Una ricerca di un team di scienziati capitanato dalla Prof.ssa Serena Carra dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, con la collaborazione internazionale del Prof. Simon Alberti e Jared Sterneckert dell’Università di Dresda (Germania) ed il prof. Onn Brandman dell’Università Stanford (Usa) ha riconosciuto 2 meccanismi alla base di SLA e Alzheimer, 2 patologie neurodegenerative dal quadro clinico molto severo.
I risultati dello studio sono stati pubblicati su due prestigiose riviste scientifiche: Embo Reports e Cell Stress & Chaperones.
Cosa dice la ricerca sui 2 meccanismi alla base di SLA e Alzheimer
Ad attivare i 2 meccanismi alla base di SLA e Alzheimer sono state rintracciate delle proteine legate alla reazione delle cellule a condizioni di stress, quali agenti ossidanti, aumento della temperatura, infezioni virali o esposizione a metalli pesanti.
“Quando sono esposte ad un fattore di stress le cellule, infatti, riorganizzano rapidamente le loro funzioni al fine di rispondere e adattarsi al cambiamento. Questa riorganizzazione include la rapida produzione di nuove proteine ed acidi nucleici (i mattoni del Dna e dell’Rna) che vengono assemblati in strutture subcellulari non delimitate da membrana dette organelli senza membrana, come ad esempio i granuli da stress ed i nucleoli. Alterazioni della composizione, funzionalità e struttura di questi piccoli organelli intracellulari possono portare nel tempo alla formazione di aggregati che contribuiscono alla morte della cellula stessa”, spiegano i ricercatori in una nota.
Dei 2 meccanismi, il primo interessa due proteine, HSP90 e DYRK3, il secondo invece è scatenato dalla proteina listerina1. Nel primo caso le 2 proteine sono fondamentali per permettere ai granuli da stress di venire smantellati correttamente nel periodo di recupero dopo lo stress per garantire alle cellule di riattivare la loro normale attività. Gli individui colpiti da SLA sono caratterizzati da livelli di espressione di DYRK3 molto ridotti.
Nel secondo meccanismo la proteina coinvolta monitora la corretta funzionalità dei ribosomi, che sono responsabili della maggiore vulnerabilità dei nucleoli alle condizioni di stress esterne: “Siamo soddisfatti di aver aggiunto conoscenza in un campo in cui in realtà sappiamo ancora molto poco, ovvero come mutazioni genetiche e fattori ambientali portano alla morte cellulare ed allo sviluppo delle patologie neurodegenerative. Dagli ultimi risultati raggiunti, frutto di anni di lavoro costante e dedizione, deriveranno futuri esperimenti volti a dimostrare se l’uso di composti chimici che agiscono sui bersagli molecolari individuati possano effettivamente migliorare la resistenza cellulare“, ha dichiarato Serena Carra.
“Queste risposte contribuiranno a porre le basi per il disegno di trattamenti terapeutici basati sull’uso di ‘cocktail’ di composti. Sono convinta che soltanto l’integrazione della ricerca di base con la ricerca traslazionale, il drug design e la collaborazione con medici e pazienti ci permetterà di compiere nuovi passi in avanti. Per questo ringrazio tutti i soggetti che ci hanno sostenuto e hanno contribuito al raggiungimento di questo traguardo”, ha concluso la scienziata.
Il Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, Prof. Carlo Adolfo Porro, è intervenuto, chiarendo: “Ricerche di questa portata non sarebbero state possibili senza l’utilizzo di microscopia confocale avanzata, usufruendo di strumentazioni di punta e del supporto tecnico specializzato disponibili presso il CIGS-Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti, di cui dispone Unimore. L’acquisto di tali strumentazioni è stato possibile grazie al cofinanziamento dell’Ateneo, della Fondazione di Modena e, in particolare, del progetto Dipartimenti di Eccellenza 2018-2022, attribuito al Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore“.
“Siamo lieti di aver contribuito a questo importante studio – ha affermato il Presidente di Fondazione AriSLA, Mario Melazzini – che testimonia l’importanza di sostenere la migliore ricerca italiana: il nostro impegno è continuare a darle fiducia, consapevoli che da essa derivino risposte concrete per sconfiggere la malattia”.
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Il responsabilescientifico di AriSLA, Anna Ambrosini, ha aggiunto: “Da sempre crediamo che investire in ricerca di base sia fondamentale perché ci permette di andare alla radice della malattia e comprenderne la patogenesi. Grazie ad ogni nuovo tassello scopertopotremo arrivare a completare il complesso puzzle della SLA”.