. Eppure, come nota Kendall Mehling, uno degli autori dello studio, “viviamo in un mondo tridimensionale. Per sapere dove sto andando — e dove sono stato e serve tracciare l’accelerazione su tutti gli assi spaziali”.
Lo studio, intitolato “Vector atom accelerometry in an optical lattice” e pubblicato su Science Advances, coinvolge anche Catie LeDesma e il professore Murray Holland, membro del prestigioso istituto JILA (collaborazione tra CU Boulder e NIST). Il progetto è stato anche finanziato dalla NASA con un grant da 5,5 milioni di dollari, nell’ambito del Quantum Pathways Institute.
Bose-Einstein, AI e 18 raggi laser
Il dispositivo si basa su un condensato di Bose-Einstein (BEC) di atomi di rubidio, raffreddati a poche miliardesime di grado sopra lo zero assoluto. In queste condizioni estreme, la materia assume uno stato quantistico collettivo: gli atomi si comportano come un’unica “onda di materia”.

A questo punto, tramite 18 fasci laser sottilissimi, i ricercatori manipolano la nube atomica con estrema precisione. Le onde di materia vengono “divise” in una sovrapposizione quantistica: lo stesso atomo, in un certo senso, esiste contemporaneamente in due posizioni diverse.
Le due “copie” virtuali dell’atomo vengono fatte divergere e poi ricongiunte, dando origine a un interferogramma complesso: una sorta di impronta digitale che conserva l’informazione sul moto sperimentato.
“È come lanciare due sassolini quantistici in uno stagno di atomi”, spiega Holland. “Quando le onde si incontrano di nuovo, l’interferenza ci racconta cos’è successo durante la separazione.”
Grazie a tecniche di machine learning, il team ha ottimizzato le sequenze laser necessarie per guidare il processo, rendendo il sistema relativamente compatto e, un domani, potenzialmente trasportabile.
Gli atomi non invecchiano
Una delle principali motivazioni dietro lo sviluppo di questi sensori è l’affidabilità nel tempo: mentre un accelerometro classico è soggetto a usura meccanica e deriva (pensiamo alle molle che col tempo si deformano), gli atomi non invecchiano, né si degradano.

Attualmente, il prototipo è in grado di rilevare accelerazioni migliaia di volte più piccole della gravità terrestre. I sensori tradizionali sono ancora più performanti, ma il margine di miglioramento del sistema quantistico è enorme; l’obiettivo: superare i limiti attuali delle tecnologie inerziali e portare la navigazione quantistica fuori dai laboratori.
“Non conosciamo ancora tutte le implicazioni di questa tecnologia,” conclude Holland, “ma di certo stiamo aprendo una nuova porta sulla fisica applicata.”
Conclusione
Il tutto si può riassumere cos:
- Tecnologia: Interferometro atomico 3D con BEC
- Materiale: Rubidio ultrafreddo
- Metodo: Manipolazione laser + AI per il controllo degli impulsi
- Precisione: Sensibilità a microaccelerazioni >> oggi inferiori a 1/1000 di g
- Applicazioni: Navigazione autonoma, esplorazione spaziale, sottomarini, veicoli senza GPS