Una ricerca del Translational Genomics Research Institute (TGen), affiliato di City of Hope ha rivelato che la crescente espressione di un gene noto come ABCC1 potrebbe aiutare sia a prevenire che a ritardare l’insorgenza del morbo di Alzheimer.
Lo studio “Adenosine triphosphate binding cassette subfamily C member 1 (ABCC1) overexpression reduces APP processing and increases alpha- versus beta-secretase activity, in vitro” di Wayne Jepsen et al. è stato pubblicato sulla rivista Biology Open.
ABCC1: ecco come riduce le placche amiloidi nel cervello
Il gene ABCC1, conosciuto anche come MRP1, ha già dimostrato in altri studi di poter rimuovere una proteina che forma la placca nota come beta amiloide (Abeta) dalle cellule endoteliali specializzate che circondano e proteggono il cervello e il midollo spinale cerebrale. Grazie a questa importante evidenza scientifica, TGen ha portato avanti diversi esperimenti di laboratorio genomici preclinici. Questo lavoro ha rivelato che ABCC1 non solo potrebbe esportare Abeta fuori dal cervello, ma che potenziando l’espressione di ABCC1 potrebbe ridurre la produzione di Abeta, prevenendo o ritardando l’insorgenza della malattia di Alzheimer.
Wayne Jepsen, un postdoctoral Fellow nella divisione Neurogenomics di TGen, e l’autore principale dello studio, ha dichiarato: “Rimane molto lavoro per lo sviluppo di un farmaco che rallenti lo sviluppo o prevenga il morbo di Alzheimer, ma i nostri risultati suggeriscono che il targeting ABCC1 offre un percorso promettente che potrebbe eventualmente portare a terapie efficaci”.
I risultati prodotti dallo studio di TGen fanno ipotizzare che ABCC1 possa essere un valido bersaglio farmacologico per l’Alzheimer a causa dei molteplici modi in cui il gene influenza Abeta. La ricerca suggerisce che potenzialmente esportandolo dal cervello, ma anche nel modo in cui modula i processi cellulari che coinvolgono la proteina precursore dell’amiloide (APP), che è abbondante nel cervello, e può essere ridotta in frammenti attraverso le vie alfa o beta-secretasi.
La via alfa-secretasi è associata allo sviluppo e alla protezione dei neuroni: il risultante peptide alfa di APP solubile è anche associato alla formazione della memoria e a un processo chiamato plasticità sinaptica, in cui le sinapsi che collegano i neuroni e consentono loro di comunicare sono in grado di mutare e adattarsi a nuove informazioni.
La via della beta-secretasi porta alla formazione di Abeta, un peptide che si accumula per formare placche amiloidi, che insieme ai grovigli neurofibrillari sono i due sintomi patologici che definiscono l’Alzheimer. Gli scienziati hanno ipotizzato che la diminuzione della produzione di Abeta potrebbe rallentare la progressione dell’Alzheimer.
Gli esperimenti portati avanti durante la ricerca hanno suggerito che ABCC1 modula l’elaborazione APP lontano dalla formazione di amiloide; conferma i rapporti precedenti che ABCC1 esporta Abeta dall’interno delle celle all’esterno delle celle; e che la tietilperazina, un farmaco a lungo utilizzato per alleviare la nausea e il vomito, aumenta l’attività di trasporto di ABCC1.
“I composti che possono aumentare notevolmente l’attività di trasporto di ABCC1, o che possono aumentare l’espressione di ABCC1, possono rivelarsi farmaci vitali per il trattamento o la prevenzione del morbo di Alzheimer non solo aumentando la clearance di Abeta dal cervello, ma anche riducendo la quantità di Abeta che viene prodotto“, ha spiegato Matt Huentelman, Ph.D., TGen Professore di Neurogenomica e autore senior dello studio.
“È interessante notare che, a causa del focus storico nella ricerca sul cancro sulla ricerca di farmaci inibitori di ABCC1, scommettiamo che ci sono già farmaci là fuori che sono noti per avere un effetto di attivazione di ABCC1 opposto, ei nostri dati suggeriscono che tali farmaci dovrebbero essere esaminati per attività anti-Alzheimer “, ha proseguito lo scienziato.
Il dottor Todd Levine, neurologo presso HonorHealth e membro della facoltà a contratto del TGen che ha esaminato lo studio ma non è un autore, ha affermato di ritenere che l’attenzione su ABCC1 sia una nuova via potenzialmente importante della ricerca sull’Alzheimer: “Sebbene sia ancora presto giorni, gli autori di questo studio presentano un caso convincente per ulteriori indagini su ABCC1 come potenziale obiettivo per nuove terapie contro questa malattia devastante per la quale sono urgentemente necessari trattamenti migliori “.
Secondo Alz.org, : “l morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza, un termine generale che si riferisce alla perdita di memoria e di altre abilità intellettuali talmente grave da interferire con la vita quotidiana. Il morbo di Alzheimer rappresenta il 50-80% dei casi di demenza”. In Italia si stima che la malattia di Alzheimer colpisca circa il 5% deglu individui con più di 60 anni per un totale di circa 500mila ammalati.
Certo. Che si tutto ciò che viene fatto per trovare un farmaco pe questa rutta malattia è importante. Il problema che fin ora non c’è nulla è ciò fa molto incxxare
Molto incazzare
Sì, bisogna continuare le ricerche. Assolutamente. Il problema è la confusione che c’è tra problemi vascolari e l’Alzheimer. Spesso vengono associati anche se non sono la stessa cosa.
Come si capisce la differenza…