Un sottotipo di cellule cerebrali che muoiono nei pazienti con Parkinson. Ad individuare questo fenomeno è stato un team di scienziati affiliato a diverse istituzioni negli Stati Uniti. Durante la loro ricerca hanno sfruttato una tecnica di sequenziamento dell’RNA per analizzare le cellule cerebrali nella substantia nigra e poi ha confrontato alcuni tipi che hanno trovato nel cervello dei pazienti con diagnosi di morbo di Parkinson con soggetti sani per identificare le differenze.
Ernest Arenas, con il Karolinska Institutetde in Svezia, ha pubblicato un articolo su News & Views nello stesso numero di rivista che delinea come è stato sviluppato lo studio unicellulare delle cellule cerebrali.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Neuroscience.
Morte di un sottotipo di cellule cerebrali nei pazienti con Parkinson: ecco cosa dice la ricerca
Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa progressiva: i pazienti hanno problemi di equilibrio, difficoltà a parlare e tremori. Ad oggi, non esiste ancora una cura, ma alcune terapie farmacologiche riescono ad intervenire sui sintomi. Ricerche precedenti hanno evidenziato che la patologia si manifesta quando le cellule nervose nella substantia nigra (situata nel mesencefalo) si deteriorano per ragioni sconosciute. Di conseguenza, viene generata meno dopamina.
Man mano che più cellule cessano di funzionare, i sintomi peggiorano. In questa nuova ricerca, l’equipe di studiosi ha studiato attentamente e più da vicino le cellule nervose della substantia nigra per scoprire quali di esse muoiono nei pazienti con il morbo di Parkinson.
I ricercatori hanno utilizzato una tecnica di RNA unicellulare recentemente sviluppata che sequenzia le singole cellule in un dato campione di tessuto. Gli scienziati se ne sono serviti per determinare quali geni nelle cellule della substantia nigra stavano producendo proteine e poi le hanno classificate in 10 sottotipi.
Per quanto riguarda la ricerca in Italia, il professor Alberto Albanese, responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia 1 dell’Ospedale Humanitas di Milano ha dichiarato: “Entro un anno arriveranno novità importanti per i malati di Parkinson. Finora i farmaci curavano i sintomi ma nel futuro prossimo bloccheranno l’evolversi della malattia”.
“[Il Parkinson] comincia con sintomi che, all’inizio, non riguardano l’apparato motorio. Per esempio, alcuni pazienti sperimentano una riduzione dell’olfatto o un disturbo del sonno Rem. In generale, chi è affetto da una malattia neuro-degenerativa nella fase Rem del sonno non controlla i movimenti. Spesso è il partner che si accorge di questo in quanto viene disturbato durante la notte”.
La cause del morbo di Parkinson sono da ricercare in un basso livello di dopamina, un mediatore indispensabile per una corretta trasmissione di segnali chimici tra neuroni. Ad oggi, le terapie farmacologiche erano studiate per aumentare o supplire la funzione della dopat: “[ I farmaci] avevano molti effetti collaterali, come quello di stimolare alcune pulsioni normalmente inespresse. Nel tempo c’è stata un’evoluzione dei farmaci che ha ridotto alcuni effetti collaterali incluso quello dell’ispessimento delle valvole cardiache”.
Le malattia di Parkinson è generata da cause sia di natura genetica che ambientale, con diversi geni coinvolti in varia misura: “La ricerca sta andando nella direzione di cure personalizzate. Si è capito che esistono ‘molte’ malattie di Parkinson e che le cure devono essere ottimizzate per il singolo paziente”.
I prossimi due anni saranno fondamentali per le strategie volte a bloccare la malattia: “Vi saranno novità da tre differenti linee di ricerca. La prima è quella genetica. Cominceranno le sperimentazioni di virus geneticamente modificati sull’uomo capaci di inserire geni che curano i sintomi e forse bloccano l’evolversi della malattia”.
Speranze anche da altre due linee di ricerca “Arriveranno anche anticorpi monoclonali capaci di combattere l’accumulo delle proteine, l’alfa-sinucleina, in particolari inclusioni dei neuroni. Infine, arriveranno farmaci più tradizionali che combatteranno la diminuzione della dopamina in maniera molto più raffinata che in passato”.