Sembrerebbe che la Terra abbia un secondo asteroide Trojan che condivide la sua orbita, almeno secondo il dilettante Tony Dunn sul Minor Planet Mailing List.
L’asteroide, soprannominato 2020 XL5, è largo poche centinaia di metri e la sua orbita è legata a una stabilità gravitazionale proprio davanti alla Terra e nella sua orbita.
Un trojan terrestre è un asteroide che orbita attorno al Sole in prossimità dei punti Langrangiani Terra-Sole L₄ o L₅, quindi un’orbita simile a quella terrestre, e 2020 XL5 è stato trovato vicino al punto L₄. Finora sono stati scoperti solo due trojan terrestri, tuttavia se si pensa al solo Giove, questo ha più di 9.000 Trojan.
In teoria, le orbite dei Trojan sarebbero stabili attorno a tutti i pianeti eccetto Saturno, dove la gravità di Giove le allontana, inoltre finora sono stati trovati troiani che condividono orbite –almeno temporaneamente– con Nettuno, Urano, Marte, Venere e la Terra stessa.
“I trojan terrestri sono difficili da trovare perché, durante la maggior parte delle loro orbite, oltre ad apparire vicini al Sole, nel cielo, la risonanza gravitazionale non li tiene in sincronia a 60° avanti e indietro rispetto alla Terra, tutt’alto infatti gli oggetti tracciano percorsi intorno al Punti L4 e L5, che si muovono mentre la Terra orbita attorno al Sole”
spiega Dunn.
2010 Tk7 e 2020 XL5, i nostri Trojan
La sonda spaziale Wide-field Infrared Survey Explorer della NASA ha individuato il primo trojan terrestre, 2010 TK7, anch’esso bloccato nel punto L4, nell’ottobre 2010 quando scansionò il cielo a infrarossi, a 90° dal Sole; altri due osservatori la videro e captarono poi pochi mesi dopo con il telescopio Canada-Francia-Hawaii e, se comparato con 2020 XL5, risulta essere leggermente più piccolo.
Le orbite dei nostri due Trojan sono visualizzate al meglio insieme a quella della Terra e, nel caso di 2020 XL5, le orbite di tutti i pianeti interni.
Se visto rispetto alla Terra, 2010 TK7 si sposta da un punto vicino alla Terra al punto L3 sull’altro lato del Sole rispetto alla Terra, ma non passa attraverso il punto L4, mentre invece l’orbita di 2020 XL5 è più ampia, spostandosi verso l’interno, all’interno dell’orbita di Venere, e verso l’esterno quasi fino a Marte.
“2020 XL5 è quasi certamente un frammento di roccia da giardino che è andato vicino a Venere ed è stato perturbato in un’orbita con un periodo molto vicino a un anno”,
afferma l’amatore Bill Gray del Progetto Plutone.
Aldo Vitagliano, un chimico italiano in pensione e autore del software orbitale Solex, ha detto all’MPML che l’orbita dovrebbe rimanere stabile per 2.000-4.000 anni, ma i rimorchiatori gravitazionali alla fine la sposterebbero su un’altra orbita. Finora 2020 XL5 è stato osservato solo per poche settimane e l’astronomo dilettante Sam Deen afferma che potremmo dover aspettare fino a novembre o dicembre prima di poter effettuare ulteriori osservazioni per definirne l’orbita.
Il primo trojan terrestre, 2010 TK7, arriva entro 20 milioni di chilometri (12 milioni di miglia) dalla Terra ogni poche centinaia di anni, ed attualmente sta andando alla deriva.
I modelli mostrano che la sua orbita è abbastanza stabile da rimanere in una risonanza 1-1 con la Terra per circa un quarto di milione di anni e, sebbene esistano orbite di trojan terrestre stabili per la vita del sistema solare, non sono stati trovati oggetti che le occupino.
Due veicoli spaziali in viaggio per visitare oggetti vicini alla Terra hanno cercato regioni di trojan nel 2017, ma Osiris-Rex della NASA non ha trovato nulla a L4 e il giapponese Hayabusa 2 non ha trovato nulla a L5.
Tuttavia le osservazioni non erano definitive e, nel 2019, Renu Malhotra (Università dell’Arizona) ha scritto che la Terra poteva ancora avere fino a diverse centinaia di trojan di almeno qualche centinaio di metri di diametro, pari a una discreta percentuale dei circa 10.000 oggetti vicini alla Terra di quella dimensioni.
Inoltre Malhotra aggiunge:
Una popolazione di earth trojan sarebbe dovuto sopravvivere da quando il pianeta si è formato se la sua orbita, da allora, non è cambiata. La loro esistenza, o la loro mancanza, ha anche altre implicazioni.
La ricerca di antichi trojan potrebbe aiutare a spiegare perché l’emisfero principale della Luna ha circa il 70% in più di crateri giovani rispetto al lato oscuro, una differenza che i modelli attuali non possono spiegare; gli earth trojan che fuggono lentamente dalle loro orbite potrebbero spiegare l’origine dei crateri più giovani.
Ora gli astronomi stanno intensificando la ricerca dei trojan terrestri. Il Catalina Sky Survey ha ampliato l’area che copre e un gruppo dell’osservatorio di Vera Rubin sta anche pianificando osservazioni una volta che l’osservatorio sarà online tra un anno o due.
dice Malhotra.
Quello che troveremo, che si tratti di un intero gruppo di trojan o di un intero mucchio di nulla, è destinato a dirci di più sulle dinamiche del nostro Sistema Solare.
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